Luca Canonici, tre anime per un volto
Ho conosciuto Luca Canonici “tre volte”.
Al primo incontro, avvenuto a Roma molti anni fa, Luca era un giovane tenore che interpretava Alfredo nella Traviata al Teatro dell’Opera. Per questo ruolo Luca, che allora calcava i palcoscenici dei più importanti teatri del mondo, offriva una voce e physique du ròle perfetti.
Una decina di anni più tardi ho incontrato Luca a Fiesole, dove rivestiva il ruolo di Direttore Artistico di OperaFestival. Con attenzione per i giovani, e guardando alla messa in cartellone di opere e produzioni musicali che coniugassero un budget relativamente ristretto ad una elevata qualità artistica, sono stata testimone di come Luca sia riuscito a portare su palcoscenici dotati di un naturale rapporto con la bellezza, come per esempio il Giardino di Boboli, o l’Abbazia di San Galgano, produzioni firmate da artisti di grande rilievo; una per tutte, l’ Aida ambientata tra le sculture di Igor Mitoraj.
Il nome di Luca è rimbalzato a una notorietà più ampia quando egli si è concesso una “disgressione pop” che lo ha portato a classificarsi secondo al Festival di Sanremo, e quindi a proseguire anche sui binari della musica melodica.
Da qualche anno seguo il Luca Canonici fotografo d’arte con grande passione. Lo sguardo di Luca mi ha colpito sin dai primi scatti. A parte la grandissima pulizia delle sue foto, e l’enorme consapevolezza artistica che sfoggia nel dare testimonianza del patrimonio artistico toscano, italiano e – in generale – della bellezza che lo circonda, è proprio l’impatto emotivo a fare la differenza. Luca ha senza dubbio la capacità di cogliere con esattezza il fattore emozionale, il sorprendente, in un soggetto.
Dal 2010 ricopre la carica di Direttore del Museo di Arte Sacra della sua città, Montevarchi. Da grande conoscitore del patrimonio culturale e paesaggistico, ha dedicato a Montevarchi diversi volumi di fotografia artistica; la città natale lo ha ringraziato inaugurando diverse sue mostre personali, di cui una permanente.
Oggi sono qui a porgli alcune domande per conoscere più da vicino la sua ispirazione e il “capitale emotivo” che investe nella sua attività di fotografo.
Luca, quando io ti incontrai la prima volta, era al Teatro dell’Opera di Roma dove cantavi in Traviata con Dimitra Theodossiou, ti ricordi che anno era?
Era il 2000.
La tua carriera di cantante d’opera è stata senz’altro aiutata da una presenza fisica coerente con i ruoli più importanti per la tua vocalità di tenore lirico; come consideri questa coincidenza? Fortuita, comoda, oppure come una specie di “predestinazione” a coniugare i vari aspetti della “bellezza” all’interno della tua vita?
avere una visione artistica, coltivare l’amore per il bello che c’è nel mondo, credo dia risultati diversi a ciò che facciamo nella vita
Ti sei sempre interessato d’arte, di stile. La frequentazione teatrale cosa ha aggiunto, se ha aggiunto, a questa passione?
Mi sento imbevuto di Arte, e cerco di alimentare sempre questo mio bisogno giornaliero con libri, mostre, musei. Sicuramente non è tutto, ma avere una visione artistica, coltivare l’amore per il bello che c’è nel mondo, credo dia risultati diversi a ciò che facciamo nella vita.
Quali sono i registi che ti hanno maggiormente ispirato?
Ho lavorato con molti grandi registi, ognuno mi ha dato qualcosa; anche in negativo! Ritengo che le sollecitazioni che arrivano da chi ti vede dal di fuori siano comunque importanti.
E il ruolo operistico che hai amato di più?
Nel 1995 interpretai a Parma il ruolo di Federico nell’Arlesiana di Cilea. E’ un personaggio che mi è rimasto dentro, come se lo avessi creato io. Era molto tempo che quell’opera non veniva rappresentata in teatro, quindi fu un esperienza unica.
Nella tua carriera di produttore di eventi teatrali, quali sono stati i momenti più importanti e come si sono fissati nella tua fotografia?
La visione dei grandi spazi aiuta ad avere una percezione completa e puntuale su tutto, specialmente me, che sono portato per il dettaglio, per l’essenza, e l’assenza della figura umana.
Quando cogli un “attimo” o un “soggetto” e lo fissi con l’obiettivo, come sei solito agire? Scatti molto e poi selezioni, oppure scegli già “negli occhi” un momento che ti pare perfetto per quello che vuoi comunicare?
Quando prendo la macchina fotografica so già cosa ritrarre, io esco con un progetto maturato prima. Non faccio scatti a raffica perché mi concentro sulla composizione, sulla forma della sostanza.
Oggi nella tua fotografia più di tutto impressiona il tipo di “sguardo” che poni dietro l’obiettivo. Sembra che tu abbia un’idea ben precisa di cosa solletica la tua creatività. Le tue foto sono molto narrative, si basano fortemente sulle sensazioni, sulle emozioni, sullo stupore per il reale: come definiresti con parole tue il tuo stimolo creativo? Qual è il nucleo centrale della tua urgenza espressiva?
Ho scoperto da poco la fotografia, è un mondo tutto sommato distante dal canto ma le emozioni che provo vedendo quel palazzo, quella chiesa o quel paesaggio e fermandole su un file, sono le stesse di quando studio delle romanze o un personaggio.
Quale delle tue esperienze professionali è quella essenziale per te: il canto, la fotografia, la vicinanza al patrimonio artistico? O lo sono tutte allo stesso modo?
La risposta è tutte allo stesso modo. Sono complementari e non credo riuscirei a fare a meno di una. Anzi, sono tormentato dall’idea di quando non potrò più vedere, ascoltare, cantare e fotografare le belle cose che ho visto, e ancor di più, dalle cose che non riuscirò a vedere mai!
Cosa vorresti poter esplorare in futuro attraverso la fotografia? Quale ambiente, quale viaggio, quale stile artistico ti incuriosiscono particolarmente?
Il mio interesse gira intorno al paesaggio. Ho già pubblicato tre volumi su questo tema, ed uno sui commercianti della mia città, ritraendoli in pose e travestimenti curiosi: si può farsene un’idea su lucacanonici.it. Attualmente a Montevarchi si può visitare una mia mostra, dove documento le fabbriche dismesse sul territorio. Il titolo della mostra è “Quel che rimane”. Ho molte idee, per esempio una mostra dal titolo “Suggestioni borboniche in Terra di Lavoro”, e un progetto sul Cimitero degli Inglesi a Firenze. Inoltre vorrei prima o poi fare un “Gran Tour Fotografico” del nostro Paese, l’Italia.
Il nostro magazine parla di “Emozioni quotidiane”: qual è per te, l’emozione quotidiana per eccellenza?
La luce: essa modella tutto: i volti, i palazzi, il mondo che ci circonda, definendone i contorni e esaltandone gli spazi!
Ringrazio Luca per il tempo che mi ha dedicato, ma soprattutto per la profondità che ha messo nelle sue risposte. Credo che sia il risultato più importante quando ci avviciniamo al campo di azione di una persona: ottenere risposte che siano, non solo per l’interlocutore, ma anche in qualche modo per chi le ha date, un’opportunità per indagare dentro se stessi. Faccio a Luca i miei “in bocca al lupo” per tutte le occasioni del futuro.