Ischia, la mia prima volta con la “Sgarrupata”
La prima volta che ho visto l’isola verde era l’inverno del 2007. Arrivai la sera tardi, quando era tutto scuro come catrame, ma il porto scintillava di luci. Quando scesi dall’aliscafo avvertii immediatamente che quello non era un semplice atollo di terra in mezzo al Tirreno, quella era la mia isola. Sarà per questo che ci sono tornata anche in questo caldo agosto.
Per respirare l’aria fertile dei fichi succosi appoggiati sull’Epomeo, per bagnarmi con l’acqua sacra delle fonti e lasciarsi ammaliare dall’imponenza del Castello Aragonese, laggiù, al Ponte
Per respirare l’aria fertile dei fichi succosi appoggiati sull’Epomeo, per bagnarmi con l’acqua sacra delle fonti e lasciarsi ammaliare dall’imponenza del Castello Aragonese, laggiù, al Ponte. Per prendere la peggior carcassa con quattro ruote all’autonoleggio e correre, con trentacinque euro al giorno, tra mare e monti, passando per morbide discese, in mezzo a filari di viti, al tufo, al salmastro che ti rimane attaccato alla pelle anche dopo la doccia. Ogni volta che sono al porto, che lascio Napoli alle spalle, con il mare che segna le pendici del Vesuvio e tocco l’asfalto di Ischia respiro un’aria nuova. E’ quella confusionaria dei trolley, di lunghe file di auto che devono imbarcarsi. E’ un brulicare di vita che mi piace. E poi basta alzare lo sguardo che già ci si rilassa. C’è una montagna di verde, stagliata sull’azzurro del cielo. Mi incammino dal Balestrieri, prendo l’auto che ho prenotato già da casa. Come sempre le marce non ingranano bene. Devo imparare a fare la doppietta, come nelle vecchie Cinquecento, ma ce la farò.
La casa in fitto è in via delle Terme, vicino alla Polizia, un seminterrato a due passi dal mare. Qui c’è il profumo delle briosche calde al mattino, due laboratori di pasticceria, un supermercato, il ferramenta.
Ci sono i contadini per strada. Vendono i capperi sotto sale, le marmellate, i fichi, le susine.
Ci sono i contadini per strada. Vendono i capperi sotto sale, le marmellate, i fichi, le susine. La donna che incontro tutte le mattine ha una pezzola sulla testa, unico vezzo per ripararsi dalla calura estiva. Mi porge il suo vino fatto in casa. “E’ buono” – mi dice. Ne prendo due bottiglie e compro anche il basilico che profuma di menta e pomodori grassi e rossi. Fare la spesa mi piace, infilandomi di bottega in bottega. Poter impiegare più tempo per scegliere, parlare con il negoziante, lavare l’insalata. Così, innamorata delle cose semplici. Alla fine da un viaggio non cerco molto se non vivere completamente il luogo in cui mi trovo, come se fosse casa mia, lontano dai bar turistici o dai ristoranti luccicanti che si trovano nei porti.
Ischia l’ho vissuta così, a piedi nudi, avendo voglia di sentirla viva sulla pelle. Ed ho camminato per i vicoli facendo amicizia con i tanti cani che girano liberi per l’isola. Ce ne sono due che ogni giorno, di mattino presto vengono sulla spiaggia. Si stendono sulla sabbia vicino alle barche a riposo. Rimangono lì, a dormire al riparo dell’ombra, fino a quando la spiaggia non si riempie di gente. E’ a quell’ora che io me ne vado a cercare altrove la mia pace. E’ così che ho trovato le fonti di Nitrodi, nel Comune di Barano, frazione Buonopane. In campagna, nel lato sud dell’isola, dove si domina il mare dei Maronti e poi Sant’Angelo, il borgo colorato, un cappello di terra che sporge dalle acque. Qui, c’è un silenzio che ti fa amare il rumore. Quello dell’acqua sacra ad Apollo, dell’aria che sa di rosmarino e di mirto e ti asciuga la pelle, fino a sentire fresco, così da avere ancora più voglia di sole. A due passi dalle fonti c’è una baracca.
Decido di pranzare lì. Fanno le orate alla brace e ti portano il vino in panciute caraffe con dentro grandi pezzi di pesche
C’è Assuntina che va a comprare il pesce, al mattino, che bisogna tirare avanti il ristorante alla spiaggia di San Pietro. E c’è la mia vita, che sento così mia solo su quest’isola.