El caleidoscopio
El caleidoscopio. Ho comprato un caleidoscopio, e mi piace da impazzire. Ne avevo uno da bambina, andato perso come succede ai giocattoli d’infanzia, fra spostamenti, largo nastro adesivo e pacchi marroni. L’ho scovato in un negozio stranamente silenzioso in una calle affollata, era posto al fianco di un’accattivante fiaschetta metallica. L’indecisione ─lo ammetto, c’è stata─ è durata giusto tre secondi;
ho scelto il caleidoscopio.
E dopo averlo rigirato un po’ fra le mani, ho pensato che ognuno dovrebbe averne uno, come gli spazzolini. Minimo sforzo, massima fantasia. Decisamente un oggetto prezioso, in grado di produrre arte in modo automatico e casuale, un pratico strumento di ispirazione: rivalutiamolo.
È così inaspettatamente bello perdersi nei triangoli che si sdoppiano, si sciolgono, cambiano colore, si dilatano, il tutto con un’armonia commovente. Nessuna trasformazione sembra drastica o stridente. I fiori si schiudono senza remore, i rombi allungano le estremità delle punte e si tramutano in corone; e poi in diamanti, foglie, hula hop. Puoi vederci quel che vuoi.
Tre tonnellate di colori fantastici in un leggero tubo di cartone. Una genialata.
E così, curiosa e affascinata allo stesso tempo, ho iniziato a giocherellare col mio caleidoscopio: occhio nel tubo, mano sinistra all’estremità, lentamente rotante, come un curioso Cristoforo Colombo del 2013.
Il tintinnio dei pezzetti di vetro che si scontrano fra di loro è la ciliegina sulla torta. Ho sperimentato un’insospettata novità; nella dimensione parallela del tubo, la messa a fuoco delle forme che ballavano davanti agli occhi mi faceva percepire una sensibilità non usuale della coscienza.
È come mettere a fuoco un punto indefinito e perfetto della lente che continua a miscelare i suoi disegni pseudo floreali.
L’irripetibilità certa di ogni combinazione. Come se si cambiasse punto di vista in ogni istante. Quello che un minuto prima percepisci come un timoroso ragno multicolore dalle mille zampe che ti avvolgono la retina, un attimo dopo diviene una stella luminosa, che poi scoppia in tanti aquiloni rosso rubino. Un tubo fra le mani, e la mente viaggia lontana.
Già, viaggia. E qual è la parte migliore dei viaggi, se non sentire cose mai viste, scoprire colori nuovi, riconsiderare le proprie convinzioni e idee?
Davvero, tutti noi, protagonisti indiscussi dell’era delle telecomunicazioni, possiamo reperire con tre click pressappoco tutto il sapere virtualmente disponibile al mondo, e digitare per due minuti sulle nostre tastiere iniziando una conversazione con chiunque.
Eppure questi strumenti di dio non ci garantiscono necessariamente una buona qualità di viaggio mentale (inteso in senso caleidoscopicamente lato).
Possiamo con buone probabilità continuare a essere anacronisticamente ancorati alle nostre Convenzionali Convinzioni Congenite ─che amore le allitterazioni─, con l’unica aggiunta di una notizia esotica ogni tanto.
Perché dopotutto si tratta pur sempre di strumenti, e quelli bisogna saperli usare.
Poi penso invece all’irraccontabile miscela del cielo rosa in un tardo pomeriggio d’ottobre, con l’aria morbida, voci amiche e la folgorante sensazione della vita pulsante dai piedi ai capelli; penso alla lavagna che si riempie di pezzi di vita tascabili, il biglietto della serata jazz, la cartina colorata che ti avvisa di andare al tabacchino, la foto tagliata dal giornale; penso agli angoli polverosi delle scatole piene di portachiavi di metallo che si aggomitolano fra di loro, su una bancarella, a ridosso di un muro, in una strada minuscola, in un improvvisato mercatino, nel cuore della Ciutat vella; penso agli occhi che ti raccontano senza parole, ai graffiti sui muri e ai tipi in divisa che al mattino li ricoprono con pesanti pennellate di grigio apatia; penso al profumo delle panetterie riboccanti di friabilità, a chi in preda all’amore ha decorato l’aria con un grande cuore luminoso in bilico fra un balcone e un altro; e penso che tutto ciò non può scorrerti addosso indisturbato, è inevitabile inzupparsene.
E punto il mio tubo colorato verso la finestra, continuando a ruotarlo, la luce del sole trafigge i colori brillanti e mi inonda gli occhi, mi amplia i sensi, mi fa sorridere; mi arriva al corazón.