Mai lasciare a portata di mano i colori a tempera
Avete mai avuto la brillante idea di rispondere al telefono e lasciare vostra nipote di soli quattro anni in salotto con colori a tempera a portata di mano? Beh, io sì. O meglio, non è che l’ho deciso consapevolmente perché volevo che lei potesse esprimere tutto il suo estro creativo in piena libertà bambinesca. Purtroppo è accaduto tutto in pochi minuti di distrazione, dettati dalla sicurezza che Peter Pan, Trilly e tutta la razza loro, fossero in grado di lasciare ipnotizzata, così come era un secondo prima, la mia splendida piccola peste. Quindi, in tutta serenità, rispondo al telefono.
Chi era? L’operatore di turno del call center di un gestore X telefonico che mi recita la filastrocca quotidiana. Io, che capisco la situazione dei trentenni laureati che si trovano a fare tutt’altro nella vita rispetto alle loro alte aspettative, con estremo rispetto ascolto pochi secondi e alla prima pausa che fa per riprendere fiato, mi infilo educatamente per dirgli che non sono interessata. Ah dimenticavo, mentre succede questo, sto anche cucinando qualcosa per il pranzo. Tornando all’operatore telefonico, logicamente non molla alla prima risposta negativa, e prosegue cercando di farmi capire quali sarebbero i vantaggi innumerevoli se io mai accettassi la sua proposta. Sempre gentilmente resto della mia opinione e rigirando il sugo di tanto in tanto, riesco a portare il giovane alla resa. Metto il cordless sulla base, spengo il fuoco sotto la pentola, e vado a controllare la bambina.
La puntata di Peter è terminata, c’è la pubblicità. Sembra che la cucciola stia disegnando qualcosa, è tutta concentrata.
OH MY GOD!!
La scena disastrosa che vedono i miei occhi è questa: foglio bianco A4 parzialmente pasticciato di colori vari; almeno sette/otto mattonelle che circondano l’area in questione completamente, e dico c-o-m-p-l-e-t-a-m-e-n-t-e, ricoperte di Blu cobalto, Rosso vermiglione e Verde smeraldo; mani e faccia di nanerottola sorridente, particolarmente divertita nello schiacciare i tubetti dei colori a tempera incriminati, completamente zozze. Help me.
Ma io, quei colori a tempera, non li avevo nascosti giorni fa? Come ha fatto la nana a scovarli e in poco più di due minuti combinare questo macello? Di sbraitare non mi pare il caso, né tantomeno ne ho la forza visto il sorriso furbetto che ha stampato sul faccino. Guardando meglio non è neanche così male ‘sto pasticciaccio. Mi ricorda un’opera di Jackson Pollock.
Per chi non sapesse di chi sto parlando, si tratta di un artista statunitense molto particolare, che dopo un esordio simbolico di tipo surrealista, emergerà con una vera e propria invenzione pittorica. Dopo aver escluso la figurazione dai suoi quadri, metterà a punto una tecnica meccanica, il dripping, cioè lo “sgocciolamento”. In pratica consisteva nel far cadere il colore da un bastone o addirittura dal recipiente direttamente sospeso sulla tela stesa a terra. Così il contatto tra l’artista e la tela elude i condizionamenti del tradizionale pennello del pittore. Gocce e schizzi di vernice formano una rete intricata di vortici gestuali ottenuta usando smalto opaco, vernice d’alluminio e un miscuglio di polveri e inchiostri. Nel 1947 Pollock stesso descrive il suo nuovo metodo pittorico, che esclude i comuni colori ad olio, con queste parole: “ La mia pittura non nasce sul cavalletto (…). Preferisco appenderla al muro o posarla sul pavimento, perché ho bisogno della resistenza di una superficie dura. Sul pavimento mi sento più a mio agio, più vicino, più parte del quadro (…). Si stabilisce uno stato di pura armonia, di spontanea reciprocità, e l’opera riesce bene”.
Ecco, io non credo che mia nipote volesse esprimere tutto questo concetto intimamente astratto. Posso dire però che se un giorno diventasse famosa come Jackson Pollock e facesse dei suoi scarabocchi arte profumatamente pagata, beh, io ne sarei più che felice. Niente ramanzine quindi, ma straccio e sgrassatore per eliminare ogni traccia di questa prematura espressione d’arte.