Il balconing, cugino letale del parkour
Sarà forse l’effetto delle droghe addizionato alla crescita a merendine e supereroi a spingere i ragazzi a tentare il salto da un balcone all’altro? E’ il Balconing.
Dal 2005 la tendenza underground si è fatta avanti soprattutto in Spagna, ma i giovani coinvolti sono perlopiù stranieri: arrivano nelle isole iberiche, si sballano con alcool e droghe e poi tentano il salto fra un terrazzo e l’altro. Una pratica scellerata che genera ogni anno decine di morti e feriti, con un picco nel 2010 ed un lutto recentissimo a Maiorca – leggi qui.
Il dato più preoccupante è che i video dell’impresa sono poi caricati online, e si sa la pericolosità del video virale al giorno d’oggi: la follia si fa esempio in un batter d’occhi e la gara scatta implicitamente. A preoccupare, in secondo luogo, c’è anche il fatto che i turisti britannici e tedeschi vadano fino in Spagna per farsi fuori in maniera così plateale: allarma il luogo comune che fa sì che la Spagna, vista come regno della fiesta e della movida, si trasformi in cimitero di anime irrequiete e di sbandati. Le autorità hanno preso in considerazione il fatto, annunciando la necessità di aumentare i controlli e di far sì che i turisti rispettino le leggi e le norme locali. Non ultima, la pericolosità che risiede sempre nel dare un nome alle cose: serve a definirle meglio o ad incrementarle con quel simpatico suffisso in -ing che ne fa quasi una pratica qualsiasi, come -che so- il trekking? Nel frattempo, si alza in molti hotel l’altezza dei parapetti. Ma si sa: chi ama il rischio non si fa fermare dai dieci centimetri in più.
La mia riflessione a margine verte sulla ricerca sempre più sfacciata del rischio puro: perché caricarsi di sostanze stupefacenti, di alcolici, e poi rischiare il tutto per tutto in un salto? Quanto c’è di insito nella natura umana e quanto invece la ricerca del rischio più azzardoso si accentua con la mancanza progressiva di tutto il resto – amore, soddisfazioni personali, piccoli sogni realizzati, piccole sfide non nocive, amicizie e rapporti interpersonali?
Il rapporto con il rischio è un rapporto personalissimo e determinante nella formazione e nell’essere di ognuno. Se usato a dovere, anche il rischio può risultare positivo e dare buonissimi frutti, più che mai oggi è richiesto sapersi buttare e poi riprendere. Ma cosa spinge alla ricerca di un rischio così finalizzato a se stesso?
Da piccola mi arrampicavo su per le staccionate e fra i rami degli alberi: mi sgridavano sempre. Oggi un po’ me ne cruccio perché mi trovo meno spericolata ed azzardosa di quanto so che avrei potuto essere. Ma a volte basta poco a ritrovare quell’istinto verso il brivido dell’impresa avventurosa. Impresa avventurosa che però non dovrebbe mai scadere nella ricerca del sensazionale che altro non cela se non un profondo nichilismo di base.
Ma forse, come sempre, sto divagando, astraendo, filosofeggiando. Forse si tratta solo, per le autorità spagnole, di trovare anzitutto il modo di porre fine al “turismo degli ubriaconi, delle strade dell’alcool”.