L’Italia tratta in modo scandaloso i suoi figli
Forse perché ho vissuto la maggior parte della mia vita d’adulta all’estero, e quasi tutto ciò che ho potuto capire e conoscere del mio paese si è sedimentato ed è divenuto maggiormente consapevole in questa dimensione “esterna”, sono dell’idea che incontrare Aldo Cazzullo in merito al suo libro “Basta piangere! Storie di un’Italia che non si lamentava” qui a Monaco, sia stata una coincidenza fortunata, e abbia offerto il punto di vista ideale.
Il giornalista e scrittore italiano, oggi penna di punta del Corriere della Sera, ha all’attivo una serie piuttosto lunga e coerente di saggi dedicati al nostro paese. Ha esplorato l’identità nazionale da molte prospettive, sviluppando centri tematici naturalmente scaturiti dalla sua esperienza giornalistica e di studioso del costume, nonché dalla sua posizione di inviato, e quindi osservatore, di molti avvenimenti cruciali in giro per il mondo (Olimpiadi, elezioni americane, attentato dell’11 settembre 2001…). Passando con destrezza dall’universo calcistico a quello della tradizione culturale cattolica, dalle prospettive tracciate dall’economia alle radici culturali e storiche della nazione Italia, Cazzullo dipinge con ogni libro un quadro “umanista”, che mette al centro l’individuo, con le sue facoltà, i suoi limiti, i suoi talenti .
La “Storia” in “Basta Piangere!” – sua ultima fatica, ma ancora per poco, visto che una nuova è già data ai tipi e pronta per la pubblicazione – è storia di cinque decenni, quelli che dalla mia generazione (la stessa di Cazzullo, dei nati negli anni sessanta) arrivano alle attuali; le nuove generazioni, i nostri figli.
Lo sguardo retrospettivo parte dall’osservazione e dal ricordo dell’eredità dei nonni. E’ nel raffrontare il nostro vissuto con quello di chi si è trovato a vivere e progettare il futuro dopo le grandi guerre, che l’autore costruisce l’assunto principale di questo libro: il destino, oggi come allora, dipende da noi. Oggi, come allora, il timone della vita può essere preso in mano; i giovani possono ancora tirarsi fuori dalle sabbie mobili in cui li hanno invischiati i loro padri. Perché se è vero che le generazioni dei padri sono per ampia parte responsabili delle difficoltà attuali dei figli, è anche vero che i “mali” e le “mancanze” di questa nostra epoca, per quanto sotto gli occhi di tutti, non sono certo inferiori a quelli che vissero le nostre famiglie nell’Europa fatta a brandelli da una guerra.
Anche l’Italia in cui siamo cresciuti noi, i nati negli anni ’60, afferma Cazzullo in questo libro, non era il paradiso in terra.
“Anzi, era senz’altro peggiore di quella di oggi. Era un paese scosso da tensioni, talora da tragedie. Era un paese più inquinato: fabbriche in città, acciaierie in riva al mare, nubi tossiche (… ). Era un paese più violento: scoppiavano bombe fasciste nelle banche e sui treni; brigate comuniste sparavano a politici, magistrati, poliziotti, giornalisti, operai; la borghesia era terrorizzata dai sequestri di persona. Era un paese infinitamente più maschilista, in cui i “femminicidi” non facevano notizia: chi trovava la moglie con un altro e la ammazzava non commetteva un crimine ma un “delitto d’onore”, spesso non finiva neppure in galera. Era un paese ancora meno efficiente (… ) l’inflazione era a due cifre (…)”
Sempre in “Basta piangere!” possiamo leggere questo:
“Lo so che i nostri giovani hanno di che piangere. L’ Italia tratta in modo scandaloso i suoi figli. Ne fa pochi, li fa studiare male. Li grava di debiti. Non gli offre un lavoro. Soprattutto, non li prepara alle difficoltà che incontreranno. Viziamo troppo i nostri figli. (… ) e la colpa se si deprimono davanti ai primi ostacoli non è loro, è nostra (…)”
Il dibattito in sala Erasmus si è svolto proprio a partire da questo confronto e da questo postulato, con un pubblico che copriva all’incirca tutte le generazioni in esame e qualche altra in più. Dai professori della Scuola Europea ai loro alunni liceali, dai genitori lavoratori all’estero ai cittadini tedeschi fini osservatori degli spaccati socio-culturali italiani. Molti dei presenti hanno preso vivacemente parte con domande e interventi.
