Tempo al tempo
Tempo. Argomento affascinante. Lucio Tempestini ne è sempre stato rapito. Tanto da diventare orologiaio. In realtà lui si definisce così, ma è un commerciante, non sa costruire o riparare gli orologi, li vende. Ma con passione, è felice di venderli ma sente tutte le volte un fitta infinitesima al cuore nel separarsi da un tic tic. Inutile spiegare che non ama molto né i digitali né gli elettronici. Senza meccanica, che orologio è? Senza la delicata e gentile opera sulla corona un orologio non si carica, è orribile cambiare la pila. Come comprare cibo pronto invece che cucinarselo.
Naturalmente lui vende tutto, ha un bel negozio, ma preferisce i clienti che condividono le sue passioni. A questi offre spontaneamente anche uno sconto, con gli altri è dispiaciuto ma inflessibile perché “Sa, i margini sono così ridotti“. E proprio questa mattina si presenta la cliente ideale. In realtà la prima cosa che ha notato non è stata la passione per gli scappamenti, ma lei stessa. Un’altezza media valorizzata da sette otto centimetri di tacchi, dai quali dipartono le gambe molto slanciate, interrotte sopra al ginocchio da una gonna nera diritta, sulla quale poggia una rebecchina di cachemere pervinca che, a metà percorso, fa un po’ fatica a stare chiusa, un bottoncino tira per la pressione dall’interno. Sulle spalle un grande scialle di visone a rete, verde cupo, valorizzato dai capelli biondi che lo sovrastano senza toccarlo. Sulla spalla una tracolla grande color castagna. Il viso è affilato e dolce nello stesso tempo, gli occhi verdi e scuri.
Lucio ha lavorato come uno scanner all’ingresso della signora. La signora (quaranta? quarantacinque?) si siede sul banchetto e chiede di vedere dei modelli da uomo: “Per suo marito?“, azzarda Lucio poco professionalmente, ma la signora scuote leggermente la testa e i capelli composti: “No, per me. Non sono più sposata. Mi piacciono gli orologi maschili” ed esibisce al polso destro un cronografo d’oro fine anni Cinquanta, con una mostra delicatamente opaca.
La signora guarda molti modelli, molto belli, mai troppo grandi ma sempre molto maschili. La conversazione va avanti, e non si sofferma solo sugli orologi. Poi la signora riguarda l’ora, si scusa e promette di ritornare, ed esce lasciando all’orologiaio l’unica gioia di vedere la silhouette che si allontana. Passano due giorni e la signora, con sorpresa di Lucio, ritorna. E’ più allegra e socievole, e anche più sportiva e più bella. Si rimette a sedere e l’orologiaio estrae tutto il possibile. Guarda negli occhi la signora, che lo ricambia mentre analizza le varie opportunità.
Dopo un bel po’ di tempo la signora decide: un bel cronometro d’oro con cinturino di cocco nero, costoso ma non costosissimo. Chiede che gli venga messo da parte, per tornare il giorno successivo: paga in contanti perché non ama il denaro di plastica. L’orologiaio l’accompagna alla porta, lei gli dà la mano, lui la prende e delicatamente, l’avvicina alle labbra senza toccarla e aggiunge quasi con un bisbiglio: “Sarebbe bellissimo poterla incontrare anche fuori di qui“. La signora ha una piccola risata allegra, lo guarda e risponde: “Perché no? A domani“. Lucio non sta più nella pelle. “E’ solo questione di tempo, solo questione di tempo. Né fretta né lentezza, solo il giusto fluire del tempo“, ripete a se stesso. Si rimette all’opera per riporre gli orologi, ma la sua testa è fuori per la strada a seguire quel movimento lieve e fluttuante già apprezzato due giorni prima. Si accorge solo in fondo che il tempo è volato via sotto forma di un grosso cronografo d’oro, maglia compresa. Se n’è andato con la sua vanità.