Viaggiare sicuri
…e poi ci sono quelle volte in cui viaggiare non è un atto di libertà, contaminazione e conoscenza, bensì un’odissea. Ma non Odissea nel senso del viaggio di Ulisse. Odissea nel senso di gesto eroico.
“Fratello andiamo in macchina?”
“No, andiamo in aereo. Arriviamo subito, non abbiamo lo stress del viaggio, non abbiamo pensieri…”
Mi domando perché di lavoro non faccia il profeta, tanto ha chiare le circostanze future!
Andò così:
Mentre mi attardavo al telefono a farfugliare qualche ragionevole insulto per un ritardo di pagamento di circa cinque mesi, il fratello meidinsud faceva il cecchin all’apposito banco (gli altri fratelli oramai sono naturalizzati nordici perché vivono in un Nord talmente estremo da risentire dell’influsso tedesco, tanto che a causa dell’onda d’urto provocata dalla Merchel che esultava festante e giuliva per l’agognata coppa del mondo, mia sorella ha avuto problemi di cervicale da contraccolpo e l’altro fratello, colpito solo di striscio, ha finito per cambiare pettinatura. Ora suona con i Biaiv).
Dicevo: il fratello meidinsud, risolte le questioni burocratiche, si accorse della presenza in loco di Roberto Da Crema, noto teleimbonitore dallo strano rantolo respiratorio, comunemente conosciuto come “il baffo”, che vendeva pentole in mezzo all’aeroporto. Incuriosito si avvicinò per capire come stessero andando gli affari e, nonostante la peluria confondesse i visi, trasalì quando realizzò che non si trattava in realtà del “baffo” che registrava una televendita, ma di me che discutevo animatamente da sola gesticolando come Trapattoni durante le lezioni di breckdens.
Mi domando perché di lavoro non faccia il profeta tanto ha chiare le circostanze future
Cioè non è che fossi da sola, ero con qualcuno nell’auricolare ad esigere i miei soldi. Ma quel qualcuno non si vedeva e quindi io tecnicamente mi dimenavo in solitudine e senza nessun apparente motivo, tanto che lì per lì fui scambiata per Angela dei Ricchi e Poveri e firmai un sacco di autografi. E pare inoltre che la mia conversazione telefonica si fosse fatta così animata, ed io talmente tarantolata, che venne contattata anche Eterparisi per studiare nuove forme di movimento scenico.
Mio fratello meidinsud, con assoluta nonscialans e consapevole di fare un lavoro socialmente utile, si avvicinò a me con languida indifferenza e con una siringa piena di sedativo, lo stesso, e la stessa quantità, che generalmente si usa per far rasserenare i rinoceronti.
Mi colpì a tradimento. Svenni. Non saprei dire cosa accadde nelle due ore successive, ma posso asserire con certezza, considerato il ghiaccio in faccia e l’ematoma diffuso col quale mi risvegliai, che all’atto del rapido addormento mi abbattei al suolo senza che nessuno si curasse né di farmi fare un atterraggio morbido né di farmi, di conseguenza, l’applauso di rito. Mi risvegliai direttamente sdraiata sulle sedie al gheit. Completamente stordita presi la carta d’imbarco e quella d’identità che, come se nulla fosse stato, mi porse mio fratello meidinsud e, insieme, ci avviammo verso la nostra uscita.
Ed ecco che mentre con una mano reggevo il ghiaccio e con una il bagaglio, con l’altra ancora consegnai il necessario per salire sull’aereo.
E qui la stasi. Il mondo si fermò. La fila divenne più lunga di quella all’ufficio di collocamento e la discussione nuovamente si animò. E questo mica per la terza mano. No! Semplicemente perché la signorina diceva che io non corrispondevo alla foto sul documento.
