Non c’è più niente da ricordare
…e arriva il momento in cui non c’è più niente da ricordare. O meglio, niente più ricordi da raccontare. In realtà la memoria degli anni verdi, di quando sei bambino o ragazzo, prima che il mondo adulto ti assalga con tutti i suoi problemi, non scompare mai. È noto che anche gli anziani perdono la memoria recente, ma non dimenticano i fatti della loro gioventù, ben vivi dentro di loro.
Non tutto quello che si ricorda però ha valenza pubblica e quindi è giusto tenerlo per sé.
In questi mesi ho raccontato un po’ dei miei ricordi, giusto per fissare quei momenti indelebili e meritevoli che capitano a ciascuno solo vivendo. A volte ho fatto dei paralleli con il tempo presente, scoprendo differenze enormi in oggetti, usi e costumi, insorte nel giro di pochi anni. Alle volte invece ho ritrovato una sorta di corsi e ricorsi nelle mode e nelle usanze.
Di cosa avrei potuto parlare ancora?
Forse delle canzoni. Ero un’appassionata di musica leggera, guardavo tutti i festival di Sanremo, i Festivalbar, i Discoring. Imparavo i testi delle canzoni, come fanno ancora oggi i ragazzi. Da quello che ricordo le canzoni per un certo periodo hanno avuto testi e contenuti piuttosto arditi. Volendo pur prescindere dalla famosa Je t’aime moi non plus, praticamente un atto amoroso, diciamo così, messo in musica, censurato da tutte le radio e figuriamoci dalle televisioni.
Tra le parole, nelle canzoni, si ritrovava molto sesso, molta trasgressione.
Per dire, chi non ricorda Pensiero stupendo di Patty Pravo? La tentazione di un rapporto a tre che alla fine appare molto più che un’ipotesi.
E tu
E noi
E lei
Fra noi
Vorrei
Vorrei
E lei adesso sa che vorrei
Le mani le sue
E poi un’ altra volta noi due
Vorrei per amore o per ridere
Dipende da me
E tu ancora
E noi ancora
E lei un’ altra volta fra noi
Le mani questa volta sei tu e lei
E lei a poco a poco di più, di più
Vicini per questioni di cuore
Se così si può dire
Dirò
Anche il Triangolo di Renato Zero era sullo stesso genere. Magari più scanzonato, ma il senso era chiarissimo, specie per via della dichiarazione che pur non avendo mai considerato un certo tipo di triangolo, la geometria non è certo un reato e dunque… alla faccia di certa omofobia che impera oggi.
Parlando di amore più tradizionale, spesso le ragazze di cui trattavano le canzoni erano adolescenti che perdevano la verginità con l’uomo esperto. Per esempio All’improvviso l’incoscienza di Roberto Soffici lascia capire come quella che ha per le mani non sia proprio una donna navigata.
E lasciami appoggiare un po’ la testa sopra il tuo seno
adagio adagio con la tua dolcezza mi sfiori la mano
ed un brivido mi increspa la pelle
mentre lasci cadere lo scialle
le tua calze colore di mare
giù dal letto le vedo volare
e nell’ombra il profilo del corpo immaturo che hai.
Le donne poi potevano cantare tranquillamente della loro voglia di sesso (Nell’aria, Marcella).
Aria
Nell’aria
Voglia di te.
È domenica e tu chissà che cosa fai
ti rivedo sempre lì che mi dici che mi vuoi
la mia voglia è grande, è scandalosa ormai
c’è una gatta accanto a me e non rinuncia a lei.
Aria, ti respiro ancora sai
Nell’aria, ti scaccio ma ci sei
Voglia, tanta voglia dentro me
Una febbre che mi assale, io mi sento così male.
Spero solo che non bussi un uomo adesso
mi comporterei come non vorrei
la mia mente è chiara , ma a volte è più forte il sesso
la mia gatta è ancora lì, non parla ma dice sì
Se non erano virginali o vogliose, poteva essere che avessero “un corpo di chi ha detto troppi sì”, ovvero, andavano più o meno con tutti, ma pazienza (Anima mia, Cugini di campagna).
Per non parlare di tradimenti vari, che quelli accadono sempre, a tutte le epoche. Prendiamo Tanta voglia di lei, celeberrimo successo dei Pooh, che ho adorato fino alle lacrime, e che si traduce in: come andare a letto con l’amante avendo in mente la moglie, e poi dare il benservito alla compagna di una notte con tanto ipocrita dispiacere. E di storie così ce n’è a bizzeffe.
Questi sono solo alcuni piccoli esempi, i primi che mi vengono in mente.
L’impressione è che nelle canzoni moderne non ci sia una tale forza provocatoria.
L’impressione è che nelle canzoni moderne non ci sia una tale forza provocatoria. L’eros forse spunta qua e là, ma è un immaginario erotico normale, fatto di amore e passione, di abbandoni e depressioni, ma ben poco di trasgressione. Ma poiché non sono più molto ferrata in materia musicale (nel tempo gli interessi cambiano), potrei anche sbagliarmi e allora evito di fare paragoni. Tengo il tutto per me.
No, non parlerò di canzoni.
E allora di che altro avrei potuto parlare in questa mia rubrica?
Del periodo dell’Austerity?
Chi è stato adulto o bambino negli anni Settanta sa di cosa parlo. Una grande crisi economica ma soprattutto energetica legata all’embargo del petrolio proveniente dai Paesi mediorientali per motivi politici.
Di colpo l’Italia si ritrovava senza risorse per produrre o semplicemente vivere al livello cui si era abituata da un decennio.
L’elettricità era razionata, di sera le insegne dei negozi erano chiuse, il riscaldamento limitato a certi orari e chi aveva come noi in casa una stufa a cherosene rischiava di fare ore di fila al distributore per poi nemmeno trovarne. Soprattutto la circolazione delle auto nei giorni festivi venne prima proibita e poi concessa a targhe alterne. E la benzina toccò prezzi esorbitanti!
Erano giorni neri.
Sono giorni neri anche oggi, e come allora la benzina costa cara, ma i negozi, quelli che non falliscono, sono aperti, si incentiva al consumo senza averne le possibilità. Spesso si perde il lavoro. Un clima che porta a una depressione che non ricordo ai tempi dell’Austerity. La gente allora si adattava e la domenica senza auto alla fine divenne una specie di festa e incentivo ad andare in bicicletta o a piedi o perfino a cavallo. Non si perse la speranza che il brutto momento sarebbe passato.
Oggi invece l’angoscia prevale, i soldi mancano e la gente si suicida. All’epoca il Governo adottò misure estreme per far fronte al momento. Mentre ora non si ha il coraggio di cambiare, di togliere i privilegi a chi ne ha a bizzeffe e l’empasse che ne deriva è sfibrante.
Forse non è andata esattamente così come la racconto, ma questo era ciò che vedevano i miei occhi di bambina. Ecco perché no, non posso parlare nemmeno di politica.
E allora di cosa ancora avrei potuto parlare?
Del buio periodo della società in mano al terrorismo? Brigate rosse e nere, estremismo, violenze in nome di un ideale di lotta sociale, bombe e attentati? Quello che oggi paventiamo dello stato islamico fondamentalista allora era incancrenito nelle nostre stesse viscere.
Non passava giorno che non si facesse il conto dei morti tra forze dell’ordine, magistrati, politici. Il caso Moro ebbe un’eco gigantesca e ripercussioni devastanti: io che ero piccola e sconvolta già da una perdita umana importante, mi scontrai con la perdita di un intoccabile della società civile. Un politico, per la prima volta dai tempi del delitto Matteotti, veniva rapito e ammazzato. Ricordo lo sgomento, il senso di incredulità. Mentre oggi, sembra brutto a dirlo, ma chi non la metterebbe una bomba nei palazzi del potere per farla finita con gli abusi, le inettitudini, gli intrallazzi, le ingiustizie, le poltrone accaparrate ingiustamente?
Ops, avevo detto che non avrei parlato di politica… e infatti non l’ho fatto. Sfogliando l’album dei miei ricordi in questa rubrica si troverà il mondo di una bambina, di una preadolescente o di un’ adolescente. Ecco dunque la televisione, regina d’intrattenimento, lo sport, l’amore, le vacanze, le fotografie, i giochi… Quello che si poteva raccontare, io l’ho raccontato. Il resto di quest’avventura che è la mia vita, lo tengo per me. Amarcord finisce qui.