La rarità dell’errore
Misurandomi in insardevoli relazioni interpersonali spesso basisco per l’abilità inconsapevole, quindi innata, di affermare una cosa e il suo opposto nientemeno che nella stessa frase, nello stesso periodo, senza che neanche un salvifico punto intervenga a dar respiro ad un pensiero.
Ieri subisco questo: “Il mio istinto dice che sei una brava persona e io raramente mi sbaglio, e quando una persona la prendo a cuore do l’anima, anche se a causa della mia generosità finisce sempre, inesorabilmente, che venga pugnalata alle spalle e tradita”.
Ma come finisce sempre così? Ma non ti sbagliavi raramente? Oggesù… Ancora la conversazione deve iniziare e già io comincio a non capire! Ed ecco che ogni nodo, invece di sciogliersi, diventa scorsoio e mentre il discorso prosegue tu ti senti soffocare, e non si tratta di olive ascolane che non imbeccano bene il buco dell’esofago, ma è il tuo sforzo alla comprensione che produce sudorazione, aritmia e insufficienza respiratoria.
Lo ammetto: mentre i miei occhi erano puntati nei suoi, e la mia testa annuiva con la stessa frequenza di un solfeggio in quattro quarti, avevo sì, con gran fatica muscolare, lasciato aperte le palpebre per non instillare il dubbio ch’io fossi narcolettica, ma abbassato la saracinesca dei timpani per impegnarmii a rifare, per l’ennesima volta, l’analisi logica della frase di cui sopra.
Errore! Grave errore! Mai distrarsi. E la ragione è chiara. Vengo e mi spiego. Avendo io puntato tutte le mie sostanze intellettuali alla comprensione della fatidica frase, l’isolamento prodotto mi aveva allontanato anche da qualsiasi gesto che mi si produceva innanzi. E quando ad un certo punto, rinvenendo per un attimo dall’oblio, ho visto che l’enigmatica fanciulla compiva movimenti scomposti per attirare la mia attenzione, scardino di colpo l’ermetismo nel quale mi ero serrata, ripiombando nell’infingardo mondo delle presentazioni con auto-celebrazioni annesse.
“E quindi Insardà?”
(Oh mio Dio!) “E quindi cosa?”
“Sì o no?”
Come sì o no!? E io che ne so!? Cosa mi aveva mai proposto in quel monologo improvvisato senza incertezze mentre io mi perdevo tra un complemento oggetto e un predicato verbale?
Nel dubbio che mi avesse chiesto di accompagnarla ad un reivparti, metto le mani avanti, resto vaga e generalizzo: “Guarda non posso, anche perché tra un po’ devo andare a Milano”.
E il gelo fu! Lei mi guarda silenziosa e perplessa. Si incupisce e mette in atto, come me, una macchinosa trasformazione, ma molto più plateale tipo “uonderuoman la super eroina” (forse davvero mi aveva proposto un reiv!): occhi sbarrati, orecchie chiuse, giravolte di neuroni in sovrappeso con tripli carpiati e ingresso in acqua di pancia. No, lei non faceva l’analisi logica, ne sono certa!
Quando le sue sinapsi, in tenuta anti-sommossa, si sono schierate pronte alla battaglia, la sua voce, sostenuta certo da un elaboratissimo pensiero, mi domanda:
“E che c’entra?”
E che ne so!Allora strategicamente adotto la tattica di che fa lo scemo per non andare in guerra (nel mio caso al reiv).
“Ops, scusami Antonella forse non ho capito”
E lei “Francesca???”
Ed io “No, Annalisa”
E lei “No, Francesca mi chiamo io”
Ed io “Allora perché lo domandi a me?”
E lei “Ma non te l’ho mica domandato”
Ed io “Come no? Guarda i punti interrogativi, ce ne sono tre”
E lei “Ma no, era per dire <Non è che forse io mi chiamo Francesca?>… Non era una domanda vera, era una domanda teorica!”
Ah teorica? Ah era una domanda teorica? Ok. Ok. Allora depongo le armi, è più forte! E’ evidente.
Ed io “Comunque dicevi?”
E lei “Ti chiedevo se anche tu sei calabrese”
Ed io “Ah! Non avevo capito. Perché tu sei calabrese?
E lei “No io no”
Ed io “E allora perché mi chiedi se anche io lo sono?”
E lei “Perché qualche tempo fa ho conosciuto un calabrese”
Ed io “Ma dai?”
E lei “Strano vero?”
Ed io “Stranissimo! Pensa che a Roma su quasi tre milioni di abitanti oltre seicentomila sono calabresi!”
E lei “E quindi Insardà?”
Ed io (Oh mio Dio!) “E quindi cosa?”
E lei “Sì o no?”
Ed io “Il reiv?”
E lei “Il reiv? Che reiv? Party?”
Ed io “Sì, parto. Tra un po’ devo andare a Milano”
E quasi colta dal sacro fuoco dell’ironia si mette a ridere. Avrà capito la battuta?
E lei “Sei simpaticissima si vede, ed io raramente mi sbaglio!”
Ah sì? Allora sei recidiva!? Allora sappi che invece io mi sbaglio con una frequenza da primato. Ma se questa volta non mi sbaglio, stando alla frase che celebra la tua condanna, qui scatta tradimento e pugnalata. Favoriscimi le spalle che ci penso io!