Succede anche in estate
L’estate è piena di storie, di stelle, di voci, di notti e di sogni. O almeno ce l’aspettiamo spesso così.
Eppure tra tutte queste storie e queste voci che giungono portate dal vento e dagli incontri, tra tutti i ricordi allegri e le persone che non vedevi da tempo e che ti sorprendono perché sono le stesse o sono così cambiate, ce ne sono alcune di storie, che non per forza sono felici, estive, allegre. Certo, ci sono quelli che hai lasciato che stavano a Colonia e ora abitano a Shangai, ci sono persone che nel frattempo si sono sposate, si sono lasciate, hanno una fidanzata giovane, o avevano una moglie appariscente e ora hanno una compagna grigia e silenziosa, o avevano un marito ingombrante e musone che rimaneva sempre a dormire sull’amaca della loro villa, e ora fanno le vacanze coi figli e con l’amica in campeggio. Ci sono quelle che parlavano tanto e ora non dicono più niente, e non sai perché, e ci sono quelle che non hanno avuto alcun scossone, alcun colpo di testa, alcuna avventura, e sono sempre lì, allo stesso posto, con le stesse abitudini, le stesse, da anni. E ti sembrano rassicuranti.
Però, ci sono anche le persone che non trovi più. Che le vedevi sempre, e nessuno sa che fine hanno fatto, e ci sono delle persone, che avresti voluto vedere per sempre, che magari lo sapevi in qualche angolo del tuo cuore che forse il destino non te le avrebbe conservate, ma speravi nel miracolo. Soprattutto, ti dicevi, no, questo destino carogna non me le toglierà proprio ora che è estate, e che mi merito il riposo, la leggerezza, la testa libera, e qualche piccolo premio dalla vita, dopo i mesi duri e avidi dell’inverno che mi hanno rosicchiato l’anima, e messo alla prova fisicamente. Ma l’estate è vita come altra. E oramai lo sappiamo come è fatta la vita. Quella ha la coperta sempre corta, anche quella coperta del cielo stellato che vorresti avvolgesse tutte le cose come il manto di un mago e invece non ce la fa mai a coprire tutto.
Così, mentre sono qui che cerco le storie vere dell’estate, quelle tutte bagliori e salmastro, quelle lavate dalla risacca e sospinte dall’onda; mentre guardo le mie isole dalle forme che ricordano i semi delle carte, e le scogliere che come pigri draghi si vanno a spegnere le fauci nel mare; mentre passano le vele e si librano gli uccelli, e giocano i bimbi coi castelli di sabbia e con gli spruzzi d’acqua; mentre tutto questo succede nella sua estiva naturalità, come se fosse, come è, del tutto normale, io adesso so che tu te ne stai andando amica mia, amica di tutta una vita. E ho smesso di fare finta di non saperlo, e lo accetto, accetto persino la tua volontà di non venirti a trovare in queste ultime ore, di ricordarti come nell’ultima visita di qualche settimana fa, quando ancora ce la facevi a sorridere e scherzarci sù, sul quel tuo ingrato destino. Almeno non dovrai consolarmi con il fondo dello sguardo, come se fossi tu, che andandotene, mi devi consolare. No, non devi farlo piccola grande amica di tutta una vita. Vai, riposati, diventa leggera e senza sofferenza. Vola alto, prenditi un sorriso che sia vero, e non una maschera per celare il dolore. Io, sto qui, al mare, non triste alla porta di un ospedale, ma forte qui, di fronte alla meraviglia dei giorni più lievi. E alla dura verità di queste storie che la coperta di stelle di un cielo d’estate non ce la fa a celare. E che d’estate non fanno meno male. No, fanno lo stesso male.