Vendemmia nottetempo, l’ipnosi di un antico rituale
È notte tra i filari del vigneto, l’aria è tersa e umida, il clima sereno. Un faro accecante abbaglia i fronti delle vigne gravide d’acini; il controluce proietta lontano le ombre di chi s’approssima alle piante. Ombre che si stagliano contro le uve che presto daranno vino, ombre di cesoie, ombre di cesti di vimini da riempire. Ombre alte d’adulti, ombre piccine.
Vi sono difatti anche bambini, tanti bambini, vestiti come operai, con l’aria sorpresa ed il passo incerto di chi sa certo cosa vuol fare, dove vorrebbe andare, ma non ne conosce il metodo, né la misura, né la direzione.
Saranno stati meno che trenta minuti, ma di quell’emozione intensa che solo gli scenari notturni sanno regalare
Saranno stati meno che trenta minuti, ma di quell’emozione intensa che solo gli scenari notturni sanno regalare, con la suggestione delle ombre che prevalgono sulle luci, come quando di notte si fa un bagno in mare, o si percorre un sentiero di collina tra grilli e cicale, ma ancor di più, perché a quello s’è accompagnato il brivido di sperimentare gesti nuovi, e insieme primordiali, e che sarà meglio custodire nel ricordo, perché il medesimo sentire non si ripeterà nemmeno col ripetersi dell’esperienza.
Il vino Asprinio è un tipico prodotto dell’Agro Aversano, la cui origine si perde nella notte dei tempi. In epoca normanna Louis Pierrefeu, cantiniere di corte di Roberto d’Angiò, individuò nei dolci declivi vicino ad Aversa il suolo ideale per impiantare le viti che assicurassero alla corte normanna una riserva ricca di spumanti.
La scelta si rivelò fausta: i tralci di vite, infatti, appoggiandosi agli alberi di pioppo, che fan loro da sostegno, crescevano in altezza ed a festoni, consentendo così la produzione di quella caratteristica uva divenuta famosa fin dai tempi angioini. Tale sistema di viticultura, molto singolare, in quanto le viti, dette maritate poiché come mogli s’appoggiano ai pioppi che fan loro da mariti, permette che queste, grazie ad essi, s’innalzino fino anche a quindici metri di altezza. È l’Alberata Aversana, altrimenti detta, popolarmente, Vite maritata.
La storia recente della tenuta vale anche un rapido resoconto. Il dottor Federico Perlingieri, agronomo e banchiere beneventano, tra il 1920 e il 1923 si aggiudicò all’asta alcuni beni situati nel territorio di Dugenta, di proprietà dell’istituto Gambacorta di Frasso Telesino.
Così, negli anni trenta, Perlingieri diede inizio alla costruzione della cantina, riuscendo a beneficiare dei primi contributi statali. Successivamente, iniziò a realizzare le masserie da destinare ad alloggi per i suoi mezzadri, sul cui operato vigilava, servendosi d’un binocolo, dalla terrazza posta all’ingresso della villa. Negli anni Quaranta proseguì con la meccanizzazione dell’azienda e, nel primo dopoguerra, avviò la coltivazione di vigneti e produzione del vino, assumendo enologi e chimici che seguissero l’intero processo vinicolo. Perlingieri riuscì in breve tempo a determinare il successo commerciale dei vini “Torre Gaia”, una delle prime aziende campane ad esportare propri vini in bottiglia.
L’enorme tenuta, centotrenta ettari, in territorio dugentese, nel beneventano, si presenta splendida già da lontano, e, dopo un periodo di minor fulgore, è adesso possibile ammirarne il profilo turrito stagliarsi sui campi circostanti, nella penombra violacea di bagliori artificiali sapientemente realizzati.
Oggi è un lussuoso resort posto in posizione strategica, che del lusso possiede tutto meno che il prezzo, con camere vista vigneto e suite e piscina, e specialità gastronomiche che mettono l’ospite al centro di attenzioni particolari dove l’uva è protagonista, insieme agli altri prodotti dell’azienda.
La serata è proseguita con la cena, che ha svelato accostamenti inconsueti che han visto gli acini, intonsi, sul piatto dell’antipasto, accanto a formaggio caprino e lattuga ma anche, col primo, sorprendere i commensali rendendo agrodolce il gusto della pasta casereccia mantecata con pancetta locale. Per poi, classicamente, terminare giacendo sulla crema perlata d’un ottima crostatina all’uva.
Il vino prodotto invecchia in botti pregiate custodite nella magnifica Bottaia, accessibile al pubblico, dove un tappeto rosso corre tra due file di botti. Percorrendolo, l’ospite sarà accolto, e avvolto, dal suono lieve di musiche classiche, che lì risuonano ventiquattr’ore al giorno.
E vorrà convincersi che anche il vino che riposa nelle botti se ne giovi grandemente, transustanziando nel suo corpo le note musicali in note aromatiche.
Prosit!