Aldo Cazzullo documenta sempre con fatti e riferimenti storici le sue affermazioni, fatti peraltro già esposti in precedenti saggi – che cita al momento adeguato – e persino messi a fondamento dell’unica narrativa da lui sin qui pubblicata, il romanzo “La mia anima è ovunque tu sia”, uscito di recente nella traduzione tedesca “Bitter Im Abgang”, titolo che l’autore si stupisce essere così distante nel significato da quello italiano.
Alcuni italiani partiti da esistenze incerte o normali hanno costruito fortune e opportunità
Ma questo richiede uno sforzo, un distacco dalle comodità, dalle abitudini, dalle sicurezze, che poi è la strada intrapresa da molti italiani come noi, espatriati da giovani per accettare opportunità lavorative.
Cazzullo si attarda con molti esempi sia in positivo che in negativo, alcuni dei quali molto divertenti; esempi di come la ricchezza insita nel patrimonio culturale, monumentale, turistico e dell’industria dello spettacolo possa essere gestita in modo da divenire una risorsa fondamentale della rinascita italiana.
Tra i presenti alcuni sottolineano come lo sforzo di chi è andato via da casa per cercare prospettive altrove non sia stato sempre ripagato; molti casi di disagio si sono creati anche all’estero per il cittadino italiano.
L’ Italia tratta in modo scandaloso i suoi figli. Ne fa pochi, li fa studiare male. Li grava di debiti. Non gli offre un lavoro.
Mentre per Cazzullo è chiaro che i valori di Patria e Tricolore in Italia stanno rinascendo, e in una maniera costruttivamente più aliena dalle connotazioni ideologiche e politiche, è proprio dal crescente amore, dalla considerazione che hanno all’estero verso la nostra tradizione – culturale sì ma anche culinaria, popolare, del design e dell’artigianato, così come per il nostro paesaggio – che si misura la capacità di ripresa del nostro paese (purché tale amore non tenda a fare dell’Italia una specie di Disneyland naturale utile solo a far da set dei matrimoni hollywoodiani, Clooney docet!).
Mi permetto di fare una domanda al giornalista sul rapporto italiani-tedeschi, dal momento che ultimamente trovo molti compatrioti profondamente irritati dalle conseguenze economiche della crisi, e pronti ad ascrivere queste alla Germania e, “im ùbertragenen Sinn”, a tutti i tedeschi. Talvolta mi sento accusata di essermela filata, a 24 anni, per venire nel Paese del Bengodi.
Ma nessuno valuta che sono arrivata qui alla fine degli anni ’80 (periodo che Cazzullo giustamente indica come la massima stagione dell’insulsità culturale in Italia), non avendo visto che pochi altri posti se non i luoghi dove sono vissuta e cresciuta; senza esperienza, senza un lavoro sicuro, non conoscendo ancora la lingua, viaggiando con pochi soldi nei vagoni dei treni a lunga percorrenza.
Erano treni ancora popolati dall’emigrazione italiana dal Sud, dove ti narcotizzavano e derubavano di ogni avere quei concittadini sbandati che non erano riusciti a integrarsi né a casa – magari in ambienti malavitosi – né tantomeno fuori.
qui in Germania mi hanno insegnato la valenza di un atteggiamento etico e orientato al benessere collettivo; valori in Italia ritenuti da troppi inutili e trascurabili.
Insomma, non tutto è da darsi per scontato, né in Italia, né fuori. Io sono intanto felice delle due eredità che porto con me, e sono sempre soddisfatta di incontrare chi, come Aldo Cazzullo, viene tra di noi in questo altrove a parlare con amore e fiducia del mio paese.
(6 Ottobre 2014, Sala Erasmus, ESM ( European School Munich ) – a cura dell’Associazione dei Funzionari Italiani (AFI), e dell’Associazione Genitori (EV) della Scuola Europea di Monaco di Baviera)