SEstate in città
Un tempo il quotidiano della mia città forniva, nei mesi di luglio e agosto, un inserto settimanale per quei disperati costretti a passare il periodo tra equinozio e solstizio in compagnia di serrande abbassate e asfalti fumanti. Era un piccolo vademecum per la sopravvivenza in una città spopolata, sfollata, disabitata.
Si chiamava “SEstate in città” e aveva l’ingrato compito di sondare circoli Arci e Acli, sedi di partito, circoscrizioni territoriali, appassionati di Bridge e Canasta nel tentativo di compilare un foglio in sedicesimi con le iniziative cittadine della settimana seguente. Ma essendo i circoli Arci e Acli trasferiti momentaneamente sugli Appennini, le sedi di partito in pausa di riflessione in attesa dell’autunno caldo e gli appassionati di Bridge e Canasta occupati nei campionati interregionali sulla riviera romagnola, ai poveri giornalisti (rigorosamente under 30) non rimaneva che inventare di sana pianta mercatini delle pulci, fiere di parrucche, mostre di cani randagi e esposizioni di carte da ramino.
Allora ho chiesto all’edicolante il quotidiano locale, l’ho sfogliato, ma non ho trovato l’inserto
Che poi, vi dirò, io ero uno di quei tanti che a fine luglio lasciava il proprio rione in mano ad una gang di zanzare e si godeva il fresco dell’appennino. Tornavo in città sporadicamente e per cause di forza maggiore. Che poi la città agostana i suoi pregi li aveva pure: corsie preferenziali in ogni dove, parcheggi a iosa, nessun mezzo pubblico a impedire il passaggio. Ora, manco a dirlo, tutto è cambiato. C’è chi tira in ballo la crisi, chi si nasconde dietro la “necessità” di riscoprire la città in estate, chi è affezionato alle zanzare. Ad ogni modo, la città agostana non è più la steppa di asfalto che era un tempo. E pure io, per la prima volta nella mia vita, ho avuto l’ardire di passare tutti i trentuno giorni di agosto in città. Il motivo è semplice: lavoro. Per chi lavora poco durante l’anno, l’estate è il periodo più fertile per trovare di che occupare la giornata.
Pensavo di inventarmi code immaginarie al semaforo, passeggiare per le vie del centro e ingannare me stesso dicendo “Oh, che sbadato! Oggi è il giorno di chiusura“, gironzolare per parcheggi deserti fingendo di non trovare posto e magari maledicendo quei tali che osano fare le stesse cose che faccio io e per giunta alla stessa ora. Niente di tutto ciò. La città era viva, le strade brulicavano di macchine, i clacson ululavano, gli autobus erano in ritardo, i parcheggi erano introvabili, i negozi aperti con orario continuato e se un’ordinanza comunale glielo avesse permesso avrebbero accolto clienti pure nelle ore notturne. Con buona pace dei cinesi, un tempo unici esercenti dell’agosto emiliano ed ora, per contrappasso, vittime di una concorrenza spietata.
I tempi cambiano. Non so se sia la crisi o la flessibilità nelle ferie un tempo tanto invocata. Intorno a ferragosto mi sono recato in edicola. Manco a dirlo era aperta. Non sapevo come occupare la serata e allora ho ripensato a “SEstate in città“. Certo, un tempo raccoglieva solamente le migliori sagre della panzana tra la Via Emilia e il Po, ma, mi sono detto, chissà che essendo aumentato esponenzialmente il numero di cittadini agostani, non ci sia qualche evento vero, che ne so, una fiera del modernariato anni 2000 in una stalla ancora in uso. Allora ho chiesto all’edicolante il quotidiano locale, l’ho sfogliato, ma non ho trovato l’inserto. Ho chiesto numi all’edicolante e questi mi ha detto che “SEstate in città” non viene stampato da un paio d’anni. Il quotidiano è in crisi, ha aggiunto facendo le spallucce. E i tempi sono cambiati, aggiungo io. Quest’estate non ha manco fatto caldo. E io lavoro. Bah.