Sei mai andato a una festa erasmus?
Cari lettori, il mio erasmus volge alla fine, lo sapete già. Eppure mi son resa conto di avervi parlato di cibo, città, lingue, tradizioni, cieli, eppure mai delle feste erasmus. Le feste erasmus meriterebbero un capitolo a parte.
Se mai dovessero invitarvi ad una festa del genere, accettate subito e sorridete, perché sarà una di quelle serate che difficilmente dimenticherete (o ricorderete). La caratteristica che più adoro è il miscuglio interculturale di invitati. Gli studenti erasmus tendono a fare amicizia con i giovani stranieri di tutte le università della città per ovvi motivi logistici e culturali. Condividono la stessa esperienza di vivere all’estero, sono quasi coetanei, e incontrano le stesse difficoltà e gioie nel vivere la città. E tutti loro vogliono godere al massimo dell’avventura all’estero nel fiore della loro giovinezza.
Le associazioni studentesche fanno da collante insieme ai legami nati dallo sport, dal volontariato o dal bar che vende cicchetti a un euro, e alla fine la rete sociale si infittisce al punto da far pensare che dopotutto ogni grande metropoli è un paese.
Poi ci sono le connessioni del tipo: coinquilino/amicodellacoinquilina/compagno d’universitàdell’amicodelcoinquilino/amicofinlandeseinvisitaincittà/compatriota/ragazzosimpaticoconosciutopercaso e il gioco è fatto.
È pur vero che le feste classiche con gli amici di sempre restano una costante encomiabile nella vita: passare il tempo a chiacchierare con le persone che ti conoscono da sempre e con le quali hai convissuto molto conserva un qualcosa di quasi sacro e immutabile; un qualcosa di necessario.
Ma una festa erasmus con la sua frenesia di novità è un portale aperto su un nuovo mondo con persone che con sai dove hanno fatto la scuola, non ne conosci i nomi dei genitori, né sai se sono mai state innamorate, ma che proprio per questo sono una scatola chiusa da spacchettare. Il gatto dentro sarà vivo oppure no, la persona nuova che ci sta davanti potrebbe essere noiosa e bugiarda, oppure super interessante, oppure la persona della nostra vita, il paradosso sta proprio nel mistero dell’aprire la scatola e ficcarci dentro le mani, con curiosità, per scoprire.
Venerdì pomeriggio l’idea di organizzare una festa mi è balenata in testa fra una pièce di Afred de Musset e una poesia di Yeats. Un motivo vero è proprio non c’era, ma mi piace pensare di non necessitare di un motivo per festeggiare qualcosa, perché fermandosi un attimo qualcosa degno di essere festeggiato lo si trova sempre. Esercizio: pensate di organizzare una festa, che so, per la prossima settimana; che tema vi verrebbe in mente per la serata, e cosa celebrereste? Risposte come il compleanno del gatto sono passabili, ma metteteci un po’ di impegno e trovate un motivo sentito per il quale varrebbe la pena alzare i bicchieri.
Io ho deciso di festeggiare i fiori; sì sì, proprio i fiori. Ma non è stata una di quelle feste hippie che fa tanto cool, con ciondoli della pace made in China appesi al collo e foto in posa con le dita in segno di vittoria; no, volevo che si festeggiassero proprio i fiori nel loro simboleggiare la vita e i colori. I fiori come stendardo della primavera che ci illumina e profuma le giornate, come piacere estetico per gli occhi, come prova della diversità delle nostre forme. E, con il loro appassire, come promemoria della nostra precarietà, dell’essere qui insieme chissà perché e chissà per quanto, perché è questo il retrogusto dolceamaro delle feste erasmus. Saltellando a suon di musica e risate da un chiacchierio all’altro, cambiando lingua tre o quattro volte nel giro di pochi metri, immergendosi e sguazzando da un argomento all’altro, può capitare di fermarsi un attimo e pensare all’irripetibilità di quella esatta baldoria. Ok che siamo tutti unici e ogni giorno è irripetibile, ma quando si riuniranno più questi pezzi ambulanti di Argentina, Francia, Svizzera, Brasile, Italia, Spagna, Inghilterra, tutti sorseggiando, ricoperti di fiori, sorridenti, su una terrazza nel Raval, in una notte tiepida di maggio? Probabilmente mai più.
E quindi fiori alla mano e cuore leggero, che per sentirsi ricchi basta una bruschetta col pomodoro fresco e una discussione stimolante. Le feste erasmus sono le più semplici e riuscite, le più speziate e le più divertenti. Nessun buttafuori e nessuna lista all’entrata; bibite economiche portate da casa e atmosfera familiare a lume di candele colorate. Temi spassosi e nessuna fila al bagno. Musica di sottofondo che ti consente di parlare con la gente senza sforzare le corde vocali, possibilità di spostare le sedie a piacimento, di fumare al chiuso e di sedersi a terra. Di foto il giorno dopo ce ne son sempre poche, perché tutti sono così presi da qualcosa, da dimenticare di immortalarsi.