Sesso sano: video esplicativi e istruzioni per l’uso
Miei cari. Ed eccovi dunque qui. In tantissimi. Mi spiace per questo piccolo tradimento che ho operato, e anche della immane delusione che proverete, fustigandovi le basse scapole col gatto a nove code e usando il cilicio in luogo della giarrettiera, ma non leggerete nulla di inerente al titolo che avete visto e che vi ha smosso il clic su questo mio pezzo. Niente sesso sano, né malato, né tanto meno video esplicativi o istruzioni per l’uso che vi sollecitino la morbosità… e ci mancherebbe! La mia era solo una subdola strategia per aumentare il numero di lettori. Ed eccovi dunque qui, dicevo. In tantissimi. Io vi vedo!
Lo dicono le statistiche: se il titolo è accattivante la gente apre e legge. E più accattivante del sesso c’è davvero poco. Non a caso il palindromo di sesso è osses! Escusateseèpoco!
Voi non lo sapete ma il messaggio subliminale che viene dalle parole lette al contrario è tale, per intensità e densità, che solo quella piccola e maniacale bava che, flemmatica, scola lenta dall’angolo della vostra bocca gli è pari. Che poi “pari” è il palindromo di IRAP, ma su questa questione non mi sento di infierire. Potete dunque ripulire quei rivoli biancastri che lenti vi segnano il mento e riattivare la normale deglutizione. Che poi l’anagramma di“rivoli” è livori, perché ce l’avrete con me in eterno per aver sprecato sia una nuova possibilità di parlare di sesso sia un’eccessiva, quanto inutile, produzione di saliva. Che poi l’anagramma di “saliva” è salvia, ma qui il messaggio subliminale non mi giunge chiaro, dovrò riflettere. Che poi perché l’attività indagatrice del pensiero si chiamerà riflessione? Ma soprattutto: riflessione nel senso di guardare la propria immagine rimandata da uno specchio o ri-flessione nel senso di flettere una seconda volta?
Non a caso il palindromo di sesso è osses!
Che poi la notizia vera è che la lingua italiana è piena di insidie (“notizia è l’anagramma del suo nome”, non dimenticatelo eh!).
È come quando lei mi disse:
“Ma lo sai che Stefano non sta bene, ha un problema con le ghiandole”
Ed io: “Oddio, ma… si cura?”
E lei: “Certo che sono sicura”
Ed io: “No… Ma che c’entra… Sto parlando del problema… dico: si cura?”
E lei: “Se ti dico che sono sicura… me l’ha detto lui”…
E preciso, in quanto a salute, che l’anagramma di Stefano è nefasto… e non aggiungo altro!
Anzi aggiungo che a questa conversazione era presente anche mio nipote (il cui anagramma è “pitone” forse per le numerose borsette che si potrebbero fare con la pelle che ricopre un giovine adolescente di centosettantacinque centimetri) che colpito dalle nuove terminologie, con somma curiosità chiese a suo padre (mio fratello, il cui anagramma è “frollato” – del resto si sa: il tempo passa per tutti… A volte si diventa maturi, a volte stagionati!): “Papà, cos’è la ghiandola?”
Mio fratello, colto dalla sindrome omeopatica dello scappellamento a destra, con convinzione e verv da simpatico umorista e con la sapienza tipica del fossile sopravvissuto al passaggio delle epoche (e forse anche grazie al sale grosso che si usa per una stagionatura a prova di clessidra), erudì il figlio, in merito alla questione, con un laconico: “La ghiandola? Il cibo del porcolo”. Mio nipote, meno pitone e più perplesso, trasalì scettico.
“Papà, cos’è la ghiandola?”
“Il cibo del porcolo”
Mio fratello, orgoglioso di cotanta birichina intuizione, attese il teatrale tempo comico prima di sbottare in un fragoroso, personalissimo e solitario scompisciamento, completamente avvinto dalla fierezza generata da questo suo incerto senso ironico (che poi l’anagramma di “incerto” sarebbe cretino, e non mi dilungo!), che a me, più mestamente, considerato soprattutto il gelo che permeò l’atmosfera circostante, generò come unico istinto la pudica voglia di sparire (che poi l’anagramma di “sparire” è spirare, quindi comunque la giri e comunque la volti il concetto resta chiaro).
In questo caso però il problema non è tanto la lingua in generale, ma la lingua di mio fratello, che strettamente interconnessa col suo cervello, crea intermittenze irregolari tipo ecstrasistole del miocardio, che innescano reazioni a catena incontrollabili se non con camicie di forza da installare per ogni singolo neurone. Il lavoro non sarebbe lungo, ché il neurone uno è! La fatica è però scovarlo, totalmente perduto nei meandri di un cervello gonfiato col poliuretano espanso che impedisce l’ossigenazione e la tranquilla deambulazione dell’unico esemplare di corpo cellulare (che poi l’anagramma di “corpo” è copro. Ed è evidente che se uno copre il cellulare, il segnale non arriva, lo sanno tutti!), ma credo non sia il caso si continuare a disquisire su questa cosa.
Che poi “caso” e “cosa”, oltre ad essere anagrammi tra di loro, sono entrambi anagrammi di caos.
E questo è già un po’ più chiaro perché se per esempio uno dice: “Puoi per caso prendermi quella cosa?”, l’altro che capisce? Può solo limitarsi a brancolare nel buio.
Che poi “buio” è pure l’anagramma di buoi, che notoriamente devono essere dei tuoi paesi, unitamente alla proverbiale moglie.
Che poi “moglie” è anche l’anagramma di meglio, il che è quanto dire! La singolare particolarità è che l’anagramma di moglie rimane sempre “meglio”, sia che si tratti di una donna stupenda sia che si tratti di una cozza. Che poi anche “cozza” ha un suo personale anagramma, ma su questo è meglio soprassedere.
Potrei continuare con le mie analisi linguistiche senza soluzione di continuità, ma invece, colta oltre modo da misericordia e magnanimità, vorrò porre un punto e liberar da queste pagine i miei cari e truffati lettori, e questo perché, anche se non sembra, io sono, in fondo, misurata e discreta (e si dà il caso che discreta sia anche l’anagramma di “tradisce”. E detto questo, detto tutto!)