L’illustre Dea
Non avevo dubbi che tu fossi così, una Dea. Non avevo bisogno di andare a scoprire il significato del tuo nome per accorgermene. Tu, così guerriera, vittoriosa anche nella sconfitta, cavalcavi i sogni senza arrenderti. Ne hai sempre avuto uno da portare nel reggiseno, stretto vicino al cuore. Su quei seni enormi dove mi addormentavo ogni volta, caldi come un grembo materno. Tu mi hai insegnato a crederci in quei sogni. Lo hai fatto con i tuoi disegni, l’estro innato, la generosità nascosta da uno sguardo fiero.
Tecla. Il tuo nome non ti è mai piaciuto troppo e invece è bellissimo. Regale come l’antica Grecia, pieno, rotondo. Elegante come le sopracciglia lunghe e arcuate. Sembravano delfini che saltano nel mare. Già, il mare. Lo adoravi. Era la tua vita. Quella che avresti voluto tutti i giorni. Sarebbe bastata una piccola casa sulla spiaggia, un piatto di arselle da cucinare la sera, il sole che si spegne nell’acqua tingendo tutto di rosso. Intenso. Un foglio per appuntarci sopra la malinconia, con l’inchiostro intriso di una lacrima passeggera. E poi una risata. Rimanevo stranita ogni volta che ti vedevo piangere e poi ridere. Il pianto si mischiava all’allegria. A volte non capivo chi eri. A volte non l’accettavo chi eri tu, nonna. Troppo moderna per essere una nonna come quelle che hanno tutti. Tu eri altro. Eri molto di più. Non avevi i capelli grigi e la pancia morbida. Nè tantomeno la pelle senza trucco, non giravi con un biglietto dell’autobus in tasca. Non badavi a risparmiare che la vita è una sola. Succhiavi i desideri e mi ci portavi dentro, in un vortice impazzito.
Questo è stato il più grande regalo che potessi farmi, sai?
Oggi mi sveglio e sento di assomigliarti più di quanto non pensassi. Ho scoperto ieri che sono nata nel giorno del tuo onomastico. E adesso il cerchio si chiude. Tutto torna. Siamo legate a un doppio binario io e te. La stessa vita. A rincorrere sogni senza avere il coraggio di conquistarli. Manca sempre un passo in più nonna, per essere felici. Tu potevi farlo.
Dipingevi con naturalezza, scrivevi parole che sgorgavano come acqua pura su fogli di quaderno. Le tue poesie, le tengo dentro di me. La tua vita era in quei fogli che rileggo stamani, mentre fuori piove. E adesso vorrei le stesse cose che desideravi tu. Una bettola sul mare. Il salmastro che si attacca alla pelle. Una sdraio dove appoggiarsi. E te, di nuovo vicina.