Sarà che ballano ‘sta pizzica. Salento, la Puglia che non ti aspetti
Non vivo più senza te
anche se,
anche se
con la vacanza in Salento prendo tempo dentro me.(…)
Non vivo più senza te
anche se,
anche se
la luce cala puntuale sulla vecchia torre al mare.(…)
sarà che il vino cala forte più veloce del sole,
sarà che sono come un dolce che non riesci a evitare,
sarà che ballano sta pizzica, sta pizzica
Non vivo più senta te, cantava Biagio Antonacci nel 2012: quel ritornello è stato il tormentone dell’estate. E, volendo trascurare quel che sia stato con la signora la cui bocca punta sempre più a sud, resta del vero in quella canzone. Perché la Puglia e il Salento offrono al visitatore emozioni irripetibili.
Una costa il cui mare non ha niente da invidiare alle spiagge tropicali più blasonate, limpido pure d’inverno, trasparente quando piove, sorprendente ad ogni anfratto, e davvero tutto da scoprire nel suo succedersi d’insenature e di rocce multicolori, rosse d’argilla e bianche d’un tappeto d’infinite conchiglie, colmo di una fauna sorprendente ed esuberante, che lascia senza fiato.
(…) il tempo che passa non vede che viti e ulivi, tanto che chi viaggia crede che tutto l’olio e il vino del mondo si producano lì (…)
Materie prime che sono la quintessenza della genuità e della tradizione rurale del nostro meridione, dove il senso dell’ospitalità è pari solo a quello dell’onore, e rifiutare un bicchiere di vino, di sicuro sempre offerto, è offesa grave e forse anche peccato mortale.
Centri con vite notturne da bere, ma anche masserie appartate dove il silenzio si fa davvero ascoltare, e la pace vivere.
Siamo stati in Salento, vi raccontiamo il nostro itinerario.
MASSERIA BAGNARA RESORT & SPA, IL RISTORO DEI SENSI
Il sole batte rapace sull’asfalto infuocato quando arriviamo alle bianche mura che cingono la Masseria Bagnara Resort & Spa. Ad accoglierci Iolanda, che ci farà da cicerone per tutta la durata della nostra breve permanenza.
Essenzialità è la parola giusta, quella che più s’attaglia a questa Masseria, dove il buon gusto e lo charme sono ricercati rifuggendo l’ostentazione del lusso, dove persino il paesaggio usa discrezione e s’adatta alle linee architettoniche, dove pare che tutto si plachi, diventi mite, si faccia sereno.
Una serenità che diventa dell’anima, una coinvolgente parentesi sensoriale dove ritrovare se stessi, o lasciar cadere nell’oblio le frenesie che il vivere moderno c’impone.
Questo era il desiderio di Alessandro Pagano, dominus della struttura, ma anche primus inter pares tra i suoi collaboratori, veri interpreti del verbo dell’ospitalità salentina in grado di fare del soggiorno di ognuno dei propri ospiti un’esperienza da dover ripetere.
La tavola è, alla Masseria Bagnara, lieta come la permanenza, in una proposta che si estende, nell’equilibrio dei sapori, dalla tradizione locale più semplice e genuina ad accostamenti più azzardati, ma sempre ben dosati e sempre senza perdere di vista il lume della qualità, che di certo ispira lo chef.
Si perde, nel frangente, il gusto della scoperta: la Masseria impigrisce col suo ozioso silenzio, rendendo ben presto superflua la caccia al ristorante migliore del circordario, una volta raggiunta la certezza di ritrovarselo intra moenia.
MASSERIA SAN DOMENICO, LA BELLEZZA HA INCONTRATO LA PERFEZIONE
Ci spostiamo verso l’Adriatico Salentino, in direzione Fasano, percorrendo l’antica via Traiana fin quasi dove il Salento cede il passo alla Murgia e alla Terra di Bari. Le brulle distese di ulivi fanno spazio lungo il cammino a una vegetazione più florida, e il vento della sera si riempie di nuovi odori. La penombra ci sorprende a pochi chilometri dall’antica Egnazia, primario centro di smistamento romano dei prodotti dell’entroterra verso i porti dell’Oriente, cantata da Orazio e resa celebre dalle ceramiche dal fondo nero lucente, che descrivono le feste dionisiache della tarda età imperiale.
Perduta nell’ombra scorgiamo la Masseria San Domenico, nostra meta, e percorriamo lentamente i lunghi sentieri che vi conducono, attoniti per la magnificenza dell’edificio principale che si staglia contro la Luna brindando al suo candore, circondato da ulivi secolari.
