Quella strampalata idea di raccontare emozioni
Raccontare le emozioni. Quotidianamente. Che idea strampalata, sembra. Effettivamente, lo è. Perché le emozioni prima di raccontarle, prima di trasmetterle, bisogna viverle. E per raccontarle agli altri, dobbiamo averle prima raccontate a noi stessi, almeno in quella fase di metabolizzazione – inconscia o meno – di quel che è successo.
Un’emozione è ciò che cambia lo status quo. Un’emozione non ti lascia indifferente. Un’emozione ti può addolcire, ti può far crescere, ma ti può dare allo stesso tempo una di quelle sberle che ti ricorderai fin che campi e – se sei bravo a raccontarla – sopravviverà a te stesso con la delega che controfirma chi l’ha ascoltata, o letta, e comunque sentita.
Raccontare le emozioni. Converrete con me che non è facile né tantomeno scontato. Le emozioni che vivono gli altri possono essere banali e noiose, specialmente se le abbiam già vissute. In questo caso, al massimo, possiamo confrontare la maniera con la quale l’emozione è stata gestita. Altrimenti bisogna avere empatia con l’autore che la scrive. Ciò significa una grande dose di concentrazione. Non è facile carpire l’emozione di chi non si conosce. Tantomeno facile è trasmetterla perché l’autore deve aprire il suo mondo, far entrare chi legge, permettere a sé stesso di accettare l’intrusione benevola di molti ospiti, talvolta conosciuti e per lo più mai visti.
Raccontare emozioni equivale all’apertura del cuore
Questo è già un buon motivo per seguire ancora e ancora di più facciunsalto e i suoi autori, insistenti mosche bianche dal melodioso ronzio.
Auguri!