Quel coltello piantato in gola
Sarò turpe e malcreato, ma io il video della decapitazione di James Foley l’ho visto per intero.
Perché se quel giornalista americano ha avuto un coltello ficcato in gola, allora sento che un pugno nello stomaco devo infliggermelo, e vederlo morire per mano di quell’uomo incappucciato.
Vederne la gola segata via con furia cieca e irrazionale, con l’accanimento che noi riserviamo ai formaggi a pasta dura, e niente più. Vedere il sangue zampillare tra le dita nude dell’aggressore e farsi strada tra i denti del coltello. Sentire l’urlo di James, quell’accenno d’urlo subito soffocato dall’impossibilità di urlare ancora, senza una gola. Subirne lo strame delle carni. E chiedermi con angoscia, con strazio, se sarà morto subito, se avrà sofferto. Certo, ha sofferto. Non è la morte indolore che si augura al nonno. Ma quanto ha sofferto? Quanto intensamente? Per quanto tempo? Noi, noi che vediam le stelle quando di notte urtiamo il mignolino contro la porta mentre andiamo a pisciare, non possiamo capire. Non potremo mai capirlo, né finanche immaginarlo.
Mentre parlavi lo sapevi, James, che stavi per essere ucciso? Di un po’: lo sapevi?
E lui, il carnefice, l’assassino, l’arabo bastardo capace di compiere codeste empietà, sarà davvero una bestia come appare? Quali motivi l’hanno mosso? Quali propositi l’hanno armato? Cosa l’ha reso così feroce, e assetato di sangue innocente eretto a simbolo del nemico? Era la prima volta o il suo coltello ha fatto saltare via altre teste? Cosa starà facendo adesso? Si sarà mai innamorato? Cos’avrà provato nell’uccidere un uomo come un agnello? Avrà dormito, quella notte?
Quell’uomo è morto per noi, per raccontarci quei posti, questi tempi, quegli uomini. Anche quello che l’ha ucciso. Per questo ho voluto vederlo morire. Per rispetto. Per questo ho voluto spendere venti minuti del mio tempo per trovare in rete il video integrale della barbarie. Non è stato facile, e internet posso ben dire di saperlo frugare.
Non è gusto dell’orrido. Se mi capita di passare dalle parti di un incidente stradale, non mi troverete mai a curiosare in mezzo al capannello. Se in mezzo c’è un morto o un ferito, uomo, donna o bambino, non lo voglio sapere, non perché non m’importi, non per indifferenza, ma perché il giorno in cui mi slogherò la caviglia in pieno centro storico e sarò riverso in terra non vorrò averne, di curiosi intorno a me. Mi basta che abbia i suoi soccorsi, e me ne vado: mi curo di loro, non guardo, e passo.
Quell’uomo è morto per noi, per raccontarci quei posti, questi tempi, quegli uomini. Anche quello che l’ha ucciso. Per questo ho voluto vederlo morire. Per rispetto.
E’ la pornografia della morte, cifra di un’epoca dove il sesso è del tutto sdoganato, e la morte censurata come non ci fossero vittime, ma cazzi, non cadaveri, ma vagine. Della morte non si deve parlare. Non c’è, non esiste. E se esiste è sterile, non prolifica, è di plastica e non di carne e sangue e ossa. Va censurata, sterilizzata. Hai visto mai che si diffonda in Occidente, il vizio di morire.
Sono cristiano, e state certi che se mi fossi trovato da quelle parti in quei tempi, avreste potuto vedermi sul Golgota in prima fila. Avrei voluto vederlo morire, nostro Signore. Capire quel che gli si stava facendo. Vederlo parlare coi ladri, appeso alla croce come un salame, in attesa che tutto si compia. Una volta vistolo, avrei avuto senz’altro più fede.
Non è gusto dell’orrido. E’ rispetto. Quel che mi spinge a violentarmi gli occhi è la considerazione che quando il fatto è importante, esso merita un approfondimento importante. Non mi lascio imporre le censure, anche se la verità è dura, scomoda, da sopportare. Il suo prezzo sarà lo scandalo, e coltivo insieme la speranza e la malriposta presunzione di avere anticorpi sufficienti per realizzare i miei filtri da me.
E’ troppo comodo altrimenti attribuire ragioni e torti dai nostri divani, noi che in un lampo siamo diventati tutti avvocati e antintegralisti da salotto e da strapazzo, ma anche questo solo per un attimo, che poi c’è la partita, e non si dovrebbe parlare di queste cose mentre siamo a tavola, che schifo però questi notiziari, ma non ci pensano che ormai i bambini (e anche noi) sono (siamo) svegli fino a tardi?
se mi fossi trovato da quelle parti in quei tempi, avreste potuto vedermi sul Golgota in prima fila. Avrei voluto vederlo morire, nostro Signore.
Fatevi coraggio e guardatelo anche voi. E dopo, solamente dopo, sarà possibile parlare della ragione e del torto, altrimenti non si sa neanche di cosa stiamo parlando. Ma non subito. Metabolizzatelo prima.
Io l’ho fatto, e la mia angoscia si moltiplica al pensiero che quell’uomo, quello che uccide, quello che parla così bene la lingua del suo nemico, non è meno uomo di quello che muore. In questo, quel grillino di Di Battista c’ha azzeccato, e mai più d’ora è urgente capire fino in fondo le ragioni del carnefice, per evitare ulteriori carneficine.
Grazie James, grazie di tutto. Sul serio. Anche se ho scoperto che esistevi solo a causa della tua morte così atroce, che speriamo sia servita almeno a qualcosa. Non ti meritavi di finire così. Davvero, non lo meriterebbe proprio nessun essere umano. Neanche il tuo assassino. Speriamo che la tua morte possa servire almeno a far capire questo.
Ti sembro stronzo? Scusa, sto provando solo a mettermi in un punto di vista diverso dal mio, magari mi convinco. Non ti sembro stronzo? Spiegami perché nei commenti. E se vuoi approfondire, vai a leggere quaggiù la presentazione di questa mia rubrica.