I messaggi subliminali di Peppa Pig
L’ho fatto. I vostri commenti su Facebook al post “Come mi vorrei” mi hanno dato quel tanto di coraggio che serviva per documentarmi e sfasciare anche Peppa Pig. Per prima cosa, ho cercato di capire cosa ne pensavano gli esperti. Tipo psicologi, grafologi, conoscitori del linguaggio televisivo, pediatri e anche un complottista, per la pluralità di opinione.
Quest’ultimo non solo è convinto che in Peppa Pig ci siano la mafia e la massoneria, ma linka a un video su Youtube dove si vede come, cancellando tutte le parti del viso dei quattro Pig, venga fuori una famiglia felice di peni con le gambe. La cosa mi ha molto divertito, soprattutto l’effetto finale che fa papà Pig, e non sono stata in grado di guardarlo più allo stesso modo.
Zozzerie a parte, gli esperti mi hanno dato per lo più pareri positivi. Esiste addirittura un articolo sul tema delle questioni di genere, e Peppa Pig viene descritto come il cartone che porta avanti il messaggio della famiglia moderna, in cui la mamma lavora e non fa solo biscotti. Anche se, continua il pezzo, lo fa da casa. E il papino va in un ufficio moderno, con l’ascensore, il computer e dei fogli con gruppi di calcoli in bella vista. Perché, si sa, la matematica è degli uomini. E che quest’articolo sfasci da solo la sua tesi, non ha prezzo.
Così: sono pronta. Cerco una carrellata di puntate su Youtube. E ne sono riuscita a vedere ben cinque, prima di avere un’implosione cerebrale.
“Siamo tutti uguali!”
Tutte le famiglie che popolano il magico mondo di BohPig – che, in pratica, è formato dalla ripetizione in serie delle colline di Windows – sono composte di animali diversi. E di estrazioni sociali diverse, identificate dalla puntata delle barchette. I bimbi si trovano vicino a uno stagno e mettono in acqua le loro barchette: quella di Peppa è a vela, quella di George a molla. Poi arrivano gli amici: una con il motoscafo a batteria e, il più figo di tutti, con il battello a vapore. Che ovviamente li distrugge senza pietà.
L’ultima arrivata della comitiva, però, non ha nessuna barchetta. Così papà Pig ne costruisce una con i fogli di giornale. Un volta messa nell’acqua, con il sommo stupore della fisica tutta, quella resta a galla come se non fosse fatta di carta e, sorpresa delle sorprese, tutti ne vogliono una. Anche quello con il battello a vapore, che sono tre anni che scassa l’anima a Babbo Natale per farselo regalare e invece bastava un volantino dell’Eurospin.
Happy ending. Si gioca senza differenze, di genere e di giocattoli. E super-papino wins.
Questioni familiari, apertura de che?
Peppa, in cucina con tutta la famigliola, fa le bolle con la cannuccia in un bicchiere. E dopo essere stata sgridata perché non si gioca a tavola (ma puoi anche saltare nelle pozzanghere quanto ti pare, non preoccuparti, che in fondo siamo maiali e sappiamo tutti che quello non è solo fango) esce col fratellino per fare le bolle di sapone. In men che non si dica, finiscono il flaconcino. Non so come, siccome quei flanconcini duravano una vita, ai tempi miei.
Corrono da papino e gli dicono: “Oddio e mo che famo?”
E papino: “Tranquilli, ci penso io!”
Ma non intende dire: “Lo faccio io”. Perché a quel punto comincia a dare ordini a tutti: “Mamma Pig, vai a prendere un secchio. Peppa vai a prendere il sapone per i piatti. George vai a prendere una racchetta”. Erano finiti i personaggi disponibili, altrimenti si sarebbe fatto anche grattare la schiena.
Costruisce un secchio di bolle di sapone, sono tutti felici e super-papino wins, di nuovo, anche se alla fine se lo rovescia in testa. Che mica può fare tutto lui!
Supereroi contro il subliminale
Il tocco finale, quello che mi ha impedito di continuare, è che nonno Pig ha un orto. E no, non è quello il problema. Tutti i nonni hanno un orto no? Tipo, anche i pensionati che vivono a Manhattan, si adattano come possono e hanno sicuramente un orto nella vasca da bagno. Nonno Pig, nel suo orto, coltiva patate. Io lo so, che i bambini non vedono la malizia nella parola patate, e forse sono stata deviata dal video su Youtube, ma nonno Pig coltiva proprio tante patate.
E nonna Pig gli dice: “Caro, e basta un po’ co ste patate”.
E lui risponde: “Ma cara, le patate non sono mai troppe”.
E lo dice almeno quattro volte, a chiunque incontra, nel corso dei quattro minuti e trentacinque della puntata.
Non ce l’ho più fatta. E mi sono ricordata dei messaggi subliminali della Walt Disney. Roba che da piccoli li avevamo anche visti senza assolutamente capirli. Vi lascio un video esplicativo:
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=ZK9aHneisqU]
E quello che vorrei dire è: tutta questa storia sui messaggi subliminali nei cartoni, non è nata con i maiali a due dimensioni. Ne siamo stati vittime anche noi e non mi pare che siamo cresciuti come un branco di depravati. In media, intendo.
Comincio a credere invece, che i messaggi subliminali siano in realtà un aiutino per i poveri genitori costretti a seguirsi tutti gli aggiornamenti dell’animazione moderna, un modo per intrattenersi mentre Peppa grugnisce e si sbraga a terra per ridere, in preda a quello che chiaramente sembra un attacco epilettico.
Sfogo personale di deriva anni Novanta
Sono le tematiche, che mi hanno sconvolto. E sì, lo dirò, tanto lo pensate tutti: sarà che “prima si stava meglio”? Quando i nostri cartoni animati erano Carletto, Yattaman, robottoni, e ragazzine vestite alla marinara che ci hanno insegnato tutti i pianeti del sistema solare? C’erano i cattivi e i buoni. C’erano scene di nudo, incesti, ingiustizie e botte. Le guardavamo a tre anni anche se erano cartoni per dodicenni, perché l’alternativa era la Pimpa e dopo un po’ anche basta. Noi guardavamo Candy Candy, Georgie e i suoi fratelli, Heidi abbandonata per le montagne e Belle e Sebastien, che non si sa quanto abbiamo pianto.
Quello che mi fa bocciare su tutta la linea Peppa Pig, è che descrive un mondo troppo perfetto, in cui tutto è rotondo e dai colori pastello. Noi siamo cresciuti con puntate in cui si combatteva il male e questo ci ha insegnato da che parte stare, che il mondo è complicato, ma se sei buono allora va tutto bene. Quando avevamo tre anni, nessuno si preoccupava che la televisione ci facesse le lezioncine tranquillizzanti e pedagogiche. Era compito dei genitori. Dei nonni. Della vita e della scuola.
Nell’ultima puntata che ho visto, Peppa è al mare, e la nonna le insegna che se metti una conchiglia vicino all’orecchio riesci a sentire il rumore delle onde. Questa scena mi ha messo tristezza. Perché io non l’ho imparato dai cartoni. Sono stata al mare e mia madre mi ha messo una conchiglia sull’orecchio.
E io le ho detto che quello non era il mare, sembrava più vento. E lei mi ha detto che ognuno è libero di sentire quel che vuole, basta che si senta qualcosa. Di vero.
Ridateci i cartoni dove si azzuffa la gente e, per quanto riguarda la gioia delle piccole scoperte, calcoliamo la possibilità che le possano imparare vivendole per davvero, ‘sti bimbi moderni.