Complotti e scie chimiche (di blog, racconti e bufale)
Ho una passione patologica per i blog. Mi piace scriverci, perché i temi da scegliere sono potenzialmente infiniti, si svolgono a puntate come i telefilm, e l’unico obbligo che ha il blogger è quello di mantenere un certo stile riconoscibile.
Si rivolge direttamente a chi legge (proprio a te che sei qui ora), e permette di fare monologhi sul nulla per tre minuti e mezzo, con uno che non ha niente da fare (tipo te!) e che, per motivi inconcepibili, decide di passare quel tempo su lunghi paragrafi senza senso scritti dal John Doe di turno (ahem, grazie!).
Mi piace leggerli, perché anche io sono te, a volte, e per gli stessi motivi inconcepibili passo il mio tempo libero a cercare i racconti degli altri. E calcolando che su un blog ci lavoro anche, trascorrere le mie pause su altri blog potrebbe significare che ho un problema di dipendenza.
Mentre pensavo a quale argomento affrontare oggi, ho ricordato quei contenuti che, in un modo o nell’altro, hanno formato la Wonder Social Woman che è in me. Un esempio per tipologia.
Tipologia 1 – I blog del “Perché cavolo non ci ho pensato io?”
I trentenni: scritto da tre ragazze che affrontano i vari aspetti dell’avere trent’anni, è diventato molto famoso nell’ultimo periodo. Ovviamente se tu, lettore, hai meno di trent’anni, non riesci a capire perché dovresti leggerlo per più di un minuto. Se hai trent’anni e amici trentenni, ti sorprenderai a scoprire che è passata un’ora da quando hai aperto la pagina, e sei saltato da un post all’altro senza accorgertene, guardando dritta in faccia con aria di sfida la tua convinzione di vivere ancora nella post-adolescenza, per dirla con Zerocalcare.
Tipologia 2 – I blog del “Dovevo proprio pensarci io, mi odio”
Qui ci sono i riassunti rivisti e corretti di alcuni programmi tivvù. Soprattutto telefilm. Come l’“Anatomino”, fatto da un uomo che vive a Parigi e studia i media, e riscrive Grey’s Anatomy, puntata per puntata. Chi segue questa tragicomica americana da sempre sa che si vive costantemente sul limite del “Oh mio Dio questo telefilm è brutto, perché continuo a vederlo?” e “Oddio, il mio regno per la prossima puntata”. L’Anatomino fa ridere, proprio perché gioca su quel limite. Soprattutto dopo il quarto personaggio che Shonda Rimes elimina dalla faccia della terra e l’autore è obbligato a scriverle una bella letterina minatoria, per spiegare che non serve fare una strage ogni volta che un attore decide di non rinnovare il contratto. Non si gioca coi sentimenti delle persone.
Tipologia 3 – I blog dell’“Odio la gente, ma so di non essere sola”
Un giorno passai un paio d’ore immersa nel blog di una donna che non ho capito che lavoro facesse, ma inveiva contro tutti: i propri clienti che pensavano di saperne più di lei, il figlio di cinque anni (ma con molto amore) e le donne trentenni che hanno avuto figli e dicono alle trentenni che non hanno figli la frase di rito “tu non hai figli, non puoi capire”. Le prendeva letteralmente a sberle virtuali, perché dovrebbero essere quelle con i figli a capire quelle senza figli, non viceversa. E tu sei lì che leggi, e intanto prepari gli striscioni con scritto: “Hai il mio voto e le chiavi della mia macchina. Tutto tuo”.
Tipologia 4 – I blog del “Non credete ai blog, per favore”
È importante tralasciare altre tipologie, per parlare del fantastico mondo delle bufale. Perché sotto la scorza luccicante di internet si nasconde un grande problema: è davvero difficile trovare la fonte di una notizia. Quindi, se non sei un nerd, tagli la testa al toro e cominci a pensare che non sia necessario cercarla. Bisogna credere. Nell’onniscienza della gente che riempie internet di contenuti. Le bufale nascono, si espandono e germinano nei nostri cervelli per questo motivo.
E per spiegare il problema, faccio un bell’esempietto.
Conosco uno che conosce uno che… no, scherzo. La mia fonte è questa.
Riassumendo (ché la questione è spinosa e anche un po’ noiosa): c’è questo fisico che ha un amico fisico e si divertono tanto a giocare con questa necessità che abbiamo noi persone normali di credere nell’apocalisse zombie, le scie chimiche, Babbo Natale, l’inesistenza dell’Hiv e altre teorie mitologiche del genere. Quindi, che fanno? Inventano una notizia, partendo dall’esistente: nel paese siciliano dove gli elettrodomestici prendono fuoco da soli, in realtà, è stata fatta una sperimentazione Usa del protocollo Muos, antenna di trasmissione dati ad alta frequenza.
Prego notare che la frase qui sopra non vuol dire quasi niente. Ma a voi non interessa, e siete passati direttamente a questo paragrafo per sapere dove voglio andare a parare. Il punto è che questo simpatico amico ha preparato un articoletto in cui ci sono le parole “complotto”, “libertà” e “censura”, e ha sparato tutto su facebook. La risonanza è stata ampissima, soprattutto da parte di quelle persone che aspettano il nuovo complotto come i torroncini a Natale. In meno di mezz’ora una cretinata è stata letta da migliaia di persone. E in quel link c’è il vademecum della bufala fatta ad arte, tra cui questo punto che volevo condividere con voi:
Fai leva su pigrizia ed ignoranza: la pigrizia farà sì che nessuno si prenderà la briga di controllare e verificare; l’ignoranza sarà il punto d’appoggio su cui si reggerà il tutto, tenendo fede all’assioma “chi sa di non sapere vuole credere di sapere“
Questi blog sono molto importanti per capire, da blogger e da lettori, che internet è un’arma potente, e bisogna controllare di continuo se quello che abbiamo davanti sia il calcio o la canna della pistola.
Soprattutto perché, fidatevi, causano dipendenza.