Respirare musica a Napoli
C’è una strada a Napoli che adoro più di altre. Si chiama Via San Pietro a Majella, ed è la strada che ospita l’omonimo Conservatorio. Ogni volta che ci passo penso sempre che dove c’è musica c’è vita, c’è un aria diversa. E lì sì che la si respira. Ricordo che quando ero piccolo mio padre mi portava a Piazza Dante, da lì salivamo via Port’Alba, la strada dei librai e dei loro banchetti pieni di polvere. Per mio padre, da come ne parlava, quella strada sembrava importante quanto Fifth Avenue, a New York City. Di sicuro lo sarà per molte persone che tra un negozio e una bancarella hanno comprato, per un euro, un pezzetto di felicità: dei fogli ingialliti tra le cui righe spesso si nascondono tesori ben più preziosi dell’oro.
Saliti in cima si possono prendere due direzioni. La prima è una strada sulla destra in discesa, Via San Sebastiano, ricca di negozi di strumenti musicali, restauratori e liutai. Quando ci andavo mi sembrava di essere in un parco divertimenti, rimanevo incantato davanti alle vetrine, avrei voluto comprare tutto. Anche, anzi soprattutto, cose che non sapevo a cosa servissero. In quella via cominciai a sognare un pianoforte vero; allora avevo solo la vecchia tastiera di mio padre. Lì ce n’erano tantissimi di pianoforti, io ne volevo uno, uno qualunque; non potevano regalarmelo? In fondo che sarà regalare un pianoforte – per un negozio che ne vende tanti – a un volenteroso ragazzino?
Proseguendo dritto invece si arriva al Conservatorio di San Pietro a Majella. È sorprendente per me vedere che la mia reazione, ogni volta che ci passo, non è cambiata negli anni. Dalle finestre delle spesse mura si sente a volte la voce di un tenore, preso nei suoi esercizi di riscaldamento o nella prova di un brano, talvolta i fiati, con il loro timbro caldissimo, o gli archi. Quando sento gli archi penso sempre all’aria, al fatto che ci viene naturale respirarla e che tuttavia la sua composizione è un miracolo chimico, un perfetto equilibrio di atomi senza il quale vivere non sarebbe possibile . Quando i violini suonano in perfetta armonia il suono che ne esce è un po’ come l’aria, ci si sente come se le nostre orecchie fossero state predisposte ad ascoltarlo. E come l’aria, basta che uno dei violini commetta un piccolo errore per dissolvere quella sensazione di perfezione, e far storcere un po’ la bocca. Eppure forse è proprio ascoltare quel piccolo errore che ti permette di capire quanto l’armonia sia qualcosa di fragile e al tempo stesso di incommensurabile bellezza.
È sorprendente per me, dicevo, rendermi conto che pur essendoci passato migliaia di volte mi emoziono sempre come quand’ero bambino. L’abitudine è qualcosa che regola le nostre vite, ma che ha delle controindicazioni, come penso sappiamo tutti. Se manca una forchetta a tavola probabilmente te ne accorgerai solo nel momento in cui allungherai la mano per prenderla, pensando che sia lì. E come ci abituiamo alla forchetta alla nostra destra ci abituiamo ai luoghi, alle strade, ai locali, alle piazze e anche alle persone. Me ne accorgo soprattutto quando guardo i turisti fotografare cose a Napoli che io ormai neanche guardo più. Eppure proprio Napoli, questa assurda città troppo spesso sulla bocca di persone che non la conoscono, che non l’hanno vissuta, e magari neanche vista… Proprio questa città trova sempre un modo per sorprendermi.