Caterina Saracino: “La luce giusta cade di rado” in dieci domande
“La luce giusta cade di rado”. È quanto constata Caterina Saracino nel suo ultimo libro, decidendo di intitolarlo così. Un romanzo che mescola insieme autismo, omofobia, caratteristiche ninfomani, la sfumata simbiosi fra due gemelle, che richiama a tratti qualcosa del complesso di Edipo. Tutto in un solo romanzo, che tuttavia riesce a non limitarsi alla narrazione sterile di problematiche, a non affastellarle una dopo l’altra ma a dar vita a personaggi complessi. Su tutte, una frase che colpisce è quella che arriva alla fine e riguarda Emma, ragazza autistica, sorella gemella di Asia: “Emma ha un’affinità con i cani, che non sorridono ma sono più felici di noi”: Emma non è la sua malattia, è un personaggio che bisogna scavare in profondità, così come lo sono Lorenzo, Miro, Thomas, Asia, Axel. E’ quasi incredibile come un solo romanzo possa farsi contenitore di tante storie intrecciate fra loro. Difficile, anche, sceglierne il protagonista in assoluto: le voci narranti sono tre, i personaggi che spiccano molti di più, ognuno principale a modo suo. Rimane però una domanda circa la scelta delle caratteristiche delle creature libresche della Saracino.
Caterina, perché scegli personaggi sempre così palesemente “imperfetti”, in cui appunto l’imperfezione è la prima caratteristica a venire a galla o comunque, anche se emerge in seguito, rimane spesso la più lampante a discapito del resto delle caratteristiche? Come rapporti una nota malata e predominante con il resto delle caratteristiche di una persona, senza banalizzarla in una definizione singola ma al tempo stesso senza livellarla quasi non ci fosse?
l’evidente fragilità, mette subito in relazione il personaggio con la parte più intima dell’io di chi legge, o di chi scrive.
Nel vortice di elementi che la Saracino evoca nel suo ultimo romanzo, c’è la realtà spietata della televisione: uno dei personaggi, Thomas, finisce infatti in un reality show per aspiranti artisti. Hai scelto di parlare dei reality: come ti rapporti a chi ne ha parlato prima di te? Penso a Orwell in primis, ma anche a Palahniuk in “Cavie” e Amélie Nothomb in “Acido Solforico” .
“1984” è uno dei romanzi più significativi (e belli!) della letteratura mondiale, a Orwell dobbiamo tanto. Rapportarsi a scrittori così geniali sarebbe folle, si può solo godere delle loro opere e imparare da loro; posso comunque dire che la dimensione “monumentale” e “apocalittica” presente nei romanzi che hai citato è qualcosa che esula da ciò che intendevo esprimere. Ne “La luce giusta cade di rado” il reality è solo un espediente, e non il centro del romanzo, e mi serviva per sbloccare alcune dinamiche di cui mi interessava scrivere. Come era evidente già da quanto detto all’inizio, infatti, il romanzo di Caterina Saracino non abbandona mai il tono intimistico, la penetrazione psicologica e delicata dei singoli caratteri, anche quando tocca meccanismi complessi ed imponenti come i reality show.
Nel tuo precedente libro parlavi di grigio e in una mia precedente intervista avevi evidenziato l’importanza dei colori nel processo di scrittura. Ora parli di luce: è lo stesso percorso, visto che i colori sono luce, o qualcosa è cambiato?
“Grigio” e “La luce giusta cade di rado” sono stati scritti a circa quattro anni di distanza, e posso dire che la ricerca – psicologica, intima, da conquistare con le piccole cose – è il messaggio, oltre che il mezzo. Non importa che sia il colore, o la luce. La vita dei personaggi si respira attraverso la loro ricerca, la loro tensione verso il “qualcos’altro”, verso qualcosa che possa redimerli o liberarli.
Caterina ha lavorato in prima persona nel mondo della comunicazione. Per questo viene spontaneo chiederle: hai avuto modo di vedere da dentro il mondo della comunicazione, dei media. Quanto c’è della tua esperienza nella maniera di narrare Art Marathon?
la prima regola è quella di salvare le apparenze, lasciare che il pubblico creda. Ed è questo il successo della televisione
Oltre al campo della comunicazione, che hai studiato e conosciuto, parli molto di autismo e di altre tematiche difficili da trattare. Hai dovuto approfondire l’ambito psicologico per narrare l’interiorità dei tuoi personaggi? Penso ad esempio a quell’attrazione che ha Asia per Lorenzo, padre di Miro, ma anche a quella parallela e più taciuta, meno fisica ma credo non meno importante, di Miro per Veronica, mamma dell’amico. A me è venuta in mente una sorta di lotta per impossessarsi indirettamente anche dei figli: come se Asia volesse sottrarre Lorenzo a Miro, come se Miro volesse sottrarre Veronica ad Asia. O come se Asia cercasse la professionalità di quel padre che lei non ha, mentre Miro l’abbraccio tenero di una madre-amante come Veronica, sempre in cucina a preparare merende per i ragazzi. Quanto c’èdi edipico e per alcuni versi perverso in queste attrazioni sfasate nell’età?
Anche se non metterei sullo stesso piano la cotta infantile di Miro per Veronica e l’amore maturo di Asia verso Lorenzo, è pur vero che in entrambi i casi la differenza anagrafica è notevole. A dire il vero, non mi sono posta il problema freudiano né della perversione, perché non mi piace inscatolare le dinamiche sentimentali, per quanto certe volte capisco che sia necessario indagare i retroscena. Diciamo che quando scrivo mi sento libera di osare, perché so che il mio limite non è quello del mio personaggio.
Tornando ai reality: cosa pensi di Masterpiece?
Sembro arrogante se dico che avevo avuto la stessa identica idea molto tempo prima? Ormai l’ho detto, ahaha! Scherzi a parte, l’idea di “Masterpiece” era estremamente interessante ma a mio parere doveva essere sviluppata in maniera diversa. Innanzitutto il romanzo proposto dagli scrittori aveva un ruolo marginale, se non inesistente, e si è preferito più giocare sulla scrittura veloce, che non a tutti si addice. Con la conseguenza che scrittori più intuitivi e ironici hanno quasi sempre avuto la meglio su quelli di indole più riflessiva. E poi, cosa gravissima, i criteri di giudizio cambiavano da un giorno all’altro, o da persona a persona, rendendo di fatto impossibile una gara equa.
Visto che nel tuo romanzo parli anche di attacchi omofobi, è il caso di chiedere un tuo parere su quanto accaduto di recente a Roma. Omofobia a scuola: il recente caso delle reazioni violente alla lettura di “Sei come sei”, della Mazzucco, al liceo Giulio Cesare. Come fare a cambiare, lentamente, le cose?
Questo è un argomento che mi sta molto a cuore, centrale ne “La luce giusta cade di rado”. Già solo il fatto che si parli di “tolleranza” mi fa rabbrividire. Si sbaglia l’approccio al tema, si cerca di marginalizzare l’argomento nelle scuole per non prendere posizioni (magari per non indispettire i genitori o i presidi). Credo che la prima cosa da fare per innescare il cambiamento sia cercare di inserire l’argomento negli ambiti più “sensibili”, quali la scuola e la televisione. Si deve andare verso una “normalizzazione”, termine orrendo ma di immediata comprensione, cominciando ad abolire ghettizzazioni e termini impropri come tolleranza. In quelle guardatissime (per quanto discutibili) serie tv che la Rai o Mediaset propinano in prima serata, tanto per fare un esempio, devono cominciare a diventare protagoniste le coppie gay, gli amori gay, si deve affrontare l’argomento! Negli spot, anche. E quelle trasmissioni di “ricerca dell’amore”, per fare un altro esempio che fa presa sui teenager, non devono proporre solo gli etero. È da queste cavolate che comincia il cambiamento. Perché la letteratura è avanti da secoli, ma la tv no. E tanta parte dell’Italia è sempre lì davanti, e assimila ciò che essa fa passare. Le giovani generazioni vanno guidate a capire che l’omosessualità è naturale, non è una deviazione dalla natura.
Leggendo il titolo del tuo romanzo viene in mente una poesia di Ungaretti, “Sentimento del tempo”, dove si parla di luce che cade e, appunto, di tempo. E’ casuale o è legato alla scelta del titolo?
Solo una bellissima coincidenza.
Citi Bowie, i Cure, Axel ci fa pensare ai Guns’n’Roses: quanta importanza ha la musica nella tua scrittura?
Non riesco a pensare alla scrittura in maniera slegata rispetto alla musica, e viceversa. Quando ascolto una musica che mi ispira dal punto di vista emozionale, sfrutto quell’ispirazione per scrivere
Cos’è questa luce giusta che cade di rado? Tu l’hai colta? Quando? Cosa ti ha fatto scoprire?
Coglierla è la mia missione, qualunque cosa “luce giusta” significhi. Il viaggio prosegue…
Attendiamo quindi che Caterina ci regali una nuova tappa del suo viaggio di ricerca.
Intanto, la ringraziamo per l’intervista concessa a facciunsalto.it !