Reggae Estate
Lo sapevo. Era inevitabile, era già scritto:
Summer is coming.
L’estate sta arrivando e con lei gli svariati effetti biochimici che puntualmente tendono a stravolgermi il modo di vivere le giornate.
Comincia così, al tavolino di un bar nel tardo pomeriggio; volevi scendere giusto un’ora ma ne sono passate tre: da quando le giornate si sono allungate così? Ti guardi intorno e ti accorgi che oltre ai soliti quattro gatti c’è della gente, compreso qualcuno che magari non vedevi dall’estate prima (chissà che fanno in inverno, vanno in letargo?).
Il piacere di girare in bici in queste tiepide giornate è qualcosa di indescrivibile, soprattutto nelle ore in cui la città è deserta, soprattutto lungo quelle strade che non prende mai nessuno.
Il sole concilia uno stato di rilassamento misto a benessere probabilmente pari solo a quello che si prova avvolti dalla placenta materna; il tempo sembra passare più lentamente, in fondo con questo caldo di essere frenetici non è proprio il caso. I distillati assoluti e i poderosi cocktails cedono il passo alla freschezza dei Mojito, dei Cuba libre e dei Daiqiri, migliori compagni di quelle serate che cominciano sempre più tardi e finiscono sempre più presto, presto sì, al mattino seguente!
Assieme a tutto questo non può non cambiare anche la musica, e le mie estati hanno sempre un suono tipico: quello del reggae.
Niente si sintonizza meglio alla vibrazione delle corde della mia anima, in questi periodi. Quando l’ascolto è come se la musica non fosse nelle mie orecchie né nella mia testa, ma nell’aria. Il ritmo in levare, le chitarre stoppate, i caldi timbri vocali e i giri di basso – sempre protagonisti assoluti di questo genere – la miscelazione di tutti questi elementi ha il gusto della leggerezza, di un sentimento davvero di pace e amore. La musica reggae accorcia le distanze tra gli esseri umani, e no, non sono solo le canne. È evidente come basti sentire solo un motivetto di sfuggita alla radio per sentirsi già più di buon umore, e nelle feste sulle spiagge, nelle notti ornate di stelle, percepirsi come tanti corpi e un solo grande cuore che pulsa.
Ma poi, voglio dire, li state sentendo questi qua? Tre poveracci (nel senso che erano davvero molto poveri) che si sono conosciuti in un centro di riabilitazione perché tutti affetti da poliomielite. Chissà cosa pensavano di cosa sarebbe stato di loro, di cosa avesse in serbo per loro la vita dopo una partenza così svantaggiata. Direi che ne è venuta fuori della gran musica, nonché una grande carriera. Ora probabilmente – molto probabilmente – staranno su qualche spiaggia jamaicana a godersi il giorno e a creare nuove canzoni. Grazie alla musica, grazie al reggae.
Jah bless you
C’è solo una cosa che mi chiedo dopo tutte queste considerazioni: ora io come diavolo farò a studiare?