Consigli da una secchiona sfigata
Sottolineare, evidenziare, pasticciare. Consigli da una secchiona sfigata. Anzi, più che consigli, sono gli imperativi categorici per affrontare (l’ansia legata al) lo studio. Dove l’aggettivo categorico non è un improprio riferimento a Kant. Lo si capisce dal contenuto tra parentesi (ansia) e dal fatto che queste considerazioni provengano da una secchiona che ha rinunciato in partenza a negare quelle caratteristiche assai poco nobilitanti ma decisamente comuni dell’essere studente.
ero quella che alzava impertinente la mano per rispondere alla domanda davanti alla quale il compagno aveva fatto scena muta
Ebbene sì, ero quella che alle medie alzava impertinente la mano per rispondere alla domanda davanti alla quale il compagno di classe aveva fatto scena muta. E che al liceo sedeva in ultima fila, ma solo per potersi portare avanti durante lezioni inutili o troppo rilassanti. E che all’università sugli appunti segnava anche i respiri dei professori. Una specie di Hermione Granger, ma meno magica e sicuramente più sfigata.
So che mi state già odiando. In fondo, anche se senza cattiveria, l’hanno fatto per quasi vent’anni tutti i compagni di studi con cui ho avuto a che fare. Ma ve lo dico in maniera spassionata: i secchioni servono, eccome! Non solo a copiare durante i compiti in classe o a scroccare appunti, ma anche – e specialmente – a trasmettere quell’ansia fondamentale per dare il meglio di sé. Quindi, anziché storcere il naso, usatemi.
Partiamo da un assunto di base: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Soprattutto della propria mente. Un particolare vi sembra irrilevante? Quel passaggio proprio non l’avete capito e siete tentati di affidarvi alla speranza che non ve lo chiedano? Le note bibliografiche rimandano a qualcosa che non avete assolutamente voglia di cercare e quindi vi autoconvincete che non siano importanti? Avete solo una certezza: sarete interrogati su quel particolare irrilevante, su quel passaggio incompreso e ovviamente sul riferimento che non avete approfondito.
la mia era davvero una professoressa vecchio stampo, di quelle che non perdonano, ma non hanno nemmeno rivali nella preparazione
E infatti, studiando l’analisi di Non chiederci la parola, mi sono domandata: che cavolo è il croco? Magari la parola per Montale ai poeti non dovevano chiederla, ma – potevo starne certa – a me l’avrebbero chiesta di sicuro. E infatti: <<Dimmi un po’… Che cos’è il croco di Montale?>>
Sorrisetto saccente – diretto corrispettivo del segno tié – <<Lo zafferano, ovviamente >>. (Fottiti, stronza!)
Altri esempi di libidinosa soddisfazione? Il primo esame della mia carriera universitaria: sociologia della comunicazione. Una prova che nessuno aveva la minima idea di come affrontare. Tra le otto domande aperte – e provate a immaginare quanto siano rassicuranti le domande aperte se sei una matricoletta che non ha ben capito come tirare le fila di un corso, ma si presenta all’appello del sette gennaio per provare a dare l’esame – c’era il seguente quesito: Considerazioni sul punto di vista di Alessandro Dal Lago riguardo alla concezione benjaminiana dell’arte.
<<Lo zafferano, ovviamente >>. (Fottiti, stronza!)
E in quel momento, mentre guardavo fiumi di gente scoraggiata consegnare il foglio in bianco e rimandare all’appello successivo, mi risuonarono nella testa le parole dei miei compagni di classe del liceo. Quelli per cui io ero sfigata. Bisogna essere proprio alla frutta per studiare Alessandro Dal Lago! Fibre e vitamine a me. Meglio alla frutta che all’amaro, no? Tributo ad Alessandro e al prof ossessivo del liceo.
E se in genere i proverbi sono utili proprio perché ti permettono di scoprire che non accade nulla anche se li infrangi, ce n’è uno, però, che in questo caso deve essere per voi la Bibbia o il Corano o la Tanàkh o le memorie di Moana Pozzi, a seconda della vostra inclinazione religiosa: Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi.
Procrastinare è l’anticamera della resa
Infine una considerazione personalissima: i libri sono fatti per essere usati e vissuti. Per essere sottolineati e pasticciati, con scritte a margine e freccette che solo voi potete decifrare ma che vi tornano utili durante il ripasso. Per inciso: quando mi sono trovata davanti la domanda su Dal Lago, ricordavo che nel libro avevo evidenziato in verde la parte a lui dedicata. Si sottolinea prima con la matita, anche tutto volendo: è la prima lettura. Poi si fa una seconda scrematura con l’evidenziatore, in modo da segnare le parti da sapere. A questo punto si arriva alla terza lettura, dove, con una biro, si cerchiano o si sottolineano le parole chiave, quelle che vi fanno riaffiorare immediatamente tutti i discorsi. Non avete scuse: i libri potete pure fotocopiarli o comprarli usati, l’importante è che siate liberi di sfinirli e di impestarli.
So che state morendo di ansia e mi odiate forse più di prima. Bene, che cosa state aspettando? Andate a studiare!