The Rolling Stones al Circo Massimo – cronaca del giorno dopo
Marie mi chiede se sono riuscito ad entrare. Le rispondo che sono munito di biglietto e corazon.
Il ragazzo comincia ad ammiccare dal palco, le signorine presenti hanno prenotato un ricovero, mentre noi baldi giovani non abbiamo speranze: abbiamo perso irrimediabilmente ogni lontanissimo confronto di virilità col cantante. Non ci resta che affogare la nostra delusione in una birra fresca.
Mi dico: è bello trasformarsi in arzilli vecchietti suonando rock ‘n’ roll per tutta la vita
Mi dico: è bello trasformarsi in arzilli vecchietti suonando rock ‘n’ roll per tutta la vita
Vi guardo ancheggiare, suonare sporco, intonare i vostri pezzi su tre accordi, incitare le ugole. Non siete raffinati, nemmeno eleganti, ma siete viscerali e onesti, e questo è un valore da tenere a mente, ragazzacci che non siete altro!
Charlotte, Nicolas, Manola e Mathieu … chissà dove diavolo potevano essere! Johnny Firebird era partito a mezzogiorno e non sapevo dove beccarlo. Alduccio era lì, da qualche parte, l’avevo visto a Campo de’ Fiori, casualmente, come piace fare a noi. L’uomo domani avrebbe avuto l’esame e all’ultimo momento batté la ritirata. Ero solo nel bel mezzo di una caciara, tra quelli che spingevano e quelli che avrebbero assistito al concerto riprendendolo con l‘iPhone e i tablet (giuro che non ne afferro il senso).
A un certo punto le comunicazioni con la Terra erano impossibili. Il Circo Massimo faceva parte di altre traiettorie, altre galassie, troppo remote, troppo al di fuori dei canonici percorsi spaziali. Nessun contatto con l’esterno, ma solo incontri ravvicinati del III tipo: