Solo andata per il Brasile, grazie!
No, non per andare a vedere i mondiali di calcio. Per quanto possa essere interessante una volta ogni tanto perdere del tempo a guardare venti giocatori rincorrere una palla e due a cercare di fermarla, non andrei in Brasile per la World Cup di quest’anno. Ci sono momenti nella vita di una persona in cui solamente la distanza fisica potrebbe aiutare per un qualsivoglia motivo a ritrovare la retta via. Ma…
Molte persone lo chiamano scappare. Da cosa? Da responsabilità, affetti andati perduti, mancanza di lavoro e prospettive. Perché deve essere bollata questa parola con accezione negativa? Perché scappare deve essere visto come un atto di codardia invece che la dimostrazione dell’avere un gran malloppo di palle rotonde che ti fanno lasciare tutto alla ricerca dell’ignoto? Mondo ladro, questa società ha portato alla distruzione anche le parole, i significati e tutto quello che ci gira attorno. E pensare che le parole sono solo parole. Con la stronzata del “sì, ma tagliano più di un coltello” nessuno ha capito più nulla. Le si usa senza cognizione di causa, si prendono in prestito termini stranieri per nascondere e mimetizzare significati altri, giusto per rimanere nell’ambiguità e passare sempre per il via “politicamente corretto” che ti aiuta nel creare il fantoccio che ti rappresenta.
Le parole hanno un loro significato primo e un loro valore, sarebbe bene ricordarlo sempre. Troia, per esempio, altro non era in origine che la femmina del maiale, e ancora oggi non si è sicuri dell’origine etimologica del termine. Solo dico, perché utilizzarla metaforicamente per offendere una donna? Ma da dove nasce questo desiderio di dover etichettare le cose con una parola unica che simboleggi… ma che simboleggi cosa poi? E sì che da linguista io dovrei apprezzare. Sbagliato. Aborro qualsiasi bassezza umana, qualsiasi scorciatoia, soprattutto quelle mentali, perché l’uomo dovrebbe imparare a rendere il percorso dei suoi neuroni più lungo e complesso invece di accorciarne la reazione agli stimoli, arrivando fra qualche centinaio di anni ad essere tornati al livello di micro-organismi unicellulari.
Allora quando l’ambiente in cui viviamo non ci offre che pane che alimenta la negatività, perché è da stronzi prendere e andarsene via? Occhio, ho usato la parola stronzo, che in origine germanica altro non è che lo sterco di animale quindi in realtà ho impropriamente preso in prestito un termine che avrei potuto sostituire con vili, o vigliacchi… ma l’ho fatto di proposito e ben vi sta! Comunque io lo farei subito, all’istante. Se avessi la pecunia per comprare il biglietto d’aereo prenderei e me ne andrei via. Da tutto e da tutti. Il Brasile mi è venuto in mente perché fa parte di una delle tante mete che vorrei comunque raggiungere prima o poi, ed è stato il primo flash a comparire nella mente forse perché negli ultimi dieci giorni la televisione, le radio, i supermercati, tutto, è inondato di pubblicità, slogan, prodotti eccetera, tutti direttamente collegati ai mondiali di calcio. Sconcertante, ma è l’arte del marketing che a noi esserucci umani piace tanto. Vedi la coca-cola. Il loro direttore marketing deve essere un genio. Applaudo.
Quando una persona si sente frullata come il prezzemolo e sparsa dappertutto anche dove non serve, quando sente un martello battere in fronte con una voce nell’orecchio che continua a urlare “te l’avevo detto” oppure un coltello a sega pieno di denti continuare a fare avanti indietro sul cuore, e intanto le persone di tutte le età la prendono a sberle sghignazzando dall’alto della loro visuale, mentre la persona è in ginocchio piegata in avanti con le mani in faccia… ecco quando una persona è così, cosa deve fare? Restare? Se ha fondato i suoi sentimenti su speranze, illusioni e falsi propositi che adesso le tornano indietro come elastici tirati con le dita e di tutte le insicurezze quella più vera se la ride a squarciagola, non può semplicemente prendere e andare? Io credo di sì. Il problema sta nel fatto che è legata a un letto d’ospedale da dove ancora non si può muovere.
C’è chi ha imparato a chiudere gli occhi e a fare finta che tutto stia filando liscio. C’è chi in Brasile ci vola con il pensiero perché non gli resta altro che la fantasia. C’è chi di un’estate passata chiusa in una stanza vuota, fermo a letto, solo, non può farne altro che un allenamento per i futuri momenti di nulla che verranno, perché chi è nato anche se non voleva nascere, chi si è fermato a metà strada perché stanco di lottare ancora prima di cominciare, sa che davanti a sé avrà sempre qualcosa per cui tribolare. In natura ci sarebbe stata la selezione naturale: quello che sarebbe potuto essere il più bello, il più forte, il più geniale, non sopravvive se al momento della nascita è debole e non riesce a prendere l’alito della vita. Gli esseri umani invece hanno questo splendido difetto del giocare a fare Dio condannando a vita certa, seppur non considerando quale qualità avrà poi questa vita, chi non era forse adatto per avercela.
E allora andiamo tutti in Brasile a guardarci la partitina di calcio. Chi non può ha sempre SKY per guardarsela alla tivvì, come dice Homer Simpson. In fin dei conti, di fare, pensare, dire ed essere ciò che conta veramente nella vita, c’è sempre tempo… o no?