Un cuore semplice (e un pelapatate)
In un B&B vi hanno mai accolti con almeno duecento libri sparsi nella stanza d’ingresso? E non accostati sui soliti scaffali, ma poggiati in pile tematiche di sette o otto libri? Una è tutta Virginia Woolf, un’altra mette insieme la civetta di Sciascia e gli scritti premorte di Vonnegut.
I gestori la sanno lunga, in TV non c’è niente che meriti di essere guardato, solo televendite, dalla maglietta in bioceramica alle illuminazioni per discoteche passando per improbabili gioielli museali e pelapatate ultima generazione. Meglio prendere un libro, e non uno a caso, uno bello bello: Tre racconti, di Gustave Flaubert.
E mentre su Capital TV una Bonnie Tyler d’annata canta It’s an heartache, io entro nella prima pagina di Un cuore semplice. La storia di Felicita, una governante che alla padrona costa solo 100 franchi l’anno e che per questo motivo tutte le borghesi di Pont-l’Eveque invidiano alla signora Aubain.
Bel modo per cominciare un racconto, se costa così poco chissà cosa combinerà, quali le sue doti, quali le sue capacità. Nessuna. Raccoglie solo quello che avanza dalla vita, dalla vita della signora, dalle vite di tutti quelli che muoiono prima di lei.
Felicita arriva giovane a casa della signora Aubain che cercava una cuoca. La signora Aubain è vedova, ha due figli, Paolo e Virginia. La seconda morirà dopo che era stata mandata in collegio per migliorare la sua educazione; Paolo, dopo un po’ di anni ad accumulare debiti che la madre poi paga, fa un buon matrimonio con una ragazza odiosa. Muore la signora Aubain sputando sangue.
Dove sta la genialata di questo racconto? In un pappagallo che si chiama Lulù e che a Felicita arriva da una signora che dovendo traslocare non può portarlo con sé. É un pappagallo insolente, che scagazza da tutte le parti e che la signora Aubain non sopporta. Felicita lo porta nella sua stanzetta, il pappagallo impara alcune frasi da Felicita, si ammala ma Felicita lo cura. E quando muore per una congestione, Felicita lo fa impagliare e lo mette nella sua stanzetta, insieme ad una giacca del marito della Aubain, del capellino tarlato di Virginia, della scatoletta decorata con conchiglie regalata dal nipote Vincenzo morto a L’Havana. Muoiono tutti presto in questo racconto, tranne Felicita. E quando ci sono da abbellire i repositori, tra pizzi e vasi di fiori, Felicita riesce a piazzare il suo pappagallo impagliato che è per lei la vera immagine dello Spirito Santo – perché una colomba? Quella non parla!
Quando arriva il momento di Felicita, sul letto di morte a lei sembrò di vedere un pappagallo gigantesco che planava sulla sua testa.
Meglio di un pelapatate con undici funzioni.