Ars gratia artis
La casa del critico è affollata. A questi ricevimenti chi ci deve essere c’è. E’ un po’ strano che sia il critico a organizzare i party, dovrebbe essere ospite e non patron, ma il giornalismo è tutto metamorfosato, da controllore del sistema si è fatto sistema e quindi i party sono l’anello ludico affaristico tra i vari componenti.
Sono questi i pensieri che vagano per la mente di un altro giornalista, stessa testata ma di qualche gradino più basso, per ora. Cesare Guidi gira con un bicchiere di spremuta di arancia; non gli piace bere alcolici così, a stomaco vuoto. Vede il suo capo, il padrone di casa, Mario Salvatorelli, che gigioneggia con gli ospiti mentre racconta del suo ultimo libro sull’arte contemporanea, “L’astrazione concreta“. Sembra un puffo arancione, con la giacca di Casentino che divora un girocollo rosso di seta, mentre i pantaloni tentano di dare una base solida al tutto con un velluto a coste verde bottiglia.
Guidi lo guarda, si chiede se tra trenta anni anche lui in qualche modo, avendo successo, gli somiglierà. E’ perplesso, si chiede perfino se vuole avere successo, almeno di quel tipo. Non c’è niente di male, solo che, dopo una laurea in storia dell’arte con una tesi sui fondi oro, si chiede se saprà offrire al mercato i pareri che questo si aspetta. E’ dura distinguere e valutare l’astratto, talvolta. La casa di Salvatorelli è un trionfo del moderno e del post moderno, c’è tanta avanguardia e anche pezzi di arte Fluxus: “Dio mio” pensa Guidi.
Segue il suo maestro e capo mentre fa da guida ai suoi pezzi: la gran parte non li ha pagati, ma sono solo il segno della giustificata riconoscenza dei recensiti. A lui al massimo è toccata qualche stampa di pregio, accettata con un po’ di imbarazzo. A dire il vero la bella casa gli pare concepita da un architetto smanioso di fare vedere quanto fosse bravo: è una esposizione di mobili, arredi e dipinti, un museo di contemporaneità, un non luogo vissuto, ma molto visitato.
Si sente avvampare, come se avesse scoperto una verità inconfessabile
Tutti ascoltano rapiti le sue parole e le parole sono usate come note di una sinfonia, non per il valore in sé ma per come sono giustapposte. Non sempre si capisce quel che vuol dire ma c’è molto pathos in quel che dice. Guidi pensa che comunque vada lui non sarà così, anche se non sa come sarà; al momento non è preoccupato ma perplesso.
No, in realtà un po’ preoccupato è: al terzo bicchiere di spremuta si accorge che bisogna liberarsi dell’eccesso di liquidi. Odia chiedere dove debba dirigersi, e tenta con la tecnica che pone certi luoghi sempre in fondo a destra. Percorre il corridoio e in fondo, in effetti, c’è una porta più piccola, segnale positivo per la ricerca. Bussa e, nel silenzio della risposta, entra. C’è una seconda porta. Bussa ancora, e quindi apre. Non è quel che cerca. E’ uno studiolo, pieno di libri e fogli, molto Ottocento. Carta da parati damascata e a pendere da lucide barre di ottone e vicino al soffitto molti quadri, soprattutto macchiaioli compreso un bel disegno di Fattori, con tanto di cavallo.
Si sente avvampare, come se avesse scoperto una verità inconfessabile. Esce sperando di non essere visto. Va dal padrone di casa e chiede dove sia il bagno: “Ma lì caro, dove vedi quel pezzo di ferro che sembra un Duchamp“. Guidi sorride, ringrazia e si dirige verso la stanza giusta, e si sente anche più tranquillo sul suo futuro. Ars gratia artis.