Scampoli di felicità (in un bar pasticceria)
E’ uno di quegli uomini la cui età non è facilmente pronosticabile. I capelli grigi e il ventre prominente lascerebbero intendere un’età superiore ai quaranta; tuttavia il contrasto tra il modo di fare goffo, timidamente impacciato e una T-shirt dove un leone ruggisce grintoso comporta una rivalutazione anagrafica che spinge chi pronostica a portare la nascita del soggetto alla fine degli anni Settanta. Quando entra nel bar sono passate le sei del pomeriggio da pochi minuti. Percorre il corridoio tra la vetrina e il muro e scorre le prelibatezze dolciarie, ma prosegue oltre perché ciò che vuole, e pare proprio che sappia cosa vuole, lo attende più avanti.
Sorride alla barista e usando il condizionale chiede una birra Corona e una Mozzarella in carrozza. Tra il fianco e la mano destra tiene un libricino, anzi, macché libricino, un bel librone grande. La consistenza dell’oggetto cartaceo gli arreca un piacere che seguita a provare stringendolo a più riprese con la mano e accarezzandone parte della copertina e del dorso con il pollice.
La consistenza dell’oggetto cartaceo gli arreca un piacere che seguita a provare stringendolo a più riprese con la mano
Diceva Aristotele che la felicità è buona amministrazione di sé e delle proprie passioni, nonché uso moderato della volontà e senso
del limite. Epicuro, dal canto suo, sosteneva che “I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l’acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. […] Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l’animo a essere sereno.”
In quel gesto coabitavano una passione, quella per i fumetti di Tex, un uso moderato delle proprie tentazioni e la percezione di stare per concedersi un momento di gioia, di intimità relativamente condivisa con il mondo circostante. Una felicità momentanea, caduca ed effimera come deve essere la gioia per poterne ricordare l’aroma quando è distante.
Non è una fuga dal mondo, un interstizio intimista tra le lordure di ogni giorno, è piuttosto un’appuntamento con se stessi, con quella parte di mondo che stimola la nostra positività, la nostra curiosità. Un uomo che legge Tex in un bar mentre sorseggia una birra e mangia una Mozzarella in carrozza è un uomo che ha premeditato la felicità. Forse è questa la felicità più pura: prendere un pezzo di mondo e organizzarlo seguendo le nostre esigenze. Un piccolo e temporaneo ecosistema può liberare le nostre menti e, in definitiva, il nostro cuore.