Un brindisi mesto e nostalgico, che pare indugiare melanconico al ricordo dei tempi andati che videro – e par di vederli ancora! – i Cavalieri di Malta aguzzare gli sguardi oltre le caditoie della Torre per scorgere in tempo l’avanzare degl’Infedeli.
L’accoglienza, degna del fregio che proviene dall’appartenenza all’esclusivo consorzio dei Leading Hotels of the World, prosegue a cena, dove un Primitivo di Manduria dei vitigni massari, dalla spiccatissima personalità, accompagnerà pietanze che la migliore cucina locale potrebbe ben prendere a riferimento, non tanto e non solo per l’impatto del gusto, ma soprattutto per l’armonia dell’interpretazione.
La camera riservata parla dell’ospitalità italiana, di un lusso elegante e netto, concreto, che sa accudire l’ospite senza esitazione, certo d’un bagaglio d’esperienza che è frutto di duro lavoro e figlio dell’orgoglio d’offrire un’esperienza d’alloggio che rientra a pieno titolo nell’eccellenza dell’hôtellerie italiana.
Stupefacente la cura dei dettagli, sorprendente la sensazione di assoluto riguardo per il buon soggiorno di chi la camera ospita.
Il silenzio domina il risveglio, la penombra lo rende morbido. Il sole con timidi sguardi proietta lunghe ombre affacciandosi lungo i cortili alberati, maestosi nelle dimensioni, agorafobici persino se non incutessero con prepotenza una grande sensazione di serenità.
Dopo aver goduto d’una colazione mediterranea in linea col riguardo che si riserva all’ospite più gradito, scopriremo la Masseria, inforcando le comode biciclette messe a disposizione dei clienti.
Padrona di casa incontrastata è una enorme quanto incantevole piscina di acqua salmastra filtrata incastonata nelle rocce naturali, cui fa da contraltare una seconda piscina dalla vocazione più intima e riservata, specchio lacustre immerso tra gli ulivi, ad assicurare maggior discrezione.
Uno dei migliori centri italiani di Thalassoterapia e Spa, un campo da golf vista mare a 18 buche, par 72, e una spiaggia riservata a pochi metri dall’ingresso principale della Masseria, completano l’offerta di un luogo che ristora i suoi ospiti con grande personalità, come pochi altri sanno fare.
GROTTE DI CASTELLANA, L’ANTRO DEL DIAVOLO
A Castellana Grotte c’è un grande buco tra due alberi. Una voragine enorme e nera, nella quale se una cosa cadeva era perduta per sempre. Gli abitanti lo sapevano. Quello è l’antro del Diavolo, e sono orribili le grida che provengono da laggiù, e i bambini non vi si devono avvicinare.
Da Savelletri di Fasano percorriamo la litoranea dei ricci, famosa per l’offerta gastronomica delle tante piccole trattorie prospicienti la strada, in direzione delle Grotte di Castellana.
Ed usciamo piccoli come mai prima, inorridendo al pensiero che il prossimo centimetro di roccia non toccherà a noi vederlo, non potremo vederlo mai
Tra precipizi, burroni, muschi e licheni, stalattiti, stalagmiti (voi le sapete distinguere?) e colonne, il percorso si snoda in un ambiente sotterraneo dove nessuno potrebbe stupirsi, a un certo punto, d’incontrare folletti minatori, o un drago alato intento a vender cara la pelle al cavaliere di turno.
E infatti gli incontri particolari si fanno eccome; c’è il Gufo, la Lupa, il Serpente e la Torre di Pisa e la Madonnina, tutte rocce battezzate dalla loro stessa forma, e moltissime altre ne potrà inventare il visitatore, che non esiterà lungo il cammino a dare il proprio senso alle granitiche corna o al dito medio esibito da una cuspide sbriciolata di calcare, fino a giungere alla magnifica Grotta Bianca, chimerica meta del lungo viaggio, che poi parrebbe gialla, ma la guida assicura che è bianca, anzi bianchissima, ma la luce artificiale la fa apparire così, e tant’è, che ci vuoi fare, quando cambiano le luci sarà sempre troppo tardi.
Un panorama mozzafiato che evoca i fantasmi della laboriosità della natura, del gutta cavat lapidem, dentro cui sentirsi piccoli come formiche nel proprio nido, ingoiati dalla madre Terra e infilati nel suo corpo, irriverenti, a scorgere con meraviglia forme levigate dall’acqua nei millenni, e rocce che per allungarsi d’un centimetro ci mettono cent’anni. Quanto e più d’una nostra vita intera.
Ed usciamo piccoli come mai prima, inorridendo al pensiero che il prossimo centimetro di roccia non toccherà a noi vederlo, non potremo vederlo mai.
Lo vedranno per noi un giorno, forse, i figli dei nostri figli.