A caccia di tranquillità
L’alba brumosa, il silenzio rotto solo dal vento, la calma interiore e intorno i colori omogenei eppure così diversi, il freddo e la compagnia dei cani. Tutti luoghi comuni. Eppure Giorgio Calopresti il sabato mattina non rinunciava alla levataccia per andare a caccia.
“Con le donne vi basta che respirino, con la caccia basta che qualcosa si muova“
Giorgio no, andava in giro con un automatico e le prede le regalava agli amici. Non solo non ci viveva con la caccia, ma era per di più un costo, appunto una cosa senza scopo e dannosa alla natura. “E poi – aggiungeva – sparate a tutto e ve ne fregate della legge che vieta di sparare a questo o a quello“, e tanto per rimanere in tema chiosava: “Con le donne vi basta che respirino, con la caccia basta che qualcosa si muova“. Quest’ultima affermazione era riservata ai momenti di maggiore intolleranza, tanto più che Giorgio era pregiudicato per eccesso di solerzia verso le signore, più che sparare a tutto ciò che si muoveva.
Lui un po’ rispondeva argomentando, poi concludeva, per tagliare corto e chiudere la discussione, dicendo: “Ma io mi diverto, mi rilasso e non faccio male a nessuno, non sono neppure uno che va allo stadio, non fumo e non bevo, e i cani sono le persone che capisco meglio“. L’argomento finale sottintendeva altro, ma la moglie ci passava sopra: la tecnica del vittimismo da parte del marito non l’aveva mai coinvolta.
Discussioni sempre inutili, tanto lui a caccia ci andava comunque, con la sua Panda scassata che teneva ancora per quello scopo. Anche quel sabato l’alba l’aveva visto aggirarsi per i boschi a venti minuti da casa. Cercava qualche bel fagiano, anche se spesso erano dei mezzi polli da allevamento. Ma tanto a far premio su tutto non erano le penne colorate dei fagiani quanto la tranquillità, la pace della quale godere, sparare era al massimo una scusa, anche perché la selvaggina era sempre meno e sempre più da pollaio.
Era circa un’ora che si aggirava tra macchie e alberi, con i cani che non puntavano niente. Fino a che Flick si irrigidì, puntando verso un groviglio di piante e giovani alberi. Giorgio chiuse il fucile e lo imbracciò indirizzandolo là dove il cane guardava. Un attimo ancora e il fagiano si sollevò da terra, di poco, e volò basso. Un colpo, un altro colpo, e il volatile sparì. Soddisfatto Giorgio si diresse verso il luogo del bersaglio abbattuto, la giornata non era andata persa. Giunto lì non vide il fagiano, vide un altro animale, più grande, un mammifero che gli somigliava, un altro che come lui era andato lì per trovare un po’ di pace. E l’aveva trovata.