Frida, la più selfie!
Secondo voi Frida Kahlo era davvero così simpatica?
Ora che la mostra a Roma a lei dedicata è agli sgoccioli, posso permettermi alcune insinuazioni volutamente provocatorie.
Sia chiaro che amo la sua arte e la sua umanità. Ma mi chiedo: Frida, come persona e potenziale amica, ci sarebbe stata simpatica? Non sono tante Frida tutte quelle artiste pazze di paesini da cui ci allontaniamo perché ci ossessionano con la loro interiorità turbata e lievemente pazzoide?
Dipingeva se stessa perché è il soggetto che conosce meglio, diceva: vi figurate ascoltarla mentre ci parla solo di sé? E questo amore folle per Rivera al punto di dipingerselo in fronte in qualche autoritratto: forse ci avrebbe riempito la testa anche di chiacchiere su di lui? Sarebbe forse stata una di quelle persone che quando si tenta di fare un racconto personale danno su con la voce parlando di sé? Mi è sorto questo dubbio. Da ignorante, lo ammetto: la provocazione sta nel chiedere una risposta anche a chi ne sa di più. Ve la immaginate la Frida oggi con un cellulare in mano e Facebook davanti agli occhi, quanto ci avrebbe riempito la home page con le sue selfie con scimmie ed animaletti vari? Ve la immaginate Frida ed il suo monociglio insieme alla troupe di ragazze che protestano decidendo di non depilarsi?
Ricordo un’amica quando mi disse: la mostra di Frida è bellissima ma ne esci in uno stato leggermente alienato perché per ore non hai visto che il suo volto replicato in mille varianti. E questo è, in gran parte, se si escludono i quadri di Rivera presenti nella mostra, quelli in cui Frida ritrae Rivera e qualche altra persona, qualche natura morta che è più viva che morta. Perché vita e morte sono così comunicanti, a mio modesto parere, nei suoi quadri. Perché la morte, ad esempio, la rappresentano simpatici cagnetti – presunti accompagnatori nel viaggio verso la fine della vita. E perché uno dei suoi ultimi quadri, una natura morta appunto, si chiama “Viva la vida”.
Chissà se invece oggi, in questa mediatica esaltazione di sé, forse Frida Kahlo si sarebbe rivolta ad altro, perché il suo rivolgersi a se stessa e ritrarre se stessa le sarebbe forse risultato più banale che altro.
Mi sarebbe piaciuto giocare al cadavre exquis, passatempo surrealista, con la Kahlo e vedere che mostriciattolo sarebbe emerso.
Forse quell’egocentrismo eccentrico mi avrebbe a tratti irritata, ma mi avrebbe affascinato il suo amore per la libertà che l’ha portata anche appena arrivata negli States a soffermarsi sulle vetrine decorate per l’Indipendence Day e ritrarle pensando alla sua indipendenza personale. Mi sarebbe sembrato un po’ naif, oggi, il suo amore per quella libertà tutta nordamericana, per la Statue of liberty che ha ritratto con fermento. Mi avrebbe smosso nel profondo quel suo malessere interiore calciato via o forse sublimato dipingendo colori, colori ovunque e cocomeri, animali esotici ed altri frutti.
Mi chiedo come faccia tuttora la Kahlo ad appassionare così tanto, rispetto ad altri artisti. C’è in ballo la sua umanità, certo. Un autoritratto replicato a mille ed una storia nascosta dietro parlano più di mille paesaggi dipinti. La Kahlo ci appassiona perché dietro c’è la sua storia, il traumatico incidente, la passione e la malattia, il turbamento. Ma se dietro c’è la sua storia, è vero anche che invece davanti ci stanno le iconcine del pop in cui quella stessa storia è semplificata, ridotta in pillole, elementi minimi sufficienti per farne un orecchino, un bracciale, un poster, una collana.
Un’icona.
Chissà se a Frida Kahlo sarebbe piaciuto, lei che in fondo era così selfie.