“Ma come te lo devo dire che mio fratello mi ha mandato in letargo facendomi sfrantecare i seni paranasali rendendomi irriconoscibile?”
mi abbattei al suolo senza che nessuno si curasse né di farmi fare un atterraggio morbido né di farmi l’applauso di rito
Dovetti lottare a lungo per far capire che quella della foto ero io quando ancora avevo, fino a qualche ora prima in realtà, dei lineamenti armonici; e un po’ il mio sciarm e un po’ il colorito verdastro in cui mi stava mutando l’epidermide, convinsero la signorina a farmi passare. Passai io. Passò mio fratello meidinsud. Nel mentre ci recavamo verso il velivolo… “maracaiboooo, mare forza nove”… il mio telefono prese a squillare. Il numero era quello del sordido produttore insolvente. Risposi con la stessa voce accogliente dell’intramontabile Lerc della famiglia Addams e – sorpresa delle sorprese! – mi stavano chiedendo il numero del documento per, finalmente, versarmi il danaro. Mi ammorbidii in modo talmente repentino che il cambio di quota dei nervi mi provocò un mancamento.
Presi immediatamente la carta d’identità che avevo giusto lì a portata di mano e… e grazie che non somigliavo a quella della foto e non volevano farmi passare, quella della foto non ero io! Cioè fatemi capire: la signorina Isiget ha creduto che quel fanciullo calvo e con gli occhiali fossi io prima della botta in faccia? Ma quel che è peggio è che mentre io avevo un alibi di ferro, ossia la botta trasfigurante che, a quanto pare, mi aveva risolto i problemi alla vista e fatto crescere i capelli, il fanciullo calvo con gli occhiali, mio fratello meidinsud, con quale alibi era passato? Hanno visto la mia foto e fatto passare lui. Cosa avranno creduto? Alopecia precoce causa trauma da avvistamento “Roberto il Baffo”?
Verificato dunque che il viaggio sarebbe stato serenissimo visti gli scrupolosi controlli, prendemmo posto in aereo.
Ed io nella mia misericordiosa generosità cedetti al fratello meidinsud il posto al finestrino.
Non l’avessi mai fatto!
Un gentilissimo stiuart, compìto, elegante e con la evve moscia, si avvicinò a noi per, molto garbatamente devo dire, redarguirci.
“No signova, dal biglietto visulta che il suo posto è al finestvino”
“Sì lo so, ma l’ho ceduto a mio fratello meidinsud che mi ha ceduto il suo”.
“Mi spiace ma non è possibile. Pev una questione di sicuvezza, ognuno deve manteneve il suo posto”.
Mio fratello meidinsud, che ha l’occhio sia miope che clinico, prese in mano la questione con piglio da condottiero e mi disse: “Annalisa non fare storie. Se è una questione di sicurezza cambiamo posto. Sai che qui ci tengono! Metti che l’aereo cada: come si fa per il riconoscimento? Risulta che tu sei me e io te. Ci faranno lapidi sbagliate e tu nella mia bara starai anche comoda ma io, che sono più alto, non posso mica pensare di stare nella tua tutta l’eternità”.
Tacqui. Rimasi in silenzio aspettando che il mio destino si compisse. Mio fratello meidinsud invece non volle rispettare le mie ultime volontà e continuò imperterrito il suo delirio da contagio Isiget. Si rivolse ragionevole e accondiscendente allo stiuart che stava lì a sentirlo vaneggiare e senza accennare un minimo di dissenso da quelle teorie: “Mi scusi buon uomo, ma preferisce che oltre a cambiare di posto teniamo anche i documenti stretti fra i denti per facilitare il riconoscimento nell’estremo caso in cui dovessimo precipitare?”
E lo stiuart, fiero di aver ottenuto il rispetto solerte e zelante della regola, rispose: “Speviamo non accada, ma in ogni caso non è necessavio. Dai posti assegnati visultano le vostve genevalità. Gvazie comunque pev il pensievo e buon volo”.
E fatti gli scongiuri del caso, quella volta volammo Isiget. Quella volta e mai più.