Ti lascio libero figlio mio
Sette anni. Sono passati sette anni da quando ho visto per la prima volta lenticchia. Duechilisettecentocinquanta per cinquantacinque centimetri di lunghezza. Fasciati nella spugna morbida e disinfetta spuntavano e brillavano due occhi neri scrutatori. Due lenticchie. E così sin dai suoi primi giorni di vita ha fatto del legume il suo nomignolo.
Il mio primo figlio. Quando lo aspettavo cercavo un nome bello, allegro. Desideravo fortemente un bimbo frizzantino ma non troppo, come la Ferrarelle… Perché chi ha visto il film “Ricomincio da tre” di Troisi è sempre influenzato dalla scelta del nome di un figlio.
La differenza tra Massimiliano e Ugo c’è e si vede. Fatto sta che questa lenticchia qui oggi compie sette anni.
Lasciarlo andare o non lasciarlo andare. Farlo sentire grande o trattarlo come un bimbo.
Sono in campeggio e lui fa la bava per un gruppetto di ragazzini più grandi. Giocano a calcio e dicono parolacce. Lui ne è completamente innamorato. Lo hanno preso come raccattapalle. Lo vedo scattare ad ogni loro chiamata di palla fuori. E io mi darei a testate nel muro.
Ad aggravare la situazione è il fatto che lui a calcio non sa proprio giocare, il pallone rotondo e i suoi piedi sgraziati non vanno d’accordo. Brutta storia vivere a Napoli e non saper giocare a calcio. E come se non bastasse, ciliegina sulla torta, è che nel gruppo dei grandi c’è un ragazzino che sa ballare benissimo Michael Jackson.
Mio figlio ha una passione smodata, esagerata, morbosa per Michael Jackson.
Non chiedetemi però come gli è venuta, perché davvero non lo so. Mio figlio da grande vuole proprio fare Michael Jackson. Noi non cerchiamo una scuola di ballo, dobbiamo cercare la scuola per diventare la pop star.
Fatto sta che questo bambino ha nove anni. E’ grande. E fa lo sbruffone. Io li guardo da lontano e vedo come mio figlio cerchi la sua attenzione, la sua stima, ma lui non se lo fila di pezza. Gli ho detto mille volte di cambiare gruppo, ma lui ha detto di no, che gli piace quello.
E sono adesso nel limbo. Nel limbo di una madre di un settenne al campeggio d’estate. Lasciare che lui sia libero nei viali a giocare male a pallone, venendo deriso dal gruppo o tenerlo con me. Mandarlo in piscina a fare i tuffi da solo oppure controllarlo ad un centimetro di distanza.
Io non mi ricordo se avevo questi problemi a sette anni. Magari volevo fare la ballerina, oppure la contorsionista… o forse il mio unico desiderio era incontrare Mirko dei Be-Hive, leader della più famosa rock band degli anni ’80… o almeno lo credevo io e tutte le bimbe che come me guardavano su Italia1 “kiss me Licia”.
Sono giorni e giorni che rifletto su cosa sia giusto o non giusto fare. Mi sono appostata anche dietro alle aiuole per spiarlo ed essere pronta per intervenire nel momento del bisogno… ma poi ho smesso perché sembravo una pazza che vuole diventare Chuck Norris il giustiziere. So che non è pedagogicamente corrotto intervenire nelle questioni dei bimbi, ma io non vorrei vederlo soffrire mai. Rifletto e penso, penso e rifletto.
E mentre rifletto faccio un dolce, il suo preferito:
Il rotolo alla Nutella
180 g di zucchero, 150 g di farina, 3 uova, mezza bustina di lievito per dolci, mezzo bicchiere di latte, Nutella, come sempre abbondante.
Frullo le uova con lo zucchero finché sono chiare e spumose e hanno raddoppiato il loro volume.
A parte setaccio la farina e il lievito, e li unisco piano piano alle uova continuando a mescolare.
Verso il latte a filo, sempre molto lentamente.
Stendo sulla leccarda (la teglia quadrata in dotazione col forno 😉 ) un foglio di carta da forno.
Ci verso su il composto e inforno a 200 gradi per circa 10 minuti, occhio che non deve scurirsi troppo.
Sforno e capovolgo questa pasta biscotto su un altro foglio staccandola con delicatezza. Dopo di che ci faccio una bella spalmata di Nutella e arrotolo.
Lascio riposare per un po’.
Prima dell’ora della merenda faccio le fettine.
Io dopo due fette di questo rotolo, ho deciso. Ho deciso di lasciarti libero figlio mio. Libero di crescere e sbagliare. Di inciampare e risollevarti. Ricordati però che io ti aspetto con i cerotti.