Ragazzo dell’Europa
Stai nei miei occhi e racconti le sirene
e gli inganni del tuo sogno che va
tu ragazzo dell’Europa
tu non perdi mai la strada
……..
tu ragazzo dell’Europa
tu non pianti mai bandiera
(Gianna Nannini, Ragazzo dell’Europa – 1982)
7 Novembre 1997, Monaco di Baviera
Ho un appuntamento con un alunno della classe di italiano al conservatorio, si chiama Andreas. Andiamo a un concerto, ho promesso di presentargli un famoso cantautore che da anni ammira. Suona con lui un mio caro amico violoncellista; con la scusa di salutarlo avrò accesso ai camerini.
Da tempo, intrattenendoci a bere un tè alla fine delle lezioni, io e Andreas abbiamo scoperto di avere gli stessi gusti musicali. Lui appena avrà preso il diploma in trombone andrà a vivere ad Hong Kong, proprio ora che la città è tornata “cinese”. Ma non per fare il musicista, vuole fare il fotografo.
Parla di Hong Kong, di barche-case che scivolano lungo l’acqua; sullo sfondo orribili grattacieli rendono tutto assurdo, sognante.
Mi racconta, davanti ai nostri tè, i suoi sogni.
Innanzi tutto, lui non vorrebbe essere tedesco. Vorrebbe essere nato in un paese dove le differenze corporee tra uomo e donna sono meno forti. Sembra a lui che i corpi qui da noi siano troppo violenti. E questa violenza, questa differenza, rende il nostro mondo aggressivo. Io lo sto a sentire per ore e non apro quasi bocca. Andreas è bello, ha un collo lungo, sono di taglio lungo anche gli occhi. Quando parla le sue emozioni si esprimono in tutto il viso. La voce è scorrevole ma un po’ graffiante, decisamente sensuale. Parla di Hong Kong, di barche-case che scivolano lungo l’acqua; sullo sfondo orribili grattacieli rendono tutto assurdo, sognante. Vuole fare grandi fotografie in bianco e nero e dormire dove capita. Mi vien di dirgli che non è una vita facile quella, ad Hong Kong, ma taccio. Lui non desidera una vita facile, lo so. Gli racconto di quando anche io da ragazzina volevo essere nata in un altro luogo; per esempio una città che suonava bene era Alessandria. Sono nata ad Alessandria suonava terribilmente bene. Parliamo in tedesco tra noi ma questo mi esce in inglese: “it sounds soo good…”. Andreas ride, piega il collo, scuote la testa.
Oggi ci siamo dati appuntamento davanti alla sala da concerto, alla Kunstlerhaus. Là dentro c’è la sede di un famoso locale: si fa jazz, blues, chanson.
Arrivo con pochissimo ritardo, Andreas è già davanti all’entrata e fuma. Ha un cappotto lungo e scuro, ravvia i capelli lunghi all’indietro e mi sorride. Ci baciamo sulla guancia ed entriamo a braccetto. L’aria del locale un po’ chiusa, la sala molto buia. Sul palco, piccolo, coi tavoli da bistrot davanti, sono accesi due grandi riflettori. C’è il piano; entra il cantautore e si siede, seguito dal mio amico con il violoncello.
I molti spettatori applaudono e lo spettacolo ha inizio.
Quella sera di due anni or sono Andreas consegnò il testo al cantautore, a mia insaputa.
Qualche tempo addietro nelle nostre pause del tè avevo confessato ad Andreas di aver scritto un piccolo testo, un divertissement, ispirato dal cantautore, e che mi sarebbe tanto piaciuto farglielo leggere. Ma avevo pudore. Forse lo avrebbe trovato persino offensivo, visto che trattava di uno Chansonnier; lo avrebbe creduto riferito a lui, invece era dedicato a una qualsiasi figura di vecchio Chansonnier, così come le sue melodie me la dipingevano nella mente. “L’hai con te? Mi piacerebbe leggerlo” mi aveva chiesto Andreas. Io che ho sempre con me i miei stupidi taccuini gliel’avevo mostrato, ma era un testo piuttosto demenziale e difficile per uno studente d’italiano. Certo che poteva leggerlo, ma dubitavo che lo avrebbe apprezzato. “Oh ci sono parole difficili mi aveva detto, me lo copio, così studierò il vocabolario!”. E lo aveva trascritto mentre io insistevo che non gli sarebbe servito a nulla, non erano parole che si dovevano imparare!
Il cantautore non si risparmia, il concerto è lungo; anche il mio amico violoncellista ha un momento di gloria, un assolo tutto per lui. Il pubblico è entusiasta: ci sono dei bis, dei reprise. Poi il cantautore fa l’accenno di un pezzo molto noto, e saluta. Devono chiudere, i due musicisti si ritirano ai camerini.
Andreas mi segue mentre mi precipito fuori dalla sala per girare intorno all’edificio e raggiungere l’ingresso artisti. E’ una cosa che so fare benissimo, dopo anni passati in giro per teatri. Sono sempre tra le prime ad arrivare. Così i due artisti, che dividono uno spogliatoio abbastanza grande, stanno giusto sorseggiando dell’acqua e sganciando il primo bottone della camicia, uno; riponendo il violoncello, il secondo.
Nel congedarci con un bacio ci sfioriamo le labbra, e poi un ultimo saluto con la mano, mentre ognuno si allontana verso casa propria.
Non vogliamo trattenerli più a lungo, sappiamo che devono cambiarsi e poi farsi festeggiare dagli organizzatori, firmare autografi all’uscita, celebrare tutti i riti del dopo spettacolo che io conosco così bene.
Io e Andreas ci fermiamo in un piccolo locale francese per un bicchiere di vino, lui è molto felice della serata trascorsa insieme, ridiamo e ci raccontiamo decisamente più cose di quando sediamo davanti al tè.
Nel congedarci con un bacio ci sfioriamo le labbra, e poi un ultimo saluto con la mano, mentre ognuno si allontana verso casa propria.
24 Luglio 1998, Madrid
Da qualche settimana mi trovo a Madrid per lavoro, e mentre siedo al computer in conservatorio mi raggiunge una mail di Andreas, trasferitosi ad Hong Kong in Aprile.
“Micol, ho un job come Assistant Buyer per una holding tedesca, è andata decisamente bene. Mi finanzio comodamente i materiali con quello. Sono già al terzo book, tutti in bianco e nero. Ne ho presentato uno al direttore di una rivista.
Ho cambiato due donne e tre appartamenti. Ancora niente houseboat, ma ci riuscirò!
Dove sei? Non ti ho raggiunta a casa”
P.S. Ti chiamerà una casa editrice musicale, ho fatto io il contatto. Fammi sapere.
Love, Andreas.
“Che storia è questa della casa editrice?! Non riesco a capire ma ti adoro, Micol”
“Caro Andreas, tu sei e resterai il mio Ragazzo dell’Europa, con o senza Houseboat, con o senza fidanzata cinese, tu non pianterai mai bandiera… Sono a Madrid per una ricerca musicologica, ti mando i miei recapiti. Che storia è questa della casa editrice?! Non riesco a capire ma ti adoro, Micol”
19 Giugno 1999, Colonia
In concomitanza con l’incontro del G8 a Colonia, il nostro cantautore ha deciso di presentare il nuovo disco nella città tedesca, in questi giorni comprensibilmente sotto gli occhi di tutti. Questa volta sono invitata da lui personalmente a presenziare la conferenza stampa che precede il concerto: oggi verranno eseguiti in anteprima mondiale i nuovi brani del disco. Tra questi, quello intitolato Chansonnier è basato sul testo scritto da me.
Lui si innamora tutti i giorni, si innamora di qualsiasi cosa.
E tutto un giorno è fedele, poi, si stufa.
Quella sera di due anni or sono Andreas consegnò il testo al cantautore, a mia insaputa. Un anno dopo fu contattato dalla casa produttrice del disco, alla quale passò il mio recapito. Fui pregata di registrare il testo alla Siae perché sarebbe stato usato per il nuovo album, e quindi sarebbe stata avviata la procedura di pagamento delle royalties. La mia sorpresa fu così evidente quando contattai la casa editrice, che fui presa per una povera sprovveduta che non sa neppure di aver scritto il testo per una canzone.
Ma oggi sono qui a godermi questa giornata incredibile. La folla si accalca davanti alla Opernhaus, dove ha luogo l’evento. Io sgattaiolo all’ingresso artisti, ho un Pass, posso entrare direttamente dal retropalco.
Mi siedo all’estremità del tavolo da conferenza, sono in lieve anticipo. Ancora stanno organizzando per l’incontro: qualcuno colloca le bottiglie d’acqua, qualcuno impila i cd che verranno poi venduti e autografati. Ne prendo uno in mano. Sulla cover riconosco una foto in bianco e nero che ritrae in primo piano le houseboat nel porto di Hong Kong, con dietro i grattacieli. Foto di Andreas Hermann, c’è scritto, piccolo e corsivo, nell’angolo a destra.
E proprio mentre la folla inizia a riempire la sala, e i protagonisti della conferenza sfilano sul palco con il cantautore al centro, mi accorgo che Andreas sta arrivando e prendendo posto all’estremità del tavolo opposta alla mia.
Chansonnier
Lui ha una voce rotta e francese
quando guarda la sua pelle non sa
che la sua pelle è cadente.
Lui come muove la bocca
e come spalanca gli occhi
vede molto più lontano
di me, del fiume e delle tartarughe.
Lui che passeggia per strada
come fosse la tundra
e se puoi spiegami,
che ha di diverso la strada dalla tundra?
Lui un giorno mi ha detto:
Remare solo sul fiume
è come andare in chiesa.
Lui si innamora tutti i giorni,
si innamora di qualsiasi cosa.
E tutto un giorno è fedele,
poi, si stufa.
Senti la musica?
Viene dalla sua casa.
E’ un ballabile lento
lui lo prova da solo.
Quando tocca i suoi capelli
non sa che sono grigi.
Stanotte va alla balera,
dietro a una ragazza
dal passo leggero.
La mattina beve acquavite
e dice è per questo che ha denti
bianchi come il vestito.
Ma quando canta non sa
che la voce è consumata
e si sente la gola putrida
là dietro.
Certe notti lo costringono a letto
con un foulard al collo
ma lui si alza ed esce fuori nella corte
coi pantaloni del pigiama.
Perché quando suona non sa
che tante stelle son cadute sul suo piano
e se la prende ancora con la luna.