Tanti auguri Mamm(a)e
Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.
Enzo Biagi, Strettamente personale, 1977
Questa sono io. Io secondo Mia, di anni tre. Me l’ha fatto per farmi gli auguri. Nicolò invece mi ha detto una poesia. Passo la mano sul taglio cesareo relativamente fresco.
Come in ogni cicatrice che si rispetti, ciascun punto racconta una storia, riporta alla memoria un ricordo. L’attimo in cui vedi ciò che era dentro di te è indimenticabile. La prima cosa che ho fatto è stata quella di contare le dita delle mani e dei piedi. Non so perché davvero, ma il primo istinto è stato quello. Il primo sorriso sdentato, la prima volta in cui senti Ma-m-ma, i primi passetti scoordinati, il primo giorno di scuola, e la prima bronchite.
Cosa sono oggi? Una che corre. Sempre. Una maratoneta. Io non mi ricordo se mia madre correva sempre come me, sicuro sì, ma a noi non sembrava. Aveva il tempo per tutto, e tutto il tempo era nostro.
Per esempio ricordo che a Natale facevamo per le nonne dei lavoretti magnifici. Un anno ad esempio facemmo una casa di caramelle pazzesca, quando ancora il cake design era lontano anni luce. D’estate caricava da sola me e mio fratello in vesuviana (il treno che percorre un tratto di costa da cui si vede sempre il Vesuvio) e ci portava tutti i giorni al mare. Per le tonsille, diceva. Una donna meravigliosa. Silenziosa, dolce, gentile. Instancabile. Chi la conosce nel quartiere dice che come lei non ce ne sono. E io di questo ne vado fiera.
So di sicuro che lei, quando sarà, dal Purgatorio non ci passa, qui ha già dato più d’una dimostrazione d’essere in profumo di santità. Bella, di una bellezza dolce, mansueta e generosa, nei gesti e nelle carezze.
A lei devo tutto, le devo i miei capelli neri e la mia parte paziente. Il mio oggi e il mio ieri. Ricordo l’amore con cui mi dava da mangiare il merluzzo con il limone, schiacciando un pezzetto alla volta la polpa sotto le dita, per accertarsi dell’assenza di spine. Fino ai miei tredici, quattordici anni si infilava nel mio letto la sera e guardavamo un film insieme raccontandoci cose. Se era troppo stanca le aprivo il divano letto per far sì che potesse dormire con me. La felicità a portata di mano.
Una volta, d’estate, in camper, si rovesciò una pentola d’acqua bollente addosso, ma per non farmi spaventare e farmi vedere le bolle applicò da sola l’unguento contro le ustioni. Una roccia alla quale aggrapparsi. Un cordone ombelicale mai tagliato, il nostro. Sarò cresciutella, ma non vorrei vivere mai in nessun altro posto se non al suo fianco. Se io un giorno farò la metà, ai miei figli, di ciò che ha fatto lei per i suoi, significa che sarò stata una brava madre. Perché lei è il TOP.
Se anche voi avete una mamma TOP… fatele un bel regalo. Un bel biscottino magari!
Vediamo come si fa:
Prendete un po’ di pasta di zucchero chiara, e da un dischetto ricavate un fiore. Fate con una formina, o mano libera, al centro di esso, un cuore, calcandone il segno. Riempite questo cuore con tante roselline che farete schiacciando una strisciolina e arrotolandone una estremità.
Fate prima il contorno e poi riempite il centro. Quando il vostro cuore è tutto pieno, potete aggiungere qualche particolare come le foglioline o il nome della vostra mamma.
Il topper è così pronto per essere posizionato sul biscotto.