Se chi ti dovrebbe aiutare ti picchia
L’ultima notizia è di pochi giorni fa, ultima di una lunga serie di atti deplorevoli nei confronti di persone indifese. Dodici individui – giuro che d’ora in avanti mi sforzerò di chiamarle persone – sono stati arrestati per aver maltrattato, picchiato e umiliato delle persone con disagi psichici, persone le cui cure erano state affidate proprio a loro.
Ora, passi lo schifo di vedere qualcuno che per sentirsi forte ha bisogno di prendersela con i più deboli – cosa comune nella vita di tutti i giorni seppur in forme meno eclatanti; passi pure il fatto che chi ha un disturbo mentale è, insieme ai bambini, tra i più deboli in assoluto. Voglio sforzarmi di tralasciare per un attimo queste cose. Quello che proprio non riesco a mandare giù è il fatto di venire danneggiati proprio da quelli che dovrebbero aiutare.
Pensateci: all’improvviso vengono delle persone e cominciano a picchiarvi, allora voi correte spaventati in cerca di aiuto. Andate verso un negoziante, un poliziotto, o anche solo un passante, e quello che fa? Comincia a picchiarvi pure lui, anzi, vi immobilizza e urla agli altri: “Eccolo qui, l’ho preso!”. Come vi sentireste? Mi azzardo a dire che la gran parte di voi si sarà data questa risposta: senza via d’uscita. Questo esempio molto banale (e anche abbastanza approssimativo) è utile per un motivo: potremmo equiparare l’avere un disturbo mentale all’aver preso schiaffi per tutta la vita, sia metaforici che fisici, spesso senza aver avuto la forza, la consapevolezza o la possibilità di decidere di farsi aiutare.
Proprio per questo il ruolo di chi lavora con queste persone, sia esso uno psicologo, un operatore o un infermiere, è estremamente delicato: noi non siamo chiamati a mettere un timbro e una firma, non risolviamo le dispute legali delle persone né gli affettiamo i salumi – tanto per dirne alcune – il che non vuole affatto dire che il nostro lavoro sia “meglio”, ma solo che lavoriamo con le persone in momenti per loro di grandissima fragilità. Gesti del genere da parte di chi diventa il tuo principale punto di riferimento fanno sentire dannatamente in trappola, e il loro impatto su una psiche già danneggiata può avere conseguenze drammatiche. Tutto ciò viene inoltre aggravato dalla difficoltà nel comunicare che spesso hanno queste persone, e dal fatto che non sempre vengono credute quando parlano (“Quello è pazzo!“), soprattutto in ambienti istituzionalizzati.
Un’altra cosa che mi chiedo poi è questa: ve l’immaginate se andaste a fare benzina e il benzinaio vi tirasse la pompa in faccia, o più semplicemente si rifiutasse di farvi rifornimento? Se ci aspettiamo che il benzinaio – come chiunque altro – faccia il proprio lavoro ogni giorno, per quanto faticoso o frustrante esso sia, non vedo perché queste persone dovrebbero sottrarsi allo stesso principio (con tante persone senza lavoro che si farebbero in quattro al posto loro, populismi a parte). Ci aspettiamo che il barista faccia il caffè; che il custode apra i cancelli della scuola ogni mattina; che i corrieri consegnino il pane, il latte, la mozzarella e tutte le cose che ci piacciono fresche fresche; che se chiamiamo il 118 qualcuno risponde.
Tutto questo mi porta a interrogarmi sulle soluzioni, come penso dovrebbe fare chiunque abbia a cuore le questioni. Mi distanzierei da quelli che sadicamente augurano lo stesso trattamento ai figli degli operatori arrestati, così come da quelli che vorrebbero mettere telecamere ovunque: il Grande Fratello – quello vero, orwelliano – non mi pare la soluzione migliore ai problemi.
Come sempre forse volo troppo alto, e penso che la soluzione risieda in una migliore educazione, in una tutela costante della salute mentale delle persone, più che nella cura della malattia, in un contesto che cerchi di eliminare tutti i tipi di emarginazione e sia vicino alle persone, facendole sentire come parte di una famiglia. Così, a mio parere, si riducono i comportamenti devianti. Con una società migliore. Con tutte quelle belle cose che sembrano sempre così lontane e irrealizzabili, ma che quando guardo quanta passione ci mettono alcune persone nel loro lavoro mi sembra quasi di toccare con mano.