Mi piace dipingere la spazzatura. El arte es basura
Le strade di Barcellona al calar della sera diventano ricettacolo di una moltitudine di oggetti disparati abbandonati vicino ai cassonetti. Materassi, porte, sedie, lampade, poltrone, cartelloni pubblicitari, piante, specchi, tutti poggiati in bilico alle pareti o semplicemente lasciati giacere al suolo.
Ma solo per poche ore, ogni notte la nettezza urbana strucca le strade portando via tutto e lavando il suolo, così che al mattino ogni calle possa rifarsi il makeup ed essere di nuovo sgombra e presentabile, pronta per essere calpestata dalla folla colorata. Esiste un calendario diviso in quartieri più che per permettere alle persone di disfarsi degli imbrogli ingombranti, per far sapere a chi ha bisogno di una nuova poltrona per il soggiorno quando recarsi in strada a smucinare.
Ho conosciuto moltissime persone che hanno rinnovato le loro case con oggetti trovati di notte in una stradina buia del Raval, basta avere buon occhio, caricarle in spalla e portarsele a casa. È risaputo che le case di studenti spesso fanno bella mostra di collezioni di sedie tutte diverse l’una dall’altra, poltrone più vecchie dei loro genitori e, puntualmente, cartelli stradali raccattati barcollando di ritorno a casa alle luci dell’alba (sono perfino più comuni dei famigerati paralumi Ikea in carta di riso). Camminando camminando poi, mi è capitato più volte di vedere questi mucchi di roba disposti in un certo ordine, a formare animali o oggetti, e dipinti. Figure che ricordano graffiti preistorici, cavalli stilizzati e ominidi dalla testa oblunga. A corredarli sempre una scritta in vernice ancora fresca “El arte es basura”, l’arte è spazzatura.
Barcellona è piena di pareti urlanti graffiti e non è affatto raro incontrare artisti col passamontagna che davanti ai tuoi occhi, con movimenti veloci e sapienti, fanno apparire opere d’arte giganti incollando stickers quadrati precedentemente preparati, componendo un grande affresco istantaneo spezzettato in quarto. Rimanere lì ad osservarli è davvero un diletto, cercare di indovinare l’immagine o la scritta che ne verrà fuori guardandosi intorno dai mossos sempre in agguato nel buio della città; una vera creazione artistica in tempo reale, col fascino aggiunto dell’illegalità. Una volta terminata l’opera la osservano per un secondo e poi si dileguano veloci così come sono arrivati, lasciandoti indietro stupefatto. Altre volte questi artisti vestiti di nero e con lo zaino in spalla, spruzzano vernice, attaccano mattonelle dipinte o piccole sculture di gesso ai muri. Due omini che si tengono per mano, un coniglio bianco. Ai passanti l’interpretazione.
Ma quei mucchi disordinati e composti allo stesso tempo hanno qualcosa di diverso dalla solita street art: ti catturano perché ti fanno osservare la spazzatura con altri occhi. E così il materasso diventa barca, la trave di legno un braccio, e gli scarti di verdura capelli. E i tuoi pensieri si fondono e si espandono mentre rimani lì davanti alla spazzatura, la osservi nei nettagli come mai ti saresti aspettato di fare, ne percepisci la bellezza, la relazioni al background, la interpreti come rabbia e indignazione colorata e composta, cerchi connessioni di fili invisibili con la gente che ci passa affianco, con il momento di quel giorno.
L’artista di queste opere fatica a definirsi artista; il suo debutto nel mondo dell’arte contemporanea è stato un flop, e la sua prima mostra è stata anche l’ultima. Ma la sensibilità, più della creatività stessa, non si può reprimere, ed è così che un bel giorno ha iniziato a dipingere la spazzatura.
I suoi lavori non avevano intenzioni sociali e politiche finché non hanno abbandonato le mura bianche della galleria d’arte. È in strada che ha iniziato a sgorgare il sentimento di denuncia per un mondo che non gli calza a pennello, ed è con la spazzatura che l’artista ha trovato il modo e la materialità per esprimere e gridare alla città la sua indignazione. Parla di sé come di un “indignato totale”.
Non condivide la spettacolarizzazione della street art, i graffiti incorniciati nei musei di arte contemporanea li considera una barzelletta: l’arte di strada per la sua definizione intrinseca di valori deve rimanere in strada. E può e deve essere temporanea, effimera, cancellata dagli imbianchini del comune qualche ora dopo la creazione, quando i passanti addentano un croissant. Non importa quanto sarebbe figo, le sue opere non potrebbero mai varcare la soglia di una galleria.
Nel video a fine pagina lo vedrete usare grossi pennarelli e vernice che cola, percepirete lo stato d’allerta che puntualmente caratterizza le sue pennellate grossolane e i suoi movimenti rapidi. Perché l’arte di strada è questa: è sporca, illegale e spontanea. El arte es basura. E non solo, ma pare proprio che possa esserlo.