Stufa di essere una persona speciale
La prima volta che ho visto Andrea passava di sfuggita dal corridoio dell’ufficio dove lavoravo. Di lì a poco sarebbe diventato il mio capo. Di lì ad un anno sarebbe diventato il mio uomo. Oggi Andrea è il mio migliore amico. Ha due figli dalla donna per la quale mi ha lasciata. E io lo ammiro, ha avuto coraggio di essere felice, di scegliere una strada, di decidere. Lo dico oggi, che le ferite sono guarite, che mi hanno resa più forte, più decisa, pronta ad affrontare anche le cose negative che la vita ti mette davanti. Ne ero certa che noi due eravamo fatti per essere amici. Più volte l’avevo fatto notare ad Andrea, durante le nostre lunghe chiacchierate, nelle quali provavamo a scoprirci.
Mi piaceva parlare con lui, più di ogni altra cosa al mondo. Mi piaceva il modo in cui sbucciava la frutta. Mi ricordava mio nonno. La stessa eleganza, le stesse mani lunghe, sicure. Mi incantavo mentre le muoveva e parlava. E mi raccontava. La sua era una vita ricca. Libera. Piena. La mia era quella di una giovane ragazza che ancora non sapeva chi era, né tantomeno dove voleva andare. Galleggiavo nell’apparenza, nascondevo l’essere. Lui mi ha guardata in faccia, mi ha amata, mi ha ferita, mi è stato vicino. Mi ha schiaffeggiato l’anima come nessun altro ha mai fatto. Mi ha distrutto l’immagine che mi ero cucita addosso, non so bene nemmeno perché. Mi sono sentita noiosa. Vuota. Spenta. Inutile. Una che non aveva niente da dire.
Mi ha lasciata. Tre, quattro, cinque volte. Ho perso il conto. Mi ha lasciata senza pietà, senza false scuse. Non era da lui inventare storie assurde per dirsi addio. Mi ha guardata in faccia, seduti al tavolino di un bar. Lui con i suoi dieci anni più di me. Mi disse che non vedeva futuro. Un colpo allo stomaco. Un pugno in faccia. Uno schiaffo a cinque dita. Continuò. Per lui ero troppo giovane, fragile, immatura. La mia fragilità lo spaventava. Quei lati di ombra e sole del mio essere che l’avevano inizialmente attratto erano diventati componenti di distanza. Ci avevano allontanato. Lui, con le sue certezze, con le solidità, con le fondamenta di cemento armato. Io che invece dovevo prendere ancora forma. Di me c’era un abbozzo, un segno a matita su un foglio. Segni che si potevano cancellare con un colpo di gomma.
Oggi però sono una persona diversa. Quel che sono oggi lo devo a lui. Non sono una donna perfetta. Ma sono una donna. Che si guarda allo specchio e si mette in discussione. Ogni mattina. Più sicura anche senza il trucco che nasconde i lineamenti. Dietro il quale mi camuffavo. Dietro i vestiti che raccontavano una persona diversa da quella che sono.
E io chi sono? Sempre la stessa, ma con più consapevolezza di me.
Te lo dico questa sera Andrea, una sera di luglio che ti vorrei vicino per un abbraccio fraterno. Quando sto bene, quando sto male, quando qualcosa di bello mi accade è te che chiamo. E’ con te che lo voglio condividere perché mi sei sempre stato vicino.Come l’altro giorno, quando al telefono mi hai detto: “Ci si innamora delle persone normali, non delle persone speciali”.
Già. Io sono stufa di essere una persona speciale. Tu ci sei riuscito, sei un uomo normale. Io, ancora, sono in cammino.