Che significa avere due cognomi
In sede d’esame mi son ritrovata a compilare la tabella in altro a destra con i dati personali, e ho dovuto lasciare di nuovo uno spazio in bianco. Quello del secondo cognome.
Gli Spagnoli lo hanno doppio: il primo preso dal padre, il secondo dalla madre. Il regista è Pedro Almodóvar Caballero, l’attrice è Penélope Cruz Sánchez, il pilota Fernando Alonso Díaz. Tutti però, universalmente noti per solo il cognome paterno.
La prima volta che notai quello spazio in più per il cognome materno rimasi un po’ interdetta; da unica straniera della classe la riga del mio nome spiccava tra la sfilza di doppi cognomi e quello spazio lasciato vuoto era più evidente del tratto di un evidenziatore rosa shocking. Sembrava mi fossi persa un pezzo, da studentessa sbadata. Il ragazzo seduto al mio fianco mi disse “ehi tu, hai dimenticato il cognome!” (o almeno è quello che mi parve di capire, perché lui parlava catalano ed era la mia prima settimana in Spagna); gli sorrisi e gli dissi che ero italiana, lui mi fece un cenno d’assenso poco convinto.
Poi la lezione iniziò.
In Italia, ai sensi del codice civile, i figli nati da coppie legalmente sposate prendono automaticamente il cognome del padre. Ma il Consiglio dei ministri proprio qualche giorno fa ha approvato un disegno di legge per consentire ai genitori di dare ai figli il solo cognome della madre. La Corte europea dei diritti dell’uomo sanzionava l’Italia per non prevedere questa possibilità, e quindi dopo che il parlamento avrà legiferato qualsiasi coppia di genitori potrà decidere di dare al bebè solo il cognome del padre, solo della madre, o entrambi.
Non so l’effetto che mi farebbe chiamarmi Chiara Coppola Del Prete; suona molto più spagnoleggiante.
E fa pensare al cappello di un prete.
Per l’abitudine che noi italiani abbiamo di sentire di solito un solo cognome dopo il nome, sembrerebbe un’aggiunta che stona, perfino di troppo. Immaginate il binomio di due cognomi chilometrici tipici del sud Italia, immaginate un Bartolomeo Saltalamacchia Incantalupo: gli servirebbe un post-it sui documenti per firmare leggibilmente per intero. Per non parlare delle caselle di 4 cm² presenti sulle patenti plastificate; ho fatto fatica io a strizzarci dentro i miei miseri 13 caratteri d’identità, il nostro Bartolomeo si venderebbe l’auto.
Portare il doppio cognome potrebbe sembrare una bizzarria, però trovo sia di certo una possibilità meno sessista dell’appioppare d’ufficio il cognome del padre al nascituro. Mi sa proprio d’imposizione discriminante. Un puro atto d’arbitrio. È assurdo che per aggirare il cavillo burocratico, una madre che decide di dare il proprio cognome al figlio debba non essere sposata ed evitare che il padre ne riconosca la paternità.
Mi sembra lapalissiano affermare che tutte le coppie dovrebbero avere il diritto di scegliere, eppure forse tanto scontato non lo è.
Finché il cognome tramandato sarà necessariamente quello paterno, l’Italia si riconfermerà essere un paio di rampe di scale indietro rispetto a Francia, Spagna, Germania e Regno Unito in quanto a superamento del patriarcato (qui la documentazione sull’attribuzione del cognome nei principali paesi europei).
E vi dico che, se la prima volta lasciare quello spazio bianco mi è apparsa come una sottolineatura della mia diversa identità culturale, la terza volta mi è sembrato che la carta urlasse una mancanza, o quantomeno una libera possibilità di scelta.
Forse così le vecchiette del mio paese, lanciando petali di rose sul capo delle ragazzine il giorno della loro prima comunione, smetterebbero di dire loro con gli occhietti speranzosi: “auguri e figli maschi!”.