Ritorno a casa
Londra la domenica pomeriggio. Danza di uomini che camminano al freddo e di pioggia sottile che bagna capelli e occhi. Londra la domenica pomeriggio, con i vetri dei pub appannati dalla condensa e le signore in cappello che bevono tè e sgranocchiano pasticcini al burro. Londra la domenica pomeriggio, e le anime in pena che girano per la città alla ricerca di casa.
Quella domenica pomeriggio la National Gallery mi accoglie tra le sue braccia fragranti di legno, olio e antico. E nel vagare per le sale tra le esclamazioni della gente ferma in contemplazione l’orologio smette di ticchettare. Inizia il mio viaggio per un tempo che ora non c’è più.
Campo di grano con cipressi – V. Van Gogh
Le nuvole ballano nel cielo azzurro, tra le foglie verde-argento dei platani. L’aria accarezza le mie guance di bambina, e le macchie di luce si spargono qua e là sulla gonnellina rosa.
“Guarda una farfallina bianca!” la mano della nonna indica più in là. Punto i piedi sul seggiolino per alzarmi e vederla meglio. “Aspetta, ora la prendiamo!”. La nonna pedala e canta. Farfallina bella bianca, vola vola e mai si stanca. E’ il fiorire della vita e tutto danza insieme a noi: i passeri che cinguettano tra gli alberi, le cavolaie che si rincorrono nei campi, i papaveri rossi tra le spighe di grano. In lontananza, solitari, si ergono i cipressi.
La petit bras della Senna ad Argenteuil – C. Monet
Queste sono ben altre domeniche: siamo noi quattro in macchina e l’inverno che sta fuori non conta. Abbiamo esaurito le idee e iniziamo ad annoiarci. “Mamma, quanto manca?. “Ancora un po’. Contate i nidi!”. E’ sempre lo stesso gioco, ma non ci stanca mai. Io al finestrino di destra, mio fratello a quello di sinistra. Pronti, partenza, via!
Con la punta del naso a far l’alone bianco sul vetro e gli occhi incollati al paesaggio contiamo i nidi sugli alberi che ci corrono accanto a tutta velocità. Uno, due… “Mamma lui sta barando, ha contato doppio!”. E dietro gli alberi le case, i canali, la terra grigia dei campi. In lontananza due contadini rientrano prima che faccia buio.
Le barche olandesi in una tempesta – W. Turner
I denti affondano nel panino morbido spalmato di burro, e dopo ogni morso mi lecco le labbra alla ricerca di residui di pane o granelli di zucchero. Sto distesa a pancia in giù sul pavimento freddo e con la testa tra le mani medito sul puzzle che non riesco a completare. Questo ha le tessere più piccole ed io mi sento orgogliosa, perché allora vuol dire che è un gioco per grandi.
L‘immagine sul coperchio della scatola raffigura un mare in tempesta con una balena grigia dal sorriso setoloso, una zattera dalla vela giallastra e un Pinocchio e un Geppetto disperati che tentano di mettersi in salvo. Chi sa se ce la fanno. Domani lo chiedo alla maestra.
Scena con la neve ad Argenteuil – C. Monet
Casa mia la domenica mattina profuma del pollo che cuoce in forno con le patate e del caffè che beviamo tutti quanti insieme prima di andare a messa. Oggi sembra quasi Natale, perché nella notte la neve è scesa silenziosa a imbiancare i campi.
La strada è deserta e papà ed io dobbiamo reggerci l’uno all’altro per non scivolare sulle chiazze di ghiaccio. Il sole ci splende alle spalle e fa luccicare alberi e cose come fossero cosparsi di polvere di stelle. Il paese avvolto nel silenzio ha quasi cambiato fisionomia. Avanziamo lentamente concedendoci il lusso di prendercela comoda, salutare i vicini che escono ad ammirare la magia del paesaggio, chiacchierare del più e del meno come raramente abbiamo il tempo di fare. Poco più in là iniziano a suonare le campane.
Il Canal Grande guardando verso nordest da Palazzo Balbi al Ponte di Rialto – G. Canaletto
Sono quasi le otto del mattino e quell’angolo di Venezia è tutto per me. Ci arrivo per prima, con passi rapidi che risuonano ritmici nelle calli deserte. Saluto il portinaio, prendo un caffè e salgo le scale in marmo fino alla biblioteca.
I raggi del sole entrano dalle vetrate e scivolano sugli scaffali delle librerie, accarezzando i testi di arabo ed ebraico. Apro la finestra e mi appoggio alla balaustra. L’odore salmastro del canale mi entra nelle narici e nella stanza si mescola a quello dei libri vecchi. Più sotto il via vai di barche agita le acque del Canal Grande e si contrappone alla maestosa immobilità dei palazzi, vicini gli uni agli altri come spettatori ai margini di un palcoscenico. Sembra mi abbiano atteso per darmi il buongiorno, sembra stiano tutti lì per me, a guardarmi in silenzio.
Qualcuno che mi guarda in silenzio in realtà c’è: è il custode, che non si spiega che cosa ci trovi di tanto interessante in quel quadro così dettagliato, simile a tanti altri scorci veneziani appesi alle pareti della sala.
Inutile spiegare che in quel quadro, come in altri, io ci ho vissuto. Che quel quadro parla di me.
Alzo il bavero della giacca e mi rituffo nell’umidità londinese. Continua il mio giro per le strade, questa volta senza cercare più nulla. Perché ciò che cercavo l’ho trovato dove meno me lo aspettavo. Casa me la porto dentro. Casa la porto sempre con me.