Quest’altra Europa
Per fortuna questo mio pezzo uscirà quando le elezioni cosiddette Europee avranno già eletto, in Europa, gli “eletti”. Chiunque essi siano.
Non è mia intenzione infatti dare alcun contributo a una campagna elettorale, e mi riferisco in particolar modo a quella italiana, che sembra aver dimenticato del tutto quale dovrebbe essere la posta in gioco.
Dei vincitori non mi è mai piaciuto occuparmi. I meccanismi della vittoria pura in quanto tale sono trasversi, e io, un po’ per l’eccessiva straightness, un po’ perché ho avuto sempre un debole per i perdenti, non riesco a salire sul carro dei vincitori, mai. Lo faccio anche con me stessa. Mi lascio sempre spazio per far subentrare la mia naturale inettitudine, e mancare i traguardi. Di vincitori quindi non mi occuperò né qui, né altrove.
Queste elezioni che si chiuderanno con l’ Election Day del 25 maggio ( a parte quelle amministrative che sono un capitolo che qui non ritengo di trattare ) sono elezioni per il parlamento Europeo. Ho cercato di interessarmi a queste come cittadina soprattutto dell’Europa, dato che sono sì italiana, ma ho passato ben 27 anni della mia vita all’estero.
Informandomi il necessario per poter esprimere un voto, e per essere fedele quindi ai miei doveri di cittadino, ho dovuto constatare che è impossibile farsi un’idea ( seguendo la campagna elettorale italiana in particolar modo ) di quale Europa abbiamo e di quale Europa vorremmo avere. Di questo paese, di questa Unione di Stati, si sente sempre parlare negli stessi, identici termini.
Politica dell’Austerity, Moneta Unitaria, Ruolo della Banca Centrale Europea, perdità di sovranità dei singoli Stati Membri, strapotere della Germania, Spread, Bond Europei, immigrazione incontrollata, emigrazione della disoccupazione, uscita dall’Euro, tutela dei confini, ruolo delle Banche, cancellamento del debito, mercato tedesco che profitta della crisi negli altri paesi, rapporto debito/PIL, immissione di moneta, e via di seguito.
In pratica, se un ipotetico Mork dei giorni nostri scendesse da Ork ( mi riferisco a una famosa serie americana degli anni ’70-’80 che aveva come protagonista Robin Williams nei panni di un extraterrestre sceso per sbaglio sulla terra a bordo di un’ astronave-uovo e quivi rimasto ), avrebbe molta difficoltà a capire che questa Unione di Stati che noi chiamiamo Europa è qualcosa di diverso da un Mercato Comune.
Tutte le valutazioni, anche quelle sull’ ingresso o uscita di migranti, lungi da suggerire considerazioni di tipo sociale e umanitario ( se non nel caso, che si verifica peraltro neppure di rado, di immani tragedie ), si fermano spesso alle ripercussioni sul mercato del lavoro, sul reddito pro-capite, sulla ripartizione della ricchezza, e il mantenimento di più o meno grandi privilegi del cittadino. Insomma, giusto o non giusto che sia basare l’analisi di determinati fenomeni su questi parametri, è possibile che dell’Europa non ci sia nient’altro da sapere? Non avviene nient’altro all’interno di questa Comunità, che dia il senso appunto di una comunione, di uno scambio proficuo, di un superamento di diversità e barriere, di un avvicinamento culturale, di una formazione umana e sociale intesa in senso meno sciovinistico e più ampio?
Vedo cose ( e non le vedo solo io intendiamoci ) che voi umani europei forse dovreste aver visto almeno qualche volta
Eppure io che vivo al centro di questa Europa che noi oggi spesso identifichiamo con il sistema economico vigente, ne ho un’ esperienza ben diversa.
Vedo cose ( e non le vedo solo io intendiamoci ) che voi umani europei forse dovreste aver visto almeno qualche volta, per capire cosa c’è da tutelare, cosa c’è anche di bello, di edificante, nel vivere in questa Comunità.
Perché tutto sommato, c’è molto da salvaguardare. Ci sono esperienze che valgono in questa Europa. Non voglio mettermi a fare i grandi discorsi sui massimi sistemi, a toccare i molti ambiti che potrei volendo portare in campo per difendere questa tesi. Eppure ho la fortuna di avere un punto di vista privilegiato sul mondo della cultura, della musica, della poesia, della scrittura, dell’arte. Potrei citare tanti cittadini che vivono l’Europa e ne fanno un laboratorio di confronto culturale, sociale. I molti conosciuti, stimati, esempi.
Parto invece dal via. La crescita, l’educazione. Un ambito che vale per tutti e più di tutti perché i nostri figli sono veramente gli unici che potranno fare qualche piccolo passo per il salvataggio del nostro mondo. Non è retorica.
Ci sono insegnanti che formano in modo consapevole e autorevole dei piccoli europei. Piccoli europei che parlano molte lingue, che sanno qualcosa delle tradizioni di altri paesi, sanno dire Buon Natale in polacco o svedese, sanno del rito di Santa Lucia in Finlandia. Fanno tornei di calcio a squadre miste dove gli spagnoli, gli italiani, gli inglesi, i portoghesi, i tedeschi, gli olandesi giocano insieme per una squadra che si chiama Europa. Ci sono piccoli europei che suonano insieme in un’orchestra, che cantano insieme in un coro, che vanno insieme in gita imparando a fare scalate o a gettarsi con una corda da una torre, come nei Giochi senza Frontiere di una volta.
Ci sono insegnanti che insegnano a piccoli europei italiani l’amore per la lettura, che fanno una settimana dedicata al libro per l’infanzia italiano, che invitano autori italiani a parlare delle loro opere, che esercitano il bene della fantasia e delle storie per imparare la tolleranza per il diverso e l’amore per la propria lingua.
Ci sono piccoli europei che sanno cantare un coro di Giuseppe Verdi e imparano la vita, la musica e l’importanza di un musicista che tutto il mondo ci invidia.
Ci sono piccoli europei che scrivono pezzi teatrali e li mettono in scena, che fanno dei laboratori per la risoluzione pacifica dei conflitti insieme a bambini di un’altra nazionalità, che imparano che essere tutti diversi li fa uguali. Che fanno corsi di cucina dove imparano piatti di tutti i paesi.
Insomma ci sono bambini in questa Europa che proprio nel rispetto e nel confronto con identità nazionali diverse, imparano a mettere in luce e in risalto la propria lingua, la propria cultura, la propria tradizione.
Ci sono bambini che studiano il mito dell’Europa. Che sanno da dove nasce il nome di questo continente. E ci sono bambini che lasciano viaggiare la fantasia, e il mito dell’Europa, lo reinterpretano, lo riscrivono, come ha fatto V., bambina italiana di una classe quarta.
ci sono bambini che lasciano viaggiare la fantasia, e il mito dell’Europa, lo reinterpretano, lo riscrivono
Perché oltre il confine spesso, il diverso invece di fare paura ti insegna a conoscerti, a stabilire il tuo valore. E così per molti piccoli italiani che vivono in Europa questa comunità vive e vale. E fa crescere, ed è un esperienza in cui credere, da amplificare, proprio in queste valenze.
Perché non è vero che questo continente è solo leggi economiche e del mercato. E’ di più. Ed è a tutto questo di più a cui si dovrebbe guardare e pensare forse, quando si parla di Elezioni Europee. Io tutto questo lo vorrei proprio salvare, e far conoscere meglio, a chi non ne sa.
Ci sono piccoli europei che possono insegnare molto, sull’Europa.