Salvare le radici
Un’assemblea infuocata. “Qui se qualcuno non ci mette una pezza, ci facciamo mangiare la pappa in capo” ha urlato Pasquale Ruoppolo, un tempo emigrante oggi integrato da decenni nella sua nuova città. La pezza alla quale allude a che vedere con gli extra comunitari, ma non tutti. Dei cinesi, per esempio, non gli importa niente. Il fatto che abbiano un mondo loro, e che abbiano anche la compiacenza di ammazzarsi tra di loro li rende più tollerabili, e poi lavorano sempre e lui ha grande rispetto per chi lavora, anche se magari fa lavorare i bambini invece di mandarli a scuola. La sua ira è contro soprattutto i musulmani, la sua insofferenza per l’Islam avrebbe fatto molto contento Urbano II, ma con una grande differenza. A Pasquale non interessa affatto riavere i luoghi santi, vuole invece che siano santificati i suoi luoghi, qualcosa di più vicino, cioè proprio nel quartiere. Non vuole, ma non solo lui, che ci sia quella che con enfasi è chiamata la nuova moschea, un ex fondo commerciale, un po’ buio e decentrato rispetto agli altri negozi, che proprio per queste caratteristiche, e anche per l’insipienza del suo titolare, ha chiuso. E nell’affitto si è sostituita la comunità islamica, con i suoi riti e i suoi veli. Di qui le assemblee nella sede del quartiere, con i politici a cercare di mediare e più scatenati che rovesciano nella discussione tutti gli argomenti, il più sentito dei quali è quello del timore di ritrovarsi una cellula terroristica a pochi metri dal fornaio. Qualcuno, più istruito ha avanzato anche la necessità di salvaguardare le radici cristiane dell’Europa, ne parlano sempre in tv. Ma Pasquale non usa questi temi, preferisce appunto l’impossibilità di integrazione tra razze e religioni diverse. E’ arrivato a dire che questa battaglia è la Lepanto del quartiere. Un consigliere che vuole fare il progressista, l’ha interrotto per far notare che le religioni monoteiste hanno in comune lo stesso Dio e la Bibbia e che poi, in epoche diverse si sono separate, come dire che alla fine siamo tutti fratelli. L’assemblea è rimasta muta e incerta per un attimo davanti alla considerazione storico sociologica, e poi ha scelto scelta la via più diretta con una ondata di fischi. Così Pasquale ha potuto riprendere la sua filippica contro l’Islam e suoi costumi, insistendo sullo sgradevole spettacolo di arretratezza delle donne coperte dal velo, qualcuna anche con il viso nascosto, e sulla la sicurezza, per non parlare della facilità con la quale questa religione riesce a spingere i suoi adepti a gesti assurdi per guadagnarsi il paradiso. Lui a messa ci va tutte le domeniche, quindi da quel lato si sente a posto. Alle venti circa, poiché neppure l’ira con Allah riempie lo stomaco, Pasquale, come gli altri si dirige a casa. “E’ pronto? Ho una fame che non ci vedo”. “Tra un attimo – risponde la moglie – Non ce lo fatta a mettere la tavola, questi tre mi stanno facendo impazzire”. I tre sono i figli, da 5 a 8 anni. “Ma diamine, lo sapevi che sarei tornato alle otto”. “Dammi una mano, metti la tovaglia”. “Ora no, voglio vedere l’inizio del tg”. Ma che pretese, pensò Pasquale, la vorrei vedere lei con il chador, ecco che cosa le ci vorrebbe.