Sempre la stessa storia
Historia magister vitae. Solo un modo di dire. La storia è sì maestra, ammette sconsolatamente Leopoldo Cantelli, Poldo per gli intimi, ma non ha alunni, ha sempre classi semivuote e studenti svogliati. I più accaniti nel ricercare nella storia sono solo quanti da essa cercano i modi migliori per perpetrare altri guai. I militari studiano le vecchie battaglie per fare meglio la guerra, oppure i politici per capire come conservare meglio il potere. Ma per il resto tutti gli esseri umani mostrano stupore e meraviglia ogni qual volta gli eventi si ripetono.
Non sono uguali gli eventi, è ovvio, perché cambiano tempi, luoghi e contesti, ma gli uomini che li determinano sono sempre gli stessi: vestono in modo diverso, parlano in modo diverso, pensano anche in modo diverso, ma i sentimenti che li muovono non cambiano. Altrimenti non si spiegherebbe come mai siamo fermi ai dieci comandamenti: la scienza è progredita insieme alla tecnologia e alla cultura, ma gli errori possibili dell’animo umano non cambiano.
Cantelli non è un professore, si è laureato in lettere e poi, lavorando in una casa editrice, ha cominciato a scrivere libri scolastici per le medie, poi per le superiori e anche e poi libri divulgativi di storia, di quelli con un po’ di mistero, un po’ di supposizioni, compreso uno inevitabile sull’Arca dell’Alleanza e uno non meno evitabile sui templari.
“Io invece le offro la libertà” risponde il direttore, e si rimette a leggere una bozza.
Poldo è depresso, ma non per l’onore di storico ferito, soprattutto perché non se la sente di ricominciare a spulciare documenti, altri libri, internet, ricerche e tesi universitarie. Diciamo che anche per lui siamo alla fine della storia. Decide che è tempo di rigirare la clessidra, di dare alla sabbia una nuova direzione. Sì, è tempo di cambiare lavoro. Ha bisogno di scrivere ciò che bolle nella sua mente, vuole dimostrare che la mente insegna, non gli errori degli altri in altri secoli e in altri mondi. Ed ha bisogno di un luogo tranquillo dove poter scrivere.
Torna dal direttore, bussa ed entra senza aspettare la risposta. Il direttore lo guarda e ironico dice: “Avanti, prego“. “Mi scusi” – replica Poldo – “volevo solo dirle che la storia non mi dà più niente e le offro la mia fantasia, che è meglio della memoria di fatti imprecisi o improbabili“. “Io invece le offro la libertà” risponde il direttore, e si rimette a leggere una bozza.
Poldo tace, gira sui tacchi come un militare e esce. Torna in ufficio e aspetta paziente l’ora di chiusura. “Chiudo io“, dice ai colleghi. Finalmente solo, apre tutte le porte, apre le finestre, ammucchia carta, libri e bozze e con un accendino appicca il fuoco, preoccupandosi di diffonderlo. Quindi chiama i vigili del fuoco ed esce. “Chissà se il direttore trarrà un insegnamento da questa storia” pensa sorridente, sicuro che ora gli offriranno un posto tranquillo dove scrivere.