Prove generali di cittadinanza responsabile
Sono stata dieci giorni in Romania, di recente. Trattavasi di uno scambio europeo dell’ex Youth In Action – d’ora in poi Erasmus+ – intitolato “Civic Citizen for my CommEUnity”. Il gioco di parole unisce “comunità” e “UE” di Unione Europea, e già basta a rendere l’idea di quello che sarebbe poi stato il progetto: dodici ragazzi/e italiani/e, dodici romeni/e, tutti radunati nel campus universitario di Cluj-Napoca, città di studenti paragonabile a Padova o Bologna qui da noi. Città culturalmente sveglia dove, con mia sorpresa, ho ritrovato locandine della Critical Mass che ben conosciamo anche in Italia, e poi palcoscenici in piazza per il TIFF , festival di film della Transilvania.
Sono state soltanto due delle molte sorprese che mi attendevano in Romania, nonostante fossi arrivata in quel paese senza conoscenze pregresse e senza pregiudizio alcuno. Ma si sa, l’immaginario cammina e zompa da un luogo comune all’altro. Io immaginavo scenari di campagna, lande desolate, casine qua e là, donne con fazzoletti in testa. Da brave credenti ortodosse, le donne con il capo velato non mancavano, soprattutto durante le celebrazioni religiose, ma la loro presenza conviveva pacificamente con manifestazioni più al passo con i tempi che prendevano vita in quel di Cluj-Napoca. Ma torniamo alle attività nel campus: noi, ventiquattro ragazzi in totale più i due organizzatori, avevamo una scaletta di impegni giornalieri da mandare avanti, ogni giornata con una sottotematica ben precisa. Presentarsi ad un datore di lavoro nel migliore dei modi, parlare in pubblico, ma anche pensare in maniera ecologica e prendere in considerazione il supporto di ONG e di attività di volontariato di altro tipo.
Madalina e Calin, i leader organizzatori del progetto, ci hanno guidato in laboratori di riciclo, nella visione di clip tematiche, in giochi formativi e altre attività di educazione non formale. In alcune giornate il bel tempo è stato dalla nostra parte e ci ha permesso di fare colazione e pranzare al sole, nel verde del campus universitario. Le attività si succedevano a ritmo serrato senza però risultare pesanti: si lavorava, si costruiva, si parlava, si presentavano le proprie opinioni, si dibatteva. Non senza disguidi, iniziali incomprensioni. Un gioco in particolare mi ha colpito: divisi in due squadre, dovevamo leggere dei fogli riportanti alcune regole precise di una fantomatica comunità di cui facevamo parte, isolata dal mondo e senza conoscenza alcuna delle norme in vigore o delle consuetudini di altri stati. Il gioco era questo: il nostro popolo, con alcune abitudini e regole interne, doveva ricevere degli ospiti che ci avrebbero aiutati a costruire un ponte di cui avevamo assolutamente bisogno e che da soli non sapevamo costruire. Bene: che arrivino gli stranieri! Il secondo popolo manda allora due messaggeri, i quali ci salutano addirittura stringendoci la mano e parlandoci in una lingua che noi non conosciamo, ignorando il fatto che per noi la stretta di mano è atto offensivo così come la loro lingua ci risulta incomprensibile e brusca al suono, per dire soltanto due delle tante incomprensioni che il gioco prevedeva. Il gioco voleva quindi che ci ritraessimo dal tentativo dei due messaggeri di aiutarci, che ci atteggiassimo mostrando disgusto verso ciò che facevano, che li additassimo come nemici per il semplice fatto di non comprendere le loro norme ed abitudini. Alla fine, dopo svariati tentativi ed espressioni terrorizzate, urla in una lingua sconosciuta ai due nuovi arrivati, il secondo gruppo ha capito come doveva comportarsi ricalcando la maniera che noi del primo gruppo avevamo per salutarci: abbiamo costruito il ponte, nonostante tutto. Questo piccolo giochino è stato un po’ la metafora dell’incontro fra il gruppo di noi italiani e quello dei rumeni: non sempre la comprensione è stata immediata, ma alla fine ci siamo capiti, anzi, compresi nel profondo come ci si comprende quando si è vicini di età e si decide di spogliarsi delle rassicuranti barriere imposte da culture diverse, provenienze e status diversi. Eravamo semplicemente ragazzi con l’intenzione ferma di collaborare, ed abbiamo collaborato.
E’ così che nel laboratorio di riciclaggio abbiamo costruito tanti piccoli e buffi manufatti utilizzando rotoli di carta igienica finiti, confezioni vuote, carte cartine lattine spago paillettes e nastrini. E’ così che nel giorno dedicato al volontariato siamo andati per le strade di Cluj a fare la spesa, abbiamo cucinato carne e piselli, preparato scatole di polistirolo che poi abbiamo distribuito a gruppi di bisognosi che ci attendevano compostamente in piazza. E’ così che abbiamo messo su un blog su cui abbiamo scritto le nostre testimonianze. E’ così che siamo arrivati alla fine del primo giorno chiedendoci, io ed un amico italiano: “Ma davvero tutti loro li conosciamo soltanto da stamattina? Mi sembra di conoscerli da sempre”.
E in effetti questo è accaduto: per gente perlopiù timida come era la maggior parte di noi, ragazzi e ragazze che si sono buttati in un’esperienza internazionale per far fronte all’introversione abituale, quella a Cluj è stata un’esperienza meravigliosa sia a livello formativo e professionale che umano e personale. Creare un microcosmo ideale popolato da cittadini responsabili. Un piccolo mondo da riproporre poi fuori.
Ringrazio di nuovo l’Europa perché qualcuno ha pensato a darmi la possibilità di viaggiare fino alla Romania senza dover pagare vitto ed alloggio e ricevendo il rimborso per buona parte del trasporto, ringrazio l’Europa perché così facendo mi ha mostrato di credere in me. Ringrazio i miei coetanei Madalina e Calin, coppia stupenda che, mentre io ancora mi limito a prendere parte a scambi di questo tipo, ha deciso di organizzarlo a partire da zero, chiedendo i finanziamenti all’Unione Europea che lo ha valutato nel dettaglio, contattando sponsor e istituzioni.
Ringrazio la parte di me che ha deciso che valeva la pena tentare l’esperienza nuova, perché qualcosa in me è cambiato, ed è proprio il cambiamento che Calin e Madalina speravano avvenisse quando hanno scritto il progetto, credo. Adesso quando sento parlare di ONG, Onlus, associazioni di vario tipo, responsabilità civica, tentativi di cambiare il mondo a partire dai singoli, sul cinismo prevale di nuovo la motivazione. Siccome forse negli ultimi tempi non era più così, siccome stavo forse scivolando lenta nel baratro della disillusione disperata degli “adulti”, siccome di base non era mia volontà caderci, ringrazio tanto ogni piccolo fattore che ha reso possibile il mio viaggio, ringrazio i miei compagni di viaggio, ringrazio Cluj, ringrazio l’Europa.