Filosofeggiando nel solstizio d’estate
Oggi comincia l’estate. Sotto l’ombrellone qualcuno magari – chissà – sta leggendo questo.
Da Filosofeggiando in Pausa Pranzo di Laura Gagliardi, Boopen Photocity Edizioni 2012
Capitolo 1: Il club del libro. La bulimia letteraria. La fantasia
Ho sentito dire che guardare un film per alcuni è come leggere un libro…
Credo che chi leggendo un libro riesca ad immaginare le scene e i protagonisti in azione, si identifichi con questo o quel personaggio, e ne prenda le difese o diventi l’accusa sfrenata (insomma chi entra all’interno di quel mondo parallelo che non tutti i libri sanno creare fatto di carta – pagine dove si rincorrono parole e simboletti neri che sono lettere – che magnifico mondo quello delle parole!) beh, chi riesce a vivere queste esperienze a mio avviso “da provare”, con un film ci riesca ancora più velocemente. Questo perché la parte più grande del lavoro della fantasia, ossia la visualizzazione della scena che ci viene posta davanti agli occhi, è già pronta; un po’ come la differenza che potrebbe esistere tra un buon risotto fatto in casa, e un riso in bustina precotto. Nel primo caso si prospetta un pasto allietante, aspettando che il soffritto prepari il letto dove periranno felicemente i chicchi di riso, solitamente vialone nano (il migliore per i risotti mi dicono), aggiungendo adagio i vari ingredienti e l’acqua, l’indispensabile acqua, le spezie, per terminare con il mantecare leggero di burro e Parmigiano quando possibile. Nel secondo invece troviamo una bustina di riso già pronto liofilizzato, da versare in una padella con una prestabilita quantità di acqua e qualche goccia d’olio e aspettare che si cucini, da solo, mescolando di tanto in tanto (per i più “fortunati” penso esista la versione per microonde, dove probabilmente viene risparmiato anche il movimento del braccio per mischiare gli ingredienti).
La differenza, a mio avviso, non sta solo nel prodotto finito che, teoricamente, dalla maggior parte della gente dovrebbe essere più apprezzato quello del primo caso e dove la bravura sta nell’immaginazione del cuoco e nella capacità che ha di creare prima nella sua testa e poi mettere il tutto in pratica sui fornelli. Con il riso in bustina è già entrata in campo l’immaginazione della persona che ha creato il “brevetto” del riso precotto, sarebbe come arrivare a fare goal oggi ed esultare con il balletto della macarena: il primo ad averlo fatto ero spiritoso e lo ha fatto diventare il suo “gesto di vittoria”, chi dovesse usufruirne di nuovo ne avrebbe solo rubato l’essenza, la fantasia e poi l’anima di quelle mosse non sarebbe la stessa. Giusto? Non lo so, vedete un po’ voi, ma dopo la pausa culinaria probabilmente dovuta all’ora, ritorniamo alla magia dell’immaginazione senza excursus.
[…]Per i bulimici (di nuovo?) letterari, che per non essere fraintesi, sono quei lettori che di libri fanno incetta fino a vomitare parole sconnesse ma che dopo un certo periodo di alimentazione sentono il bisogno di una pausa (e forse è il mio caso e il caso di tutti quei ragazzi che dopo anni di università costretti a leggere libri e manuali di tutti i tipi, il più delle volte forzati e non per il gusto di leggerli, una volta liberi si fiondano in tutte le librerie della provincia a cercare quei benedetti libri che hanno sempre voluto leggere e ne divorano due al giorno) l’effetto domino, stile “va bene, il libro è finito ma sicuramente c’è un sequel… no? no? no? no? Scusi signor scrittore di questo splendido libro, non è che ne potrebbe scrivere un altro in un paio di giorni per me, solo, solamente, unicamente per me così vedo cos’altro succede?” Vedo? Leggo volevi dire. E poi capisci che in realtà quello che hanno sputato le tue labbra era proprio il verbo corretto. Hai letto e letto per giorni ma alla fine hai visto quello che stavi leggendo.
Lo hai visto camminare per le strade di New York, quel personaggio, come si chiamava? Lo hai visto mentre beveva il caffè vicino alla Tour Eiffel e anche mentre era impegnato in questioni più intime, molto più intime, nella sua casa di Roma, con lei o lui, o tutti e due. Non cambia il fatto che tu abbia visto “con i tuoi occhi” tali scene, tali posti che poi magari, quando ti ritrovi tra le strade di Barcellona (ah, la rambla!) pen”si: ma io qua ci sono mica già stato? Mah! Direi di no! Sarà un dejà vu o qualcosa del genere”. E invece potrebbe proprio essere che quel posto tu l’abbia già visitato certo, ma con la tua mente, con lo spirito che era presente in quel luogo esattamente nell’istante in cui i tuoi occhi percorrevano quei tratti neri nelle pagine bianche, o quasi, del libro che hai letto ieri, l’anno scorso o al liceo.
Praticamente viaggi gratis solo che non te ne rendi conto
Praticamente viaggi gratis solo che non te ne rendi conto. Normale no? Essere dotati di un cervello che ti permette di viaggiare con l’immaginazione, vedere posti in cui non arriveresti mai, pensare e riflettere su qualsiasi tipo di argomento e non essere in grado di sfruttare tutte le sue capacità (a detta degli scienziati dei nostri tempi). Chissà cosa succederebbe se si sfruttasse al massimo il potenziale della nostra piccola centrale cerebrale; probabilmente molte volte saremmo costretti a vedere davanti a noi buio pesto o quelle righe verticali colorate che una volta si vedevano in televisione con la scritta “interruzione della programmazione”; a noi accadrebbe per il sovraccarico di potenza; credo però lo accetterei volentieri un blackout tecnico se la causa scatenante fosse un eccesso di spirito creativo che, scaturito dalla parte denominata x del mio cervello, avesse dato vita ad un’opera artistica di grande valore, quasi inestimabile.
[…] Questo sempre per il solito discorso che con la mente si spazia, si va di qua e di là senza filo logico, o forse questo capita solo a me perché molte persone riescono a formulare discorsi che hanno non solo il filo logico, ma proprio tutta la trama del tessuto del loro pensiero è ben costruito, quasi come le tele di lino così capaci di mantenere la temperatura corporea a livello costante, accettabile, soprattutto d’estate. Sarà per quello che poi mi ritrovo a scrivere pagine su pagine su argomenti riguardanti le sensazioni di infinito che la visione di un bel film può suscitare e la lettura di un bel libro ancora di più e ne pago le conseguenze: ore e ore seduta a scrivere per poi rileggere e arrivare alla conclusione che o non sono normale, proprio nel senso di “nella norma”, quindi pazza e sconnessa, o sono come tutti gli altri solo che gli altri sono più bravi di me a nascondere il loro lato patologicamente… storto.
[…]E se posso permettermi (certo che posso, chi mi può fermare ora come ora, il tastino Canc della tastiera?) aggiungerei un commentino per coloro che definiscono “facile” il lavoro dell’inventare storie di fantasia con ogni tipo di personaggio e di città magiche e universi paralleli o mondi che fluttuano o che sono in mezzo a noi e non li vediamo eccetera, eccetera, eccetera, a loro direi: provateci voi! Facile è un aggettivo un po’ troppo sopravvalutato ultimamente, soprattutto se affiancato a soggetti come la fantasia e l’immaginazione, in questo mondo che sembra essersi dimenticato cosa sia sognare ad occhi aperti.
Utilizzare la mente non solo per calcoli e statistiche, per quantificare l’oro, da quello giallo a quello nero, per far risultare i conti e pagare, pagare, pagare; sembra che nel momento in cui vieni messo al mondo la prima cosa che ti venga detta sia “Benvenuto/a! Da adesso in poi devi pagare, pagare, pagare” anche per il fatto stesso di aver osato mettere piede su questa terra (se così si può dire visto che inizierai a brancolare per il buio di questo mondo fra circa dodici mesi a seconda della tua precocità e della tua voglia di cadere e ricadere finché non raggiungi la stabilità… quella della stazione eretta perché quella psichica mi sa che non arriverai mai a raggiungerla!), come se avessi chiesto tu di nascere no? Eh, certo, mi sembra ovvio! E quindi benvenuto, ti conviene cominciare a sognare ad occhi aperti così quando arriverai a saper articolare parole e formulare frasi di senso compiuto saprai cosa rispondere a coloro che con molta nonchalance ti diranno: “sei un sognatore? Immagini le cose? Hai fantasia? Facile fare così!” Tu potrai prenderli per la gola (nel senso vero e proprio, non nell’accezione culinaria della frase) e vomitare loro in faccia (qui non proprio nel vero senso del verbo ma figurativamente come l’espulsione di parole a raffica, mi raccomando!) tutto quello che da quando sei nato hai immaginato di rispondere nell’istante in cui ti si fosse presentata davanti questa occasione.
Però! Strano come questa piccola minuscola parolina, facile, abbia suscitato in te tale reazione, mi sa che da adesso in poi ovunque ci sia scritto facile mi soffermerò per un attimo per decidere cosa fare. Per esempio, nei libri di cucina, alle ricette dove il grado di difficoltà sarà considerato come facile (che poi, perché non l’avete chiamato grado di “facilità” allora? eh? Mah!) salterò e arriverò al “lievemente complicato”così allo sfoggio delle mie doti da brava cuoca quando mi diranno “mmmh buono, come l’hai fatto? Dimmi, dimmi, così provo anch’io” la prima risposta sarà, da brutta gongolante saltatrice di ricette facili: “ehm, sì, grazie… a dire la verità è una ricetta mmmh – lievemente complicata – ma tranquilla ti do qualche dritta e vedrai che ti riuscirà facil… sì, insomma, semplicemente magnifica!”