Il castello delle principesse Disney (e di un re pazzo)
Da ogni viaggio porto sempre una calamita. Le colleziono. Mi danno un senso di pace e stabilità, forse perché so che una volta tornata a casa e appesa la calamita sul frigo significa che un’altra tappa è stata depennata dalla lista dei desideri. Mi piacciono perché sono lì a farmi compagnia la mattina, mentre prendo il latte, ed ognuna mi racconta la sua storia. C’è chi mi parla di spiagge vulcaniche, chi di montagne innevate e tutte insieme fanno un gran bisbigliare in cucina. Mi piacciono perché, grazie alla loro imperturbabile staticità, le ho sempre sotto controllo: le guardo, le conto, le cambio di posizione, come se fossero i miei trofei di battaglia o quelle spille luccicanti sull’uniforme di un generale. E poi sono resistenti, a prova di bagaglio a mano. Resistono anche più a lungo dei ricordi. Ve ne regalerò un po’ e, se non vi piaceranno, potrete sempre usarle per tener appesa la lista della spesa.
È il castello delle fiabe, l’originale, l’inimitabile. Eppure la maggior parte della gente l’ha sempre e solo visto nel logo d’apertura dei cartoni animati Disney, in una cornice di fuochi d’artificio e stelline dalla scia luminosa. Pochi sanno che Walt il suo marchio di fabbrica lo scovò nel vecchio continente, incastonato tra le Prealpi bavaresi, al confine con l’Austria. Lo vide, se ne innamorò e decise di farne la dimora fiabesca delle sue incantevoli creazioni. La sua riproduzione è presente nella Bella addormentata nel bosco, nella Bella e la Bestia e in Cenerentola. Insomma, è il castello di tutte le principesse e di tutte le bambine che si sono immedesimate in loro, succhiandosi il pollice, davanti ad una videocassetta, prima di andare a dormire. Il suo nome è Neuschwanstein Schloss, che letteralmente significa “nuovo castello della pietra del cigno”, ed è il monumento più visitato in tutta la Germania. Andarci di persona e sostare ai suoi piedi è stato un po’ come tornare bambini.
Il viaggio verso il mondo delle fiabe inizia dalla stazione ferroviaria di Füssen, da dove si può raggiunge la località di Schwangau con un bus di linea. Una volta scesi è difficile non notarla: maestosa e longilinea la fortezza si staglia sinuosa sulla sommità di un roccione, sovrastando, con i suoi torrioni merlati, un dirupo e tutta la vallata. La sua posizione, non a caso, è strategica ed a sceglierla fu un re sognatore, un esteta dal carattere introverso che per tutta la vita immaginò di realizzare, tra queste montagne, il suo regno fantastico e inoppugnabile. Ludwig II, il re schivo e solitario, non abbandonò mai il suo ideale di grandezza monarchica, ma nel perseguirlo smaniosamente si ritrovò ben presto in rovina. Inghiottito dai debiti, dalla dissipazione delle ricchezze del suo paese e minacciato di pignoramento dalle banche internazionali egli rifiutò ogni soluzione plausibile e finì col subire l’interdizione dal regno, la detronizzazione, il carcere, la morte. La sua vita potrebbe quasi ricordare la decadenza di un sovrano moderno, di un cavaliere del XXI secolo, che si narra abbia assistito per anni al tracollo del suo bellissimo paese e si sia poi ritrovato un bel giorno condannato e solo. È proprio vero che la storia è ciclicamente ripetitiva, ed anche un po’ scontata per chi fa fortuna e pensa solo ad appagare le proprie manie di protagonismo.
Ma quale prezzo, o quale onta, un vero esteta è pronto a pagare pur di lasciare ai posteri una traccia del suo passaggio sulla terra?
Se a innescare in Ludwig questo vizio auto-celebrativo sia stato l’influsso dei drammi musicali dell’amico Wagner o l’ammirazione per quel re illuminato che lo aveva tenuto a battesimo e che di nome faceva Luigi XVI non ci è dato saperlo. Di certo il giovane sovrano aveva ereditato manie di grandezza e soffriva di una sindrome da “estraniamento dalla realtà”. Il castello di Neuschwanstein è il testimone di pietra di questo mondo idilliaco e parallelo che esula da tutto ciò che di terreno si possa contemplare. La sua stessa collocazione sfida le leggi della natura e costrinse i suoi costruttori ad arrampicarsi per sentieri impervi trasportando tonnellate di marmi di Carrara con rudimentali calessi. Ancor’oggi un solo sentiero ripido e di terra battuta rimane l’unica via percorribile per raggiungere la meta fiabesca. Si sale in compagnia, e mentre si cammina si ascoltano lingue provenienti dai cinque continenti, si incontrano carrozze trainate da cavalli in stile Cenerentola (eh già, non tutti hanno voglia di camminare) e si sentono schiamazzi di scolaresche in gita; si assapora il linguaggio universale della gioia dei bambini.
In cima la ricompensa è assicurata: l’increspatura delle montagne fa da cornice ad una valle verdeggiante ed impreziosita da due laghi adiacenti. Uno di questi è l’Alpsee, un vero zaffiro incastonato tra le colline, nelle cui acque limpide è d’obbligo un bel tuffo rinfrescante in estate. Ma non sorprendetevi se riemergendo dall’acqua vi troverete in compagnia di un cigno che vi scruta un po’ altezzoso: state invadendo il suo territorio! E’ proprio lui, infatti, il custode del regno, il vero leitmotiv del castello, il simbolo delle saghe medievali con cui Ludwig era cresciuto e dalle quali aveva tratto ispirazione per il suo capolavoro. Il castello infatti è dedicato a Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, e la sua leggenda viene narrata all’interno delle stanze del palazzo con ogni possibile forma iconografica.
L’atmosfera che questo posto sprigiona racchiude tutta la complessità del re bavarese e la sua visione onirica della realtà. Ci racconta di una personalità solitaria, che volle distaccarsi dal presente e rifugiarsi nella maestosità di un sogno monarchico, facendo costruire non uno ma ben cinque castelli. Ma non tutte le favole, si sa, hanno un lieto fine: il re, infatti, non vide mai il suo sogno di pietra completato e prima della morte iniziò a vivere di notte e venne dichiarato pazzo. Dispose come sua ultima volontà che il suo castello non venisse mai calpestato da nessuno. Chissà cosa direbbe oggi se sapesse che la sua dimora riceve più di un milione di visitatori ogni anno! Tra le migliaia di turisti che ogni giorno, anelanti e febbricitanti, affrontano la salita di Schwangau, la maggior parte sono Giapponesi, venuti ad ammirare un’ attrazione che in oriente è particolarmente famosa. E poi ci sono loro, i veri protagonisti: i bambini. Ma la magia che questo luogo emana non ha limiti d’età e lascia piccoli e adulti con il fiato (e tutto il corpo) sospeso tra cielo e precipizi, tra sogni e amare realtà.
Ma non tutte le favole, si sa, hanno un lieto fine: il re, infatti, non vide mai il suo sogno di pietra completato e prima della morte iniziò a vivere di notte e venne dichiarato pazzo
Dal re sognatore e detronizzato fino al re delle favole moderne, Neuschwanstein, nonostante l’aurea di malinconia che la sua storia rievoca, ha continuato a far sognare generazioni intere. In America, nei parchi divertimento, lo hanno riprodotto con proporzioni esagerate e ne hanno fatto il fulcro dello spettacolo serale, con tanto di fuochi d’artificio e Peter Pan che svolazzano da una torre all’altra. Eppure se chiedete ad un Americano dove si trova il vero, l’autentico castello Disney molto probabilmente vi risponderà “in America”.
Così quando vi capiterà di portare i vostri figli a Disneyland, ricordate loro che il castello di Aurora, di Bella e di Cenerentola esiste davvero e non è quello di cartapesta che appare sullo sfondo della loro foto ricordo con Topolino. Raccontate loro la storia del re pazzo, che dedicò la sua vita alla costruzione del suo ideale, e portateli al di là delle Alpi per mostrar loro il fascino disarmante dell’incontro tra natura e potenza umana.
Ma soprattutto non dimenticate di dire loro che i sogni, anche se a caro prezzo, possono diventare realtà.
Ogni sovrano lascia al suo regno la propria eredità, e quella di Ludwig continuerà a perpetuarsi nei secoli.
Oggi il suo castello è considerato l’ottava meraviglia del mondo.
Io la calamita l’ho presa, e tu? Non dirmi che hai la foto della tua vacanza a Disneyland sul comodino!