La Signora dei Paperi, intervista a Silvia Ziche
Nel mio ricordo più lontano costava 750 lire. In quelli di mio fratello 350, e ne ho in casa copie da 150 lire, di metà anni ’60.
Usciva ed esce il mercoledì; e come lo aspettavo quel mercoledì. Sono cresciuto leggendo Topolino, e ho vissuto tra Paperopoli e Topolinia alcuni dei momenti che annovero tra i più belli dell’infanzia. Di quelli che a pensarci ti si accappona ancora la pelle. Fatti di odori, di sapori, di emozioni. Personalissime.
Delle febbri che hanno i bimbi, il termometro sotto l’ascella e l’odore balsamico del vics che ti unge il petto, e Topolino a fianco.
Dei pomeriggi estivi, una bibita ghiacciata e una storia in spiaggia con Amelia, la strega che ammalia.
Delle sere invernali, sdraiato a terra e avvolto in un plaid, piedi sul termosifone, patatine o maxi tavoletta di cioccolato e l’almanacco delle Grandi saghe dei paperi ricevuto in regalo per Natale.
Forse l’aveva portato Babbo Natale, non saprei dire con certezza, ma nemmeno l’escluderei, perché di certo su quelle pagine ho imparato a leggere, in compagnia dei personaggi di questi fumetti così ingenui, dove anche il più cattivo è in fondo profondamente buono. Li conosco tutti, e potrei raccontare dei minuscoli dettagli della loro personalità; ho imparato persino a sentirli parlare nella mia mente, e i miei occhi gli regalano il movimento, assistiti dalla fantasia e superando l’apparente staticità del fumetto.
Ancora oggi li leggo, e spero li leggano i miei figli. Perché sono una lettura istruttiva, una lettura educativa, una lettura sensibile. Una lettura dell’anima. Perché i paperi e i topi e i cani di quei fumetti sono esempi di vizi e di virtù, resi all’eccesso, e rappresentano le fragilità e le contraddizioni che si troveranno nel mondo reale, quando ci si sveglierà dall’incanto e bisognerà farci i conti, anche se io sono ancora in dormiveglia, e in buona compagnia. Per questo è bene nutrirsene prima; senza rimpianti, posso dire d’averlo fatto abbondantemente.
Se potessi pesarle si misurerebbero a tonnellate le storie che ho letto, leggendone e rileggendone, ad ogni pausa, ogni spuntino, ogni merenda che un bambino, un ragazzino, un ragazzo, un uomo fa. E allora come oggi ero un lettore attento. Conoscevo e conosco non solo personaggi e storie, ma ero e sono in grado di distinguere gli stili narrativi già dal disegno.
E che emozione quando individuavo sulla vignetta, in basso a destra, accanto al logo Disney, lo stilema di Silvia Ziche. Ecco, ne ero certo: quella sarebbe stata una bella storia.
Perché per me la Ziche non disegna come gli altri, non ha un tratto comune; è un sui generis più che tutti gli altri, e nelle forme rotondeggianti dei suoi paperi, così paffuti, mi perdo tutt’ora con un tonfo dell’anima. Non si legge a cuor leggero una storia a sua firma. Si gusta e ci si immerge. Delle volte la si lascia per ultima. Come il fonzies più lungo che dopo ci si lecca le dita; come la prelibatezza finale. Dulcis in fundo.
L’ho contattata, e nel modo più banale, come si contatterebbe un vecchio compagno di classe. E s’è dimostrata non disponibile, ma generosa. Non educata, ma sincera. Non formale, ma amichevole. D’altezza morale, insomma, degna della sua matita. Ed è stato un vero piacere.
Ciao Silvia, grazie di essere qui!
Guardi una storia, e si capisce subito che è di Ziche, perchè? Cos’ha di particolare il tuo tratto?Non lo so, sono la persona sbagliata a cui chiederlo! Io disegno come mi piace, come mi viene. Poi col tempo ho imparato a dare una direzione alla ricerca, a sfruttare i miei punti forti e a cercare di non forzare su ciò che non mi viene bene. Credo di disegnare in modo buffo le espressioni dei personaggi.
Vivere disegnando, ma si riesce a sbarcare il lunario?
Non è facile. Non è mai stato facile, purtroppo. Però lavorando per parecchi committenti, e all’inizio facendo lavori di illustrazione di ogni tipo, io alla fine ce l’ho fatta.
E che emozione quando individuavo sulla vignetta, in basso a destra, accanto al logo Disney, lo stilema di Silvia Ziche. Ecco, ne ero certo: quella sarebbe stata una bella storia
Disegnatrice: provano in tanti, approdano in pochi. Siamo in un territorio in cui la qualità è premiata, o esistono compromessi come dappertutto?
Credo che in questo campo valga la qualità. I lettori non premierebbero certo scelte editoriali non di qualità.
Cosa consigli a chi sogna di poter essere te, un giorno?
Di essere testardi, molto obiettivi nei confronti del proprio lavoro, non accontentarsi mai, cercare sempre di migliorarsi, leggere, documentarsi, informarsi. Essere curiosi. E avere voglia di raccontare delle storie.
Talento naturale, ma quanta tecnica nel disegno?
La tecnica c’è, ci vogliono anni di lavoro e impegno per migliorarsi, non si finisce mai. Ma se non c’è del talento a cui sommare la tecnica, non si va da nessuna parte.
Il lavoro: è come lo immaginavi?
Lavoro più di quanto avrei potuto immaginare. Ma mi diverto ancora. E questo l’avevo immaginato. 🙂
Ti consideri “arrivata”?
Assolutamente no. Chi arriva si ferma. Io non ne ho ancora l’intenzione.
Quale il contributo di Silvia Ziche alla società? Il tuo lavoro è utile?
Cerco di trasmettere i miei valori, ma non in maniera pedante o didascalica. Già stimolare la curiosità di chi mi legge mi sembra una buona cosa. Scatenare un dubbio, un pensiero.
Tu e i personaggi Disney. Con le tue storie contribuisci a modellarne la personalità. Sono davvero vivi dentro di te, o piuttosto vivi tu dentro loro?
Sono vivi dentro di me. Li vedo muoversi, agire. Quando penso le storie, mi sembra che siano loro a dirmi cosa vogliono fare.
Com’è il mondo visto con gli occhi d’un papero?
Difficile!
Prospettiva inverse: chi è Silvia Ziche per Paperino?
Probabilmente una gran rompiscatole, che lo estirpa dalla sua amaca per buttarlo nelle situazioni più intricate e faticose.
Disney descrive vizi e virtù della società, ma tra i cattivi nessuno è profondamente cattivo, anche in un mondo dove non c’è posto per Dio.
Le storie Disney sono storie divertenti pensate per bimbi e ragazzini. Vanno raccontate di conseguenza.
Chi è il Dio dei
paperi?Intendendolo come Creatore, direi Walt Disney. O Carl Barks? Boh…
Esisterà mai un papero gay?
Non lo so…
Dove si deve fermare il fumetto nel descrivere la realtà?Non ci sono limiti, se non quelli che si pone l’autore stesso. Certo, nel mondo Disney i limiti sono imposti anche dalla Disney stessa, e dal suo modo di raccontare il mondo.
Cosa ti fa ancora emozionare?
La bellezza. Della natura, dell’arte…
Un ricordo che ti fa commuovere.
Ho una memoria pessima…
Un oggetto che conservi gelosamente.
I libri.
Quando scendi da casa pensi di essere a Paperopoli? Quanto vivi nel mondo dei sogni, quanto nella realtà?
Vivo molto nel mondo dei sogni. Sempre quando sono al tavolo da disegno. Qualche volta anche fuori.
Sei la più famosa fumettista italiana, e chissà quante interviste. Cos’è che i giornalisti non ti chiedono mai, cosa vorresti che ti chiedessero?
Non so… Mi hanno chiesto un po’ di tutto. E non sempre ho avuto le risposte adeguate alle circostanze…
Dammi una risposta a piacere.
Grazie! (è una risposta che funziona sempre!)
Ti è piaciuta questa intervista?
Molto.
Fai uno schizzetto per i lettori di facciunsalto (lo sapevi che te l’avrei chiesto)?
Lo farò! (ed è stata di parola!, ndA)
Grazie Silvia, buon lavoro!