C’era una volta la Rai
Ho sempre avuto una sorta di repulsione per quella che è un certo tipo di tradizione italiana. Sto parlando dei varietà, delle canzonette che ti sembra sempre di aver già sentito (perché sono gli stessi banali giri armonici di altre centinaia di canzonette), e in generale dell’intrattenimento per quella sorta di animale mitologico chiamato italiano medio, con tutti quegli spettacoli di luci, buffoni, e battute non divertenti uscite dalla bocca di impacciati presentatori.
Su tutti domina il cavallo di battaglia della Rai, il celebre, intramontabile quanto indigeribile Festival di Sanremo. A me Il Festival non è mai piaciuto, neanche da piccolo, neanche un po’. Si può essere anacronistici in due modi: il primo sta nel riproporre il vecchio – e al festival modestamente sono quasi tutti veterani – e il secondo sta nel proporre un rimescolamento in salsa ventunesimo secolo del vecchio spacciandolo per nuovo, e secondo me a Sanremo c’è anche questo. Due su due insomma.
Una cosa ritengo più grave di tutto questo: aver creato in me il pregiudizio verso la musica italiana d’altri tempi
Nel tempo però ho (ri)scoperto grandi cantautori italiani, personaggi dello spettacolo, attori, ed è stata una grandissima sorpresa trovarmi a ridere di gusto guardando vecchi show televisivi. Tutto un mondo che avevo sempre detestato a prescindere perché me lo vedevo imposto e che invece, anche se non esageratamente, mi piaceva. Ma ciò che ha dato il colpo di grazia alla mie certezze sulla Rai è stato questo:
Dico, ma mi state prendendo in giro? Perché trent’anni fa avevate il concerto dei Talking Heads in diretta su Raiuno e oggi di concerti neanche ne trasmettono più? E vogliamo parlare di che delirio di concerto sia stato? Altro che Al Bano, se penso a qualcosa del genere oggi in TV mi vengono i brividi! È questo che è cambiato. Al Bano c’era comunque, ma era normale, la Rai in questo modo interpretava fedelmente il proprio tempo.
Oggi non c’è più Mina (chissà che non avesse capito l’andazzo, ritirandosi a vita privata), non ci sono Tognazzi e Sordi e non ci sono più “i grandi artisti di una volta”. Ci sono i loro video, trasmessi ad ora di cena per la gioia dei nostalgici, ma non ci sono loro. E non c’è gente come loro. E se non c’è il motivo è semplice: perché dovrebbero esserci?
Siano lasciati liberi, gli artisti, gli attori, gli autori, di esprimere se stessi e lo spirito del loro tempo e la si smetta con questo scimmiottamento dei gloriosi momenti passati, la si smetta di bruciare il loro talento cercando direttamente o indirettamente di dirottarlo su vie che non siano la via a cui sono destinati.
E soprattutto la si smetta di fingersi ciechi e sordi davanti a tanta bellezza che cerca di emergere, al cospetto della quale sarebbe piuttosto opportuno avere la decenza di restar muti.