Italia – Inghilterra, Brasile 2014
Sarete anche un po’ stanchi di sentire parlare dei mondiali di calcio del Brasile 2014. Vi chiedo scusa, ma non posso esimermi. Perché a me il calcio non piace, solitamente, ma davanti alla nazionale divento un’ultrà.
Mi piace l’aria che si respira in questo periodo, l’effetto che fa alle persone, e odio tutti i discorsi spiccioli da radical chic che nascono intorno al tema. Quelli delle solite menti superiori che in tutte le situazioni in cui l’attenzione globale è rivolta a un tema futile, si risvegliano dal letargo in cui sono per tutto l’anno, solo per ricordare alla plebe che ci sarebbe tanto altro di più importante a cui interessarsi. E “grazie ar”, come si dice dalle mie parti.
Non sono una che se ne frega delle cose. E proprio per questo motivo penso di meritarmelo, di spegnere il cervello al calcio di inizio. Poi dopo, se volete, possiamo anche parlare del fatto che quest’anno il video per presentare le varie sedi del paese ospitante è una scenetta in 3D non solo brutta, ma fatta palesemente ad hoc per evitare di riprendere cosa c’è davvero fuori da quegli stadi. Ci avete pensato?
Comunque: Italia – Inghilterra 2 a 1, alè alè!
Per la prima volta nella mia vita ho visto la partita su un maxischermo. E mi sono chiesta: ma perché diavolo non l’ho mai fatto?! In tutti questi anni tra europei e mondiali non c’è stata mai una volta che io sia uscita da una casa.
il mio salotto è stato bandito dal mondo per quel mese ad alto rischio
Addirittura, nel 2006 (perché poi io ho dei problemi, non so se l’avevate capito), ho scoperto di essere superstiziosa fino al midollo. L’unica partita che ho visto a casa mia è finita con un pareggio (o l’abbiamo addirittura persa, ho rimosso). Risultato: il mio salotto è stato bandito dal mondo per quel mese ad alto rischio. Il mondiale poi l’abbiamo vinto, non so se ve lo ricordate, e non sapremmo mai cosa sarebbe successo se fossi stata seduta sul mio divano, che so, alla finale. Quindi zitti, non avete prove.
Perciò quest’anno, probabilmente, mi convincerò che vinciamo solo se io sono in una piazza davanti a un maxischermo. Il che va bene, perché sabato sera, al Circolo degli artisti di Roma, è stato bellissimo.
Anche se quando l’inno nazionale attacca, sono tutti lì in piedi a battersi i pugni sul petto manco durante il vangelo secondo Matteo. Anche se la gente, quando canta, continua a dire “corte” al posto di “coorte” (che poi, dico io no, ma vi rendete conto che “stringiamoci a corte” non vuol dire niente?). Anche se all’inizio ero seduta per terra. Anche se poi ho avuto un momento di felicità estrema trovando un tavolo libero davanti a un minischermo, per poi ricadere nella disperazione totale quando è saltato il segnale proprio nel momento del nostro primo gol. Bello il primo gol dell’Italia 2014, me lo ricorderò per sempre: la scritta blu “no signal”, stampatello maiuscolo Times New Roman, su sfondo nero. E, all’improvviso, un boato in tutto il locale.
Anche se quando l’inno nazionale attacca, sono tutti lì in piedi a battersi i pugni sul petto manco durante il vangelo secondo Matteo
Ci spostiamo nella sala col maxischermo. Resto in piedi per un po’ accanto ai miei amici e al rientro dopo il primo tempo vedo un gruppetto di persone su una panca, con una ragazza che è seduta proprio sull’orlo. Faccio un paio di equazioni per capire se le dimensioni del mio sedere sono compatibili con lo spazio disponibile e vado. Sì, amici, vi voglio bene, mi siedo solo un attimo eh.
Superate gambe, piedi, teste di gente seduta sull’asfalto, arrivo al mio obiettivo.
“Scusa bella, mi posso sedere dietro di te un secondo?”
Lei mi risponde con un “Avoooja!” che suona un po’ come se mi stesse aspettando da sempre e fosse anche un po’ stizzita del ritardo.
Ecco, non fatelo mai, soprattutto se avete una certa età. Mettersi in una posizione che ti costringe a stare mezz’ora girata con la testa in una direzione diversa dal corpo, comporta la solenne accettazione di un torcicollo cosmico il giorno dopo.
A un certo punto però, succede una cosa meravigliosa.
L’Inghilterra ha una rimessa laterale. Assorbo talmente tanto il nervosismo nell’aria che sto per prendermi dieci valium io per tutti. Non vola una mosca. Il tipo tira. E sbaglia. Boato da tutto il Circolo, me compresa, sto per girarmi verso i miei amici, che come un’idiota sono qui da sola e non ho nessuno da guardare con gli occhi di chi l’ha scampata bella e, in quell’esatto momento, in cui penso, sospiro, sono contenta e anche distratta, questa tipa si volta, e mi abbraccia.
Abbraccia me.
Era lì, con un’amica a sinistra e un’altra a destra, e lei ha abbracciato una totale sconosciuta.
Non che io sia contraria al rapporto “intimo” tra estranei, sia chiaro. Ma la vita non ci abitua molto a questa cosa. E il bello è che, lì per lì, non l’ho trovato affatto strano. Perché durante quei novanta minuti, semplicemente, non esiste più il termine “sconosciuto” o, almeno, non ci causa gli stessi problemi. Quello che stiamo facendo, davanti a una cosa scema come una partita di calcio, è sperare, scongiurare, gioire e soffrire, tutti contemporaneamente, per una stessa cosa. Questo abbatte la barriera più importante che ci tiene separati, che ci si conosca o no: quella delle emozioni.
Forza Italia, quindi. A tutti.