Ho una canzone nella testa
Vi capita mai di essere ossessionati da un ritornello? Spesso è un tormentone che trasmettono in ogni luogo pubblico (supermercati, tabacchini, bar, tuttiinsieme! “Because I’m haaapppyyy”), altre volte è una canzone vecchia di vent’anni, uscita da chissà quale meandro della vostra testa senza che ci sia una giustificazione logica. Il punto è che, statene certi, la maledizione vi ha colpito. Una volta iniziato a canticchiare, non riuscirete più a fermarvi. Se vi prende male, anche per molti giorni.
Il momento di vulnerabilità massima, è la mattina appena svegli. Non
ricordate neanche il vostro nome, state ancora realizzando dove siete e che giorno è, però, nel più profondo nero delle vostre orecchie, sentite una canzone, limpida, come se qualcuno avesse acceso una radio.
Bene, quel qualcuno esiste. È il vostro deejay cerebrale. È un neurone buffo con gli occhiali da sole, ha una stanza a Lobo Temporal City, con i poster di vari musicisti improbabili della vostra adolescenza attaccati alle pareti, segue gusti tutti suoi e voi non potete fare nulla per fermarlo.
Il mio si chiama Gus, e stamattina quando mi sono svegliata ha messo prontamente questo singolo:
Intanto che il mio uomo si alzava, scopriva che era finito il latte, e andava a comprarlo con gli occhi ancora abbottonati, io canticchiavo: “Is someone getting the best, the best, the best, the best of you?” alla caffettiera, dando sicuramente il meglio di me per lavarla.
Mentre il processo del risveglio stava lentamente avviando tutti i miei sistemi operativi interiori, ho realizzato: “Ma io questa canzone non la sento da una vita, come diavolo mi è venuta in mente? Gus, sei ubriaco? Stai facendo le pulizie?”.
Se c’è una cosa certa che vi posso dire su Gus, è che non cambia spesso idea. Se sente qualcosa che gli piace, si fissa per mesi. E mesi. E altri mesi ancora. E deve piacere a lui, sia chiaro, non a me. Tipo la canzone di Frozen, Let it go. Sono definitivamente guarita dopo soli sette mesi.
Gus, perché mi riproponi un pezzo che avrò sentito l’ultima volta quando avevo diciassette anni? Cosa mi vuoi dire? Ma c’è qualcosa che mi vuoi dire? (Oltre al fatto che sono invecchiata?)
La canzone di per sé è un po’ deprimente. In poche parole:
Tizio è arrabbiato con la sua ex Tizia.
Parole a caso su un cappio, morte, vita, cuori spezzati.
Fine.
Ma io mi sono fissata sul ritornello: “Qualcuno sta ottenendo il meglio di te?”. Parla di una coppia, certo, ma per me può essere un discorso molto più ampio. E a doppio senso di marcia.
Il primo parla di quello che noi decidiamo di dare agli altri. Che in linea teorica dovrebbe essere il meglio. Ma il meglio è frenato da una serie di imbarazzi, cose non dette, momenti sbagliati, o semplice decenza, che spesso ci fanno girare per la nostra sfera affettiva con il freno a mano tirato.
Il secondo è quello che gli altri tirano fuori da noi. Questo non dipende dal freno a mano. Con alcune persone siamo migliori che con altre. Non solo nelle azioni che compiamo, proprio a livello intellettivo. Ci stimolano, ci spingono a migliorare in modi che da soli non faremo mai, o altre volte miglioriamo solo perché loro sono lì.
Quelle sono le nostre persone speciali.
Così, secondo me, quello che non voleva assolutamente dirmi Gus, ma io non avevo niente da fare se non perdere tempo a farmi le seghe mentali pulendo la moka, è: le persone che ami, stanno ottenendo il meglio da te?
(Se la risposta è no, la domanda successiva è: e che stai aspettando?)
E poi: c’è qualcuno che ami che però non tira fuori il meglio da te? (Se la risposta è sì, l’ultima domanda è: e che aspetti ad andartene?).
Mentre guardavo il caffè che usciva ho deciso che, Gus o non Gus, io me lo chiederò una volta al mese, canticchiando, se someone is getting the best of me.
Fatelo anche